Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
Il benefattore
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IL BENEFATTORE

VIII.

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VIII.

 

Scendevano, silenziosi, per lo stradone; miss Elsa con gli occhi bassi e le ciglia un po' corrugate, quasi facesse un insolito sforzo di riflessione; Paolo Jenco mordendosi le labbra, con gli sguardi ancora lampeggianti di sdegno, che però si addolcivano di tratto in tratto, quando li rivolgeva a osservare la signorina, quantunque il silenzio e l'atteggiamento di lei lo rendessero perplesso nel risolversi a dirle quel che gli tumultuava nel cuore.

Improvvisamente miss Elsa rizzò il capo, spalancò gli occhi ed esclamò soddisfatta:

- Ho capito!

- Che cosa? - domandò Paolo maravigliato.

- Il segreto di mio padre.

- Ha un segreto anche per lei?

- Non sapevo spiegarmi per quale ragione, da quasi un anno, noi viviamo proprio isolati laggiù a Villa Elsa, evitati, dovrei dire.

- Oh!... Miss Elsa!

- Da principio non è stato così. Fin alcune signore di Settefonti si benignavano di farci qualche visita, di accettare i nostri inviti. Ricorda che belle giornate di intima allegria? E che serate, quando quei signori, partivano di a notte alta, al lume di luna? Io rimanevo su la terrazza del Cottage per vederli salire verso il paesetto, a piccole brigate di tre, di quattro persone; per rispondere ai loro saluti da lontano, che risonavano limpidissimi per la vallata; per ascoltare i violini, i flauti, le chitarre e gli strumenti di ottone che chiudevano la marcia e si affievolivano, si affievolivano, quasi la fatica della ripida salita smorzasse il fiato ai suonatori venuti sul tardi a far la serenata agli invitati ed a noi... Poi, a poco a poco, le visite diradarono, e gli invitati risposero scuse che avevano l'aria di pretesti per non accettare. E anche mio padre diradò le sue gite a Settefonti, che servivano, soleva dire, a sgranchirgli le gambe. Fedeli sono rimasti lei, suo padre, il notaio e... il dottor Medulla.

- Non lo nomini neppure!

- E ogni volta che io ho domandato a mio padre: - Ma perchè? - mio padre si è fatto un po' scuro in viso e mi ha risposto con apparente noncuranza: - Paese che vai, usanza che trovi! - Brutta usanza! - pensavo. Ora, dopo quel che è accaduto poco fa col ragazzino... Che abbiamo fatto di male mio padre, mia madre, la zia, io?... E perchè mio padre non è più chiamato, come una volta: il Benefattore?

- Perchè il mondo è cattivo, gliel'ha detto il notaio.

- È stato ed è davvero un benefattore; posso proclamarlo con orgoglio.

- Appunto per ciò!... E fossero soltanto essi cattivi ed ingrati! Ma costringono ad essere o ad apparir tali anche gli altri, perchè non tutti abbiamo la forza e il coraggio di ribellarci a un pregiudizio, di opporci a un'ingiustizia... Io, che lei stima meno cattivo di parecchi, io sono un vigliacco... me lo lasci dire; un vigliacco! Mio padre è peggio di me, perchè la vigliaccheria gli sembra prudenza. Deve averlo notato: in questi ultimi mesi, egli è venuto soltanto due volte laggiù. Io ho osato di venire, di accompagnarla spesso, ma non ho mai saputo osare...

Si fermò, torcendosi le mani, alzando rabbiosamente gli occhi al cielo, con tale espressione di dolore che anche miss Elsa, voltatasi a guardarlo, non potè far a meno di fermarsi, lievemente arrossita in viso; la reticenza l'aveva turbata.

- Paese che vai, usanza che trovi! - ella disse sorridendo con lieve espressione di tristezza.

- E poi - riprese Paolo, quasi non avesse udito quelle parole... - se anche avessi saputo osare... che cosa avrei conchiuso?

- Bisogna essere sinceri, per restare onesti, - mormorò miss Elsa.

- Bisogna, in certe circostanze darsi un bel colpo di pistola a una tempia!

- Sarebbe vero dunque che lei non crede in Dio, lei? - domandò miss Elsa con dolcissimo accento di compassione e di rimprovero.

- Se Dio esistesse, non permetterebbe tante infamie!

- Oh, no, signor Paolo, non parli così! Del bene e del male che facciamo siamo responsabili noi.

- E di quello che ci costringono a fare gli altri?

- Nessuno può costringerci a fare il male.

- Non tutti siamo santi o eroi.

- Basta essere uomini di retto cuore.

Ora scendevano lentamente. Lo stradone in quel punto tagliava una collina, s'inoltrava tra due alte sponde che formavano rampe coperte di erbe selvatiche tutte in fiore. Cardi rizzavano spinosi steli coronati da ciuffi azzurri, violetti, gialli; pianticine rampicanti con fiori rossi a stelline, sembravano cosparse di macchie di sangue cascate sul verde delle foglie; arbusti con rami sottili, quasi delicate braccia di strani candelabri a cui fossero attaccate rigide lamette verdi, spiccavano con mucchi di chioccioline aggrappatevi attorno, e si sarebbero detti carichi di bacche biancastre.

- Ecco come siete voialtri! - disse miss Elsa, che si era fermata ad ammirare. - Una fioritura bella, ma selvaggia, ma...

- Inutile o nociva... Ha ritegno di dirlo?

- Nociva, no; quelle piante usurpano il terreno, impediscono che le rampe scoscendano, quando piove troppo, e ingombrino lo stradone.

- Lei vuol sviare il discorso! - esclamò Paolo.

- Non posso farle dire quel che non vuol dire.

- Mi perdonerà, se parlo?

- Non dirà certamente nulla che non dovrei udire.

- Io l'amo! Io sono pazzo di lei!...

E il giovane, pronunziate queste parole con voce soffocata dalla grande commozione, nascose la faccia tra le mani, quasi avesse paura di scorgere l'impressione che esse dovevano aver fatto su colei alla quale erano indirizzate.

- Pazzo? - rispose miss Elsa con voce un po' velata. - Eh, via! Lei esagera, alla siciliana... Ma che mi volesse bene, io lo so da un pezzo; attendevo che me lo confessasse; cominciavo a dubitarne...

Paolo si slanciò a prenderla per una mano. Si sentiva davvero impazzire, ma di gioia, di felicità... E portò alle labbra la mano bianca e fine che miss Elsa gli cedeva abbandonatamente.

Dietro alcune piante di fichi d'India si udì uno scoppio di risa. Paolo, voltatosi sdegnosamente verso quel punto, vide sparire a un tratto, tra le grosse e spinose foglie dei fichi d'India, la testa del contadino che si era accorto di quel bacio e aveva maliziosamente riso... Impallidì e rimase impietrito.

- Come sono disgraziato! - esclamò dopo un istante.

- Perchè?

- Ci hanno visto!

- Non abbiamo fatto niente di male.

- Ah! Ora costui andrà a spargere in paese...

- Che importa?

- M'importa per lei, non per me.

- Ma io le darei a baciare la mano al cospetto di tutti. Sì - ella soggiunse dopo breve pausa - lei ha ragione! Sciocca sono io, che non so ancora abituarmi al vostro modo di vivere e di pensare. Come siamo distanti! Io le ho espresso francamente, schiettamente quel che sento e penso. Perchè avrei dovuto esitare, mentire? E così non le nascondo che sono lieta di esser certa finalmente che non mi sono ingannata.

- Grazie, Elsa!.. Mi permette di darle del tu?

- Volentieri. Non siamo fidanzati sin da questo momento?... Oh!... Ora ho paura di sembrarti sfacciata.

- No, Elsa, no!...

- Che pensi?

- Vorrei inseguire, raggiungere colui che ha riso, avvertirlo, minacciarlo perchè taccia...

- Faresti peggio. Per chi dobbiamo nasconderci? Appena arrivata al cottage, io dirò ai miei parenti...

- Ti prego, Elsa; attendi qualche poco prima di far questo.

- Ma io soffrirei se dovessi nascondere a mio padre e alla mamma...

- Attendi un altro po'! Mio padre... Ebbene, mi ribellerò; non sono più sotto tutela!

Miss Elsa, appena essi furono usciti dalla gola dello stradone, si era appoggiata a un palo del telegrafo per lasciar passare due carri che salivano lentamente verso Settefonti; Paolo aveva pronunciato sotto voce la sua frase di ribellione; e la bionda creatura, già diventata triste e pensosa alla preghiera di attendere prima di parlare del loro fidanzamento ai suoi parenti, lo fissò quasi atterrita...

- Ha fatto male - ella disse dolcemente, con grande tristezza. - Non avrebbe dovuto parlare oggi... Saremo fidanzati più tardi, se potremo esser tali. Per ora non ha nessun impegno, non ha nessun dovere di ribellarsi contro suo padre. Dio mio! Perchè ha parlato?... Mi lasci andar sola. Non le dico addio, ma a rivederci.. Non vorrei esser cagione di dolore a nessuno!... Il mio cuore, Paolo, non dubiti, non cambierà in niente per questo... A rivederci!

E vedendola andar via, con passi affrettati, e poi sparire dietro la siepe d'agavi americane che cingevano da una parte la svoltata dello stradone, Paolo credette che la sua felicità si allontanasse e sparisse per sempre. Non era durata neppure mezz'ora!

 

 

 


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