Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
Il benefattore
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IL BENEFATTORE

IX.

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IX.

 

Miss Elsa, trovò tutti i suoi su la spianata assieme con l'ingegnere loro ospite, venuto da Catania per esplorare le colline nel punto dove gemeva una fontanella che il signor Kyllea sospettava potesse essere indizio di una gran polla d'acqua.

Egli aveva praticato degli scavi, ma inutilmente; la sottile vena si era accresciuta di poco. Don Liddu però gli assicurava di aver sentito dire da suo nonno che colà c'era stata, tempo fa, gran tempo fa, molt'acqua che serviva a irrigare i terreni piantati a orto: poi, dopo il terremoto del 1793, la polla era scomparsa a un tratto. Un altro terremoto, nel 1821, l'aveva fatta ricomparire come si trovava al presente. E il signor Kyllea s'era messo in testa di ricercare e ritrovare proprio l'antica vena abbondante; sarebbe stata una benedizione, ora che la siccità si era ridotta fenomeno ordinario in Sicilia.

Dopo i tentativi poco fruttuosi fatti l'anno avanti, egli aveva pensato di ricorrere alla scienza di un ingegnere che godeva fama di valentissimo in lavori di tal genere; e appunto in quel giorno miss Elsa trovava il cottage in festa. L'acqua era stata finalmente scoperta, e dalla terrazza si poteva veder scendere giù, in un bel rivolo serpeggiante che anneriva il terreno per dove passava. Gli operai lavoravano ancora a sgombrare il profondo scavo praticato lassù. Il signor Kyllea volendo mostrare alla figlia il bel risultato, l'aveva condotta su la terrazza. Egli era gongolante di gioia.

- Anche questa mi è riuscita! Quando lo sapranno a Settefonti!...

E si meravigliò che sua figlia manifestasse poca soddisfazione e nessuna gioia per un avvenimento che elevava straordinariamente il valore dei loro terreni.

- Ma sì, babbo, sono contenta perchè tu sei contento...

E gli cinse il collo con le braccia e lo baciò.

Anche dalla signora Kyllea e dall'ingegnere fu notato che miss Elsa non era del solito buon umore.

- Ho un po' di mal di capo... Forse ho fatto la strada troppo in fretta...

Era la prima volta che le accadeva di non essere sincera coi suoi. E quando, dopo cena, si ritirò nella sua camera, quella piccola bugia prese davanti ai suoi occhi tali proporzioni che ella ne fu sgomentata, quasi fosse sul punto di diventare una gran mentitrice, un animo falso, capace di ingannare coloro che più le volevano bene.

In quella solitudine, l'assiduità della vista di Paolo Jenco le era riuscita dapprima attraente - giovinezza ama giovinezza - poi interessante pel carattere di lui così schiettamente siciliano e per l'ingegno e la cultura. Con lui, ella poteva parlare di letteratura e di arte senza timore di vedergli sgranare gli occhi come al dottor Medulla, assiduo anche esso, ma vanitoso, pretenzioso, e che sùbito aveva mostrato le orecchie, cioè si era palesato caldo corteggiatore, mettendo in tutti i suoi atti l'evidente intenzione di dar nell'occhio e scoraggiare il sospettato rivale, Paolo Jenco.

Una volta anzi, tentato di porlo in ridicolo, aveva dovuto pentirsene. Improvvisamente punto sul vivo, Paolo era scattato rispondendogli per le rime; e quella volta miss Elsa non nascose il piacere da lei sentito per la disfatta del presuntuoso ignorante.

Così, a poco a poco, nel suo spirito calmo, nel suo cuore tranquillo, la figura di Paolo Jenco si era insinuata carezzevolmente, senza che la bella inglesina si accorgesse del lavorìo di suggestione che vi veniva prodotto. E quando se n'accorse, in uno di quegli esami di coscienza che era abituata a fare di tanto in tanto con grande severità verso stessa, non se ne meravigliò, se ne dispiacque.

Si sentiva, s'indovinava voluta bene, con rispettosa gentilezza; e prevedeva che questo sentimento si sarebbe potuto trasformare in amore, se a lei fosse piaciuto d'incoraggiarlo, di alimentarlo dignitosamente, senza ipocrisia e senza calcolo. Si lasciò sedurre dal dolce incanto; o, meglio, scoprì che era già stata sedotta prima di agire riflessivamente. Ormai suo padre diceva spesso:

- Noi siamo già siciliani; questi terreni che la mia cultura ha reso fecondi, ci hanno fatto diventare altrettanti alberi umani, e vi abbiamo posto fonde radici, come le viti e come le piante di aranci e di limoni.

E, scherzando, soleva aggiungere rivolto alla figlia:

- Tu sei l'olivo specioso, tua madre la vite... e mia sorella... l'opunzia indica spinosa!

Ella infatti, cresceva bella e sana sotto quel cielo così limpido, tra quella vegetazione così rigogliosa. Metteva visibile impegno nel rendere vere le parole del padre, apprendendo a parlare il dialetto e sforzandosi di pronunciarlo col minor accento straniero possibile. La sua intimità con Paolo infatti si era aumentata, facendo con lui pratici esercizi dialettali, cosa che anche la divertiva quando ella non arrivava a sormontare la difficoltà di certi suoni di consonanti che la sua gola non si prestava a rendere facilmente.

E come sorrideva, orgogliosa, allorchè il maestro improvvisato poteva dirle:

- Brava!... Lei vuol dunque diventare siciliana a dirittura?

- Non mi aduli!

Così era passato un anno; così la solitudine del cottage le si era popolata di dolci fantasmi, senza che ella sentisse il bisogno di accertarsi se essi non erano un'illusione cagionata dalla sua giovine fantasia, o riflessi di una realtà intraveduta da occhio vigile e accorto, e che equivalevano a una certezza.

Non lo avea nascosto a Paolo. Perchè avrebbe dovuto nasconderglielo? se ne pentiva ora che all'improvviso le si era rivelata la verità intorno alla sua triste situazione. Lei e i suoi si trovavano colà più stranieri di quando vi erano arrivati; suo padre, il benefattore, veniva già stimato un invasore, un intruso, uno sfruttatore della miseria di coloro a cui egli aveva pagato, più che realmente non valessero, i terreni acquistati; di coloro a cui aveva dato, per parecchi anni, modo di guadagnar da vivere onestamente, dignitosamente, con mercedi che erano servite di esempio, di paragone e che gli altri proprietari avean dovuto adottare; di coloro a cui aveva mostrato, con la pratica, in che maniera potevano rendere più fecondo il meraviglioso suolo da loro posseduto e lasciato quasi in abbandono. Ed erano appunto questi - i proprietari, i galantuomini - che aizzavano gli odii, che spargevano attorno la diffidenza; invidiosi, maligni e anche ciechi, perchè non s'accorgevano di fare il loro male agendo in quel modo. Ne aveva parlato, il giorno dopo, con suo padre, strappandogli quasi per forza una confessione di quel triste stato di cose.

Il signor Kyllea non era indignato, scoraggiato: aveva voluto nascondere, alle sue donne la verità per non affliggerle e per non atterrirle; giacchè la signora Kyllea e la cognata avevano la mente piena di pregiudizi intorno ai siciliani, ed erano quasi stupite di non aver visto finora invadere Villa Elsa da briganti con tromboni e cappelli a cono ornati di penne di gallo, come li immaginavano vestiti, ricordando certi disegni di giornali, di Magazzini, di riviste.

- Accade così per tutto, quando qualcuno sposta interessi, crea nuove risorse. Lotta lunga, ostinata, violenta; ma si finisce sempre con vincere! - aveva soggiunto il signor Kyllea. - Come non vincere, se si hanno alleati di questa forza?

A miss Elsa parve che suo padre dicesse queste cose con sottile accento di affettuosa malizia, e arrossì.

- Oh! - rispose - Certi alleati talvolta possono nuocere più che giovare!

Ma suo padre non le badò; scrollò il capo sorridendo, poi, tornato serio, disse:

- Gli alleati, per lo meno, debbono essere prudenti, e non far sapere ad altri...

E questo divieto aggiunse un senso di sgomento alla profonda impressione prodotta dalle rivelazioni di lui.

Ella stava per dirgli:

- Senti, babbo!...

La confessione di quel che era avvenuto tra lei e Paolo quella mattina, le tremava da un pezzo su le labbra, impaziente, quasi sospinta dal rimorso di essere stata taciuta parecchi giorni. Ma, appunto in quel momento, dopo le tristi cose accennate dal padre, le parve che la dichiarazione di Paolo, e il loro fidanzamento di un istante fossero stati un sogno, nient'altro che un sogno. E si trattenne, stringendo le labbra, quasi ringhiottendo le parole che le fremevano nella gola.

Disse soltanto, e con energia:

- Vinceremo, babbo!

 

 

 


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