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La varia attività del senatore Tullo Massarani sembra voglia dimostrare che gli anni non hanno nessun potere su lo spirito anche quando il corpo è infermo. Per quanto non grave, la malattia a cui egli accenna malinconicamente nella nobilissima epistola al Faldella pel Cinquantennio dello Statuto, avrebbe dato ad altri plausibile ragione di riposarsi.
Ma egli è così abituato a riposarsi mutando soltanto soggetto di lavoro, che continua a fare come ha fatto prima, quando tra un severo studio storico e l'altro, tra l'assidua frequenza alle sedute del Senato, del Consiglio comunale e del Consiglio provinciale, ha trovato modo di mandar fuori la traduzione del Libro di Giada, le popolari Conversazioni del Dott. Lorenzo i canti della Odissea della Donna, illustrati da molti suoi disegni; dare a giornali e riviste gran numero di articoli non brevi e tutti coscienziosamente meditati nella sostanza e nella forma; e, quasi per svago, mettersi a tradurre una scelta di poesie della poetessa inglese Elisabetta Barrett Browning, impresa che, per le tante difficoltà che presenta, avrebbe scoraggiato l'ardimento di un giovane.
Bisogna proprio credere che gli uomini della generazione del '48 erano fatti di altra pasta. Dice un proverbio siciliano: lu bon vinu finu a la fezza: lu bon pannu, finu a la pezza; ed è verissimo. Avevano un grande ideale, la Patria, e questo li rende ancora vigorosi e forti tra i disinganni e i pericoli; sentivano altamente la dignità della libertà individuale, e questo apre il loro animo a tutte le ragionevoli aspirazioni sociali.
Fia che rivesta e più discrete quella
Che pur nei cuori e nell'istoria vive
Carità di fratelli, e di rinforzo
Le sia l'oprar comune, e il mutuo aiuto
A augmento e vigor, ben venga, amico
Ogni primizia, ogni disegno, ogni arte,
Che uomo a uomo ravvicini, e il fosso,
Da Pluto re scavato in mezzo, colmi! 41
Augurio caldo e sincero, che non impedisce al Massarani di veder chiaro nell'avvenire, di paventare che
sulle spente libertà si assida
Sovrano e universale archimandrita
Il peggior d'ogni autocrata, lo Stato.
Ma io non voglio ragionare di politica, e perciò non farò cenno di uno dei più bei scritti dal Massarani nel volume Diporti e veglie, intitolato: L'utopia della Pace che finisce con un voto alla fraternità di quella che Cicerone, da lui citato, chiama la infinita societas generis humani.
In questa seconda edizione, il volume è stato arricchito di nuovi scritti di diversa natura: Josè Espronzeda, Pagine del martirologio nazionale, In Calabria, San Marino, Un raro cimelio (che è il libro L'Italia del Tommaseo), La seconda Mostra mondiale di Belle Arti in Venezia, L'Ulisse dantesco. E già bastavano a dargli molto valore quelli soltanto raccoltivi prima. Dopo la varietà anzi disparità dei soggetti che confermano la soda e riposta cultura dell'autore; dopo quella viva fiamma di entusiasmo che investe ogni pagina, sia che egli si trovi dinanzi alle lettere di Giordano Bruno; alle tele di un pittore moderno, l'Induno; alle opere di Leone e Pompeo Leoni, padre e figlio, scultori del secolo XVI; e alla ricchezza d'arte internazionale accorsa a far mostra di sè nella splendida città della Laguna; o sia ch'egli si fermi qua e là, a Verona, a San Giulio sul lago d'Orta, davanti al palazzo Marino, egli che chiama i patrii monumenti: il primo, il più eloquente, il più solenne e più legittimo testimonio della nostra storia e della nostra grandezza (pag. 203); dopo tutto questo, impressiona maggiormente nei diversi scritti l'aria di buon senso pratico che li rende simpatici, l'accento fervido e persuasivo, la schiettezza e la franchezza di certe confessioni; insomma quella bonomia cortese e gentile, che giunge talvolta fino a far sembrare un po' troppo grave la forma cesellata e raffinata che la riveste. E di tutti questi scritti citerò una sola mezza pagina in conferma di quel che ho detto. A proposito dell'Arte nella società moderna egli ha il coraggio di scrivere:
"Piuttosto rozzi e poveri, che veder rovinare la patria per esserle mancato, come dice il Macchiavelli, una cosa sola, il provvedersi bene dell'arme....
Ma il Massarani non è artista per niente, e poco appresso soggiunge:
"Io mi ricordo, per parlare ancora dei tempi andati d'aver visto ogni giorno su per le scale degli Uffici di Firenze, la cacciatora di frustagno dell'artigiano o del contadino, e i larghi cappelloni di paglia delle loro donne; e d'avere udito, davanti ai capolavori della Tribuna, fior di giudizi da quegli ingenui compaesani del capraio che aveva nome Giotto, del pecoraio che si chiamò il Baccafuni, e del vaccaro che fu Andrea del Castagno.
Spesso invece, nè mai senza una giaculatoria secondo la mia intenzione, mi rompo gli stinchi, nei vestiboli delle Pinacoteche e dei Musei, in quello strumento di supplizio che non ha nome italiano, e che chiamano il tornichetto. E perchè di questa guisa, tormentando pazienza e tasche, cogli spiccioli del forestiero più spesso che non coi fogliolini sudici del concittadino, i sopracciò vengono poi comperando a lor volta degli spiccioli di pittura e di scoltura, credono o dicono d'incoraggiare le arti. Povere arti, che vivacchiano su l'ostracismo del popolo, a cui si predica educazione e si sottrae di tutti i magisteri educativi il più gentile, il più gradevole, il più potente sulle fibre del cervello e del cuore!
Nel presentare al pubblico la presente raccolta, egli si augurava che, capitando a qualcuno fra mano, quegli scritti inducessero i giovani a pensare di cavar dalla vita un costrutto migliore; i vecchi, a compatire chi ha tentato di allegerirne a sè il peso senza altro danno del prossimo. Modeste parole, che faranno sorridere tutti coloro che dalla lettura di essi saranno usciti con qualcosa di più nell'intelletto, con qualcosa di meglio nel cuore.
Lo studio intorno a Enrico Heine, pubblicato dal Massarani molti anni fa, quando del lirico tedesco si conosceva in Italia poco più del nome, non ostante il tempo e le circostanze in cui fu scritto, è rimasto uno studio diffinitivo. Così la introduzione alle poesie scelte della Browning, intitolata La donna e la poetessa, rimarrà pure uno studio definitivo di quest'anima poetica che amò tanto l'Italia.
Se la signora Zampini-Salazar, che ha dedicato alla Browning e al marito di lei una serie di belle conferenze per diffonderne il culto in Italia, gli ha messo addosso una gran voglia di conoscerli più da vicino, il Massarani non si è arrestato alla lettura delle loro sole opere poetiche: ha consultato i lavori biografici pubblicati dalla signora Sutherland Orr, dall'Ingram, dalla signora Vilson, e tutta la vasta congenie di pubblicazioni browninghiane da cui è stata inondata l'Inghilterra; che è quanto dire ch'egli si è messo in caso di trattare il suo soggetto con la competenza del più fanatico browninghiano, senza il suo fanatismo si intende, e non senza quella abituale galanteria, per cui preferirà, per esempio, la data del 1809 a quella del 1806 parlando della nascita della Browning, data che gliela figura più giovane.
Così, accennando al poemetto Gli Adoratori di Donna Giraldina, e non volendo tacerne i difetti, metterà il giudizio in bocca dei lettori. "Questa storia di Donna Giraldina, temo che mi direte, è un po' lunghetta, e non è sempre verosimile". Aggiungerà però subito: "Ma che sia viva e forte e audace, spero che me lo vorrete concedere". Di altre leggende dirà francamente e che mostrano troppo la intenzione didattica o ascetica, e che sono un poco offuscate dalla maniera ultra romantica del tempo; ma non saprà arrestarsi di soggiungere: "A me, lo confesso, queste romanticherie tornano ancora, per amore dei ricordi, bene accette, come quelle del Prati e del Carrer, a cui tanto somigliano."
Per questi sentimenti egli si trova più a contatto con l'opera da tradurre, e potrà essere traduttore libero quanto è possibile e quanto le diverse indoli delle due lingue richiedono.
A prima vista, senza avere il testo sotto gli occhi e senza conoscere altri tentativi di traduzione, a coloro che conoscono bene lo stile e dirò anche la maniera del Massarani, la lettura del volumetto elegantemente stampato dai Treves fa sospettare che il traduttore abbia interpretato con troppa larghezza la concessione di certe libertà consentite ai traduttori di opere poetiche. Ed io sono stato tra questi sospettatori: ma ho dovuto ricredermi. Senza dubbio, il Massarani ha dato (e poteva fare altrimenti?) l'impronta sua caratteristica alla forma della Browning. Il concetto della poetessa, passando a traverso la mente del traduttore, si è qua accorciato, là disteso; qua ha preso un'aria di persona agghindata, là di persona che si lascia un po' andare; se però si guarda bene, dovrà convenirsi che tra le torture del metro e delle strofe, non ha mai perduto molto e qualche volta anzi ha guadagnato in chiarezza. Lo dimostrerò con pochi esempi.
Questa traduzione in prosa di due quartine del VI di quei sonetti che narrano la storia del felice amore della Barrett col Browning, io la tolgo in prestito dal libro della signora Zampini-Salazar.
"Lasciami! Eppure io sento che resterò da oggi innanzi sempre nell'orbita tua. Mai più sola sull'uscio della porta della mia esistenza individuale, potrò ordinare la vita dell'anima mia, nè alzare lo sguardo serenamente ai raggi del sole, come prima, senza risentire tutto ciò che io provai quando nella mia tu posasti la tua mano."
E il Massarani:
Vanne, deh vanne. Ma nell'ombra tua
Sento che quind'innanzi io saprò sempre:
Non fora mai che l'ignorata prua
Ad altronda si volga e non s'insempre
Con quest'una che invan volle esser sua:
Arbitra io non son più delle mie tempre,
Ch'ogni pensiero, ogni voler s'indua,
E di desìo la man par che si stempre.
E dal XX sonetto, la signora Zampini-Salazar.
"Amato, mio ben amato, quando io penso che tu eri al mondo un anno fa, mentre qui sola io sedevo, senza scorgere orma di passi su la neve!"
E il Massarani:
Diletto mio, diletto mio, se penso
Ch'eri nel mondo ora fa proprio un anno
E ch'io, 'l piè nella neve e in cor l'affanno,
Non isperavo a' mali miei compenso!
Dai due esempi si scorge bene il processo con tutti i suoi pregi e i suoi difetti; ma da quest'altro che riporterò si scorgerà anche con quanta bravura il Massarani superi certe difficoltà dei metri con cui ha voluto spesso rendere esattamente i metri originali. Prendo a caso due strofe del poemetto Pan è morto, e traduco letteralmente:
"Queta, in antico, la barca andava innanzi - quando un grido più forte del vento - salì, ingrossò, e corse verso il sole - e il sole si nascose e si fece pallido - dal buio pesto di dietro - soffiatogli incontro dal gran lamento: - Pan, Pan è morto!
"E i rematori dai banchi - si ritrassero, ciascuno abbrividendo in volto - mentre partenti influssi - spargevano addietro un freddo attraverso il luogo - e l'ombra della barca - vacillava lungo l'immota profondità: - Pan, Pan è morto!
Ed ecco con che sveltezza e con che fedeltà rende il resto il Massarani.
Ed il naviglio intanto
Il Massarani ha voluto darci un saggio di tutti i generi poetici minori, tentati più o meno felicemente dalla poetessa inglese; e coloro che non possono accostarsi al testo gliene debbono essere grati, perchè così potranno formarsi un'idea quasi completa del carattere di essi.
Per noi italiani è quasi un debito non ignorare almeno le cose minori - che non sono poi le meno belle - di una inglese che fu italiana di elezione e che ha cantato le speranze, le gioie, i dolori del nostro risorgimento nei componimenti Napoleone III in Italia, Prime nuove da Villafranca, Commiato fra amanti, e in Poetessa e madre; di una inglese che, annunciando la morte di Cavour, scriveva: "Posso appena comandare alla voce ed alla mano di nominarlo. La grand'anima, che ha meditato e fatto l'Italia, è passata a più divina contrada. Se lagrime di sangue avessero potuto salvarlo, egli avrebbe avuto le mie."
Poesie scelte di Elisabetta Barrett Browning, versione libera, Milano, Fratelli Treves 1898.