Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
Fanciulli allegri
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VI

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VI.

 

I Tomelli, oltre l'invito dei bambini, ne avevano fatto uno per conto loro. Verso le cinque le signore e i signori affluivano nel giardino.

La signora Tomelli, bella, elegante e modesta, era tutta un sorriso; e i suoi occhi, che la gioia materna rendeva più splendidi, seguivano con viva compiacenza Leo che riceveva le invitate, gentiluomo minuscolo, ma che disimpegnava la sua parte in modo veramente ammirabile.

Ella intanto chiedeva scusa alle amiche:

— È stata un'idea di Leo. Poveri bambini, oggi li fanno studiare troppo! Bisogna pure lasciarli divertire un pochino, e secondarli e aiutarli quando si mostrano così ingegnosi. Hanno fatto tutto da . Io mi sono divertita più di loro a vederli lavorare dalla terrazza, sorvegliandoli. I bambini Solerti e Bossi, le bambine Sfrattini... ci hanno messo una mano tutti. Per loro non è stato giuoco, ma cosa seria. Ora tocca a noi di fare seriamente da spettatori. Care creature, sono felici di così poco!

Attorno al piedistallo brulicavano gruppi di bambini e di bambine. Leo, Giulio, Eugenio, e lo stesso signor Tomelli dovevano continuamente ammonirli di stare tranquilli, di non avvicinarsi troppo, di non toccare le corone; giacchè Leo aveva richiesto pure le corone con bei nastri, perchè la cerimonia riuscisse compiuta.

Ma le signore e i signori stavano in piedi, a gruppi; o giravano pei viali, ammirando le piante e i fiori delle aiuole; e questo a Leo non piaceva. Infatti, quando gli parve che tutti gl'invitati fossero , egli tirò in disparte il babbo e gli sussurrò in un orecchio:

— Se non si mettono a sedere!

Il signor Tomelli sorrise e, battendo le mani, gridò:

Signori, sono pregati di prendere posto.

Due o tre mamme, ignorando a chi fossero riservate le poltrone della prima fila, erano andate a sedervisi.

Leo corse dal babbo, non sapendo come comportarsi per farle alzare; per poco non piangeva dal dispetto.

Il signor Tomelli lo prese per la mano, lo condusse davanti alle signore e poi, in tono tra scherzoso e serio, disse:

Signore, il cavaliere di sala le avverte che questi posti sono riservati per altissimi personaggi; prega di lasciarli liberi.

E Leo, preso coraggio, aggiunse un po' bruscamente:

— Sì, sono pel re, e per la regina e le sue dame.

Le signore risero, ma s'alzarono. E subito Leo corse a dare l'ordine che gli altissimi personaggi arrivassero.

A un cenno del signor Tomelli, la terribile fanfara strillò:

Tutti i bambini invitati erano disposti in modo da fare ala; e appena fu vista la regina avanzarsi lentamente a braccio del re salutando a destra e a sinistra, gli invitati si levarono in piedi applaudendo, ridendo, divertendosi come altrettanti bambini anche loro.

Al saluto del re coi baffoni posticci, che facevano strana figura su quel viso di fanciullo, gli applausi scoppiarono più fragorosi, più lunghi; e quelli della fanfara ne approfittarono per soffiare nei loro strumenti con tutto il fiato possibile.

Era il momento solenne.

 

Eugenio, dietro il piedistallo, aveva già preso in pugno il bastone, attendendo il cenno dal re per scoprire la statua. Carlo Solerti, col rotolo del discorso in una mano, stava al suo posto, vicino, un po' pallido dalla commozione e dalla paura d'impappinarsi davanti a tante persone.

Ma il re s'era dimenticato che il cenno dello scoprimento doveva darlo lui, e badava a calcarsi i baffitemeva si spiccicassero — e a dare torve occhiate attorno. Ci fu un istante di pausa e di esitazione, che a Leo parve un secolo. Vedendo che Armando non gli badava ed era inutile aspettare che s'accorgesse dei replicati segni con cui cercava di rammentargli quel che spettava a lui, rompendo ogni indugio, Leo gridò:

Eugenio, su!

E Eugenio ubbidì.

 

Alla vista del Pulcinella di stucco, che col braccio in alto si calava nella bocca una manata di vermicelli, le risate e gli applausi, fra lo strillìo della fanfara, rintronarono pel giardino lunghi, interminabili. Eugenio però era rimasto , incantato, con in mano il bastone da cui penzolava il cencio di tela; Leo non credeva ai propri occhi, sbiancato a un tratto, impietrito, soffocato da un groppo di pianto. Carlo, col rotolo del discorso in pugno, guardava a bocca aperta; il re e la regina non erano meno stupiti di loro.

 

Leo, preso da improvviso furore, si era buttato per terra, piangendo, urlando:

— No, babbo, non dovevi farlo! Non dovevi farlo!

Il signor Tomelli accorre:

Leo, che è questo?

 

LEO

(piangendo e rotolandosi per terra).

— No, babbo, non dovevi farlo! Non dovevi farlo!

Sopravveniva anche la signora Tomelli, atterrita dall'idea che fosse venuto male al bambino. Gli invitati, parte ridevano applaudendo ancora, parte si erano alzati, circondando il signor Tomelli che non riusciva a levar di terra il bambino urlante, agitandosi, in pianto.

Nessuno ne capiva niente; neppure il signor Tomelli che, non sospettando affatto la sostituzione della statuetta, aveva creduto, per , quel Pulcinella una spiritosa trovata di Leo.

Il quale gridava tuttavia:

— No, babbo, non dovevi farlo! Non dovevi farlo!

Gran confusione. La fanfara aveva interrotto il suo strillare; ma da quella parte si udiva il grido piagnucoloso di Pinuccio.

— Che è mai? Perchè? — domandavano gl'invitati.

La signora Sfrattini, andata a prendere in braccio Pinuccio, lo conduceva presso il fratello, che s'era rizzato da terra, e che con le mani sul viso pestava i piedi e non intendeva ragione.

 

LA SIGNORA SFRATTINI

(a Pinuccio).

— Non è niente. Leo fa per chiasso.

Ma Pinuccio continuava a piangere e a singhiozzare.

Il signor Tomelli, seccato dal contegno di Leo, lo scoteva severamente pel braccio:

Dici almeno perchè!

E tutti aspettavano che il bambino rispondesse, che desse una ragione e spiegasse il motivo di quel suo pianto e di quel suo furore.

Allora Pinuccio, tra le lagrime e i singhiozzi, balbettò:

— È stato Ranocchio!

 

LA SIGNORA SFRATTINI

(al signor Tomelli).

— Il bambino dice che è stato Ranocchio!

Leo rizzò la testa, torvo, levando in aria i pugni chiusi...

E poco dopo, veniva chiarita ogni cosa.

Leo e gli altri bambini però erano rimasti male, non sapevano consolarsi della festa sciupata; e nel padiglione, dov'era preparato un magnifico buffet di dolci e rinfreschi, si aggiravano, mogi mogi, tra gli invitati... Erano mortificatissimi, quantunque vedessero che tutti quei signori parevano quasi più contenti che la cosa fosse finita a quel modo.

Signore e signori, coi piattini dei gelati in mano, o sgranando paste e confetti, uscivano all'aperto, si affollavano attorno al Pulcinella che si calava in gola i famosi spaghetti, e ridendo motteggiavano.

— Se i bambini avessero voluto fare una satira, non avrebbero potuto far meglio! — sentenziava un vecchietto. — Per molti monumenti di pretesi grandi uomini, sarebbe stato bene che allo scoprimento si fosse trovato, come qui, un bel Pulcinella!

 


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