Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
Gli ismi contemporanei
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IX. PSICOPATIA CRISTIANA

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IX.

 

PSICOPATIA CRISTIANA36

 

Leggendo queste dugentotrenta pagine, sembra di fare un sogno pieno di stranezze e di orrori, o visitare lo spedale di qualche fantastico Charcot millenario. Pallide figure dagli occhi sbarrati, dalle membra convulse, ci si agitano d'attorno in crisi nervose, in estasi, in contorsioni, con grida alte o soffocate scoppianti da bocche riarse, fra laceramenti delle proprie carni, mutilazioni e macerazioni, durante una rapida rincorsa di quasi due secoli verso meta ignota e misteriosa.

E questo spettacolo triste e commovente ci lascia incerti se mai abbiano ragione le vergini pazze d'amore divino, gli anacoreti torturati da invasamenti di castità e di peccato, le piagate di stimmate, i visionari del regno celeste che lo assaporano quaggiù, avanti di salire a goderselo, come credono, eternamente lassù; o pure noi che, sognando un equilibrio di sensi e d'intelletto, operoso e fecondo, siamo riusciti soltanto a convulsioni d'identica natura e che non forniscono meno pazzi al vero Charcot e ai suoi scolari.

Tra i delittuosi consigli di certa turpe scienza che insinua precetti e cautele per prevenire o impedire la generazione; tra le teoriche degli economisti che guardano con occhio spaventato l'aumento delle popolazioni; tra le statistiche delle nascite illegali e quelle che segnano la minacciosa sproporzione tra i nati e i morti di una nazione riputata di stare a capo della civiltà; tra l'immenso stuolo di creature femminili condannate, dal lavoro e dalle condizioni sociali, a verginità forzata, o a nozze vaghe, o a mostruose promiscuità a cui un'antica poetessa ha lasciato in eredità il proprio nome; tra il grido uscito recentemente dal cuore malato di un gran romanziere russo contro l'amore e la generazione, e quell'altro grido del cristianesimo primitivo che esalta la verginità come cima di perfezione, e il consiglio dell'Apostolo ai Corinti: - Se non avete moglie, non la pigliate! - a cui facevano eco Santa Domitilla e tante altre vergini, ripetendo: - Cristo il nostro Re fu vergine e di vergine nacque. La verginità ci fa simili al maestro! - tra questa discordia di mezzi e questa concordia d'intenti, insomma chi ha ragione?

Si rimane incerti, angosciati; e dando un'occhiata ai terribili libri dello Charcot e del Richer, e un'altra a questo volumettino che ci porge raccolta la quintessenza delle psicopatie cristiane, siamo spinti a dubitare se mai il mondo non sia un arruffato viluppo di istinti animali e d'ideali purissimi soltanto buoni a sconvolgere da cima a fondo l'organismo fisico e intellettuale, e se mai la pazzia, o, come oggi dicono, la nevrosi universale, non debba un giorno o l'altro costituire lo stato ordinario dell'uomo.

L'autore della Psicopatia cristiana ha preso un partito.

Con sobrietà che potrebbe quasi dirsi aridezza espone rapidamente il suo concetto, e poi va innanzi a furia di fatti. Vuole che i fatti parlino loro, conchiudano loro; e per questo non si è risparmiato fatica, avendo voluto attingerli alle fonti. Non gl'importa che essi siano presentati dalla leggenda o dalla cronaca; il loro significato per lui è lo stesso.

E così vediamo sfilarci dinanzi la lunga processione.

Prima le vergini che vogliono a tutti i costi mantenere intatto il loro fiore delicato a Gesù: Caterina Godinez che fa ogni sforzo per imbruttirsi; Smeralda da Catania che si deforma il viso; una delle figliuole di Berengario che scaccia i fidanzati con puzzo artificiale; Ulfia che si finge pazza; Oda che si taglia le narici; Eufemia che si recide naso e labbra. E poi i vergini: Mandato che ottiene da Dio il dono d'un morbo schifoso; S. Tenenano che ottiene la grazia di diventare deforme e lebbroso; e cito a caso.

Non tutti intanto possono sfuggire il legame del matrimonio; uomini e donne però, se hanno fatto voto di verginità, riescono a mantenerlo con persuasioni, con artifizi, con l'aiuto dei miracoli. A Sant'Abram una ispirazione divina; a Giuliano una fragranza portentosa; a Magna un'infermità simulata; a Cunegonda, moglie di Boleslao di Polonia, l'apparizione di S. Giovanni Battista; a Santa Osita, sposa di Sigero re dei Sassoni Orientali, l'opportuna comparsa d'un cervo nel più vivo momento del pericolo e poi la chiesta monacazione nell'assenza del marito; a Lucia da Narni infine, un angelo dalla faccia splendente che atterrisce il marito risoluto a trionfare della resistenza di lei, permisero di conservare intatto il loro prezioso tesoro. Ed ecco nella leggenda la glorificazione del resultato: odori paradisiaci che si svolgono dai corpi verginali morti o viventi; luminose aureole che circondano il capo; fiori che sbocciano dalla bocca dei cadaveri: prove del fuoco che confermano o rivelano la verginità oltraggiata da calunnie; vesti dei calunniatori che prendono spontaneamente fiamma; forza supernaturale di resistenza; come quella di Lucia, la quale, condannata dal giudice a un lupanare, diventò a un tratto così pesante che "pur adoperandovisi con gran fatica e sudore parecchi uomini, non poterono trarla" a quel luogo.

Questi sono piuttosto i prodomi della psicopatia cristiana, il punto di partenza.

Il senso è male, è peccato; la bellezza è l'espressione e la causa incitante. Contro la donna gran tentatrice S. Antonino avventa il suo noto alfabeta:

 

Avidum Animal,

Bestiale Baratrum,

Concupiscentia Carnis etc.

 

Ed ecco occhi che, non s'attentando più di guardare in viso a una donna, fosse pure madre, sorella o parente, rimangono continuamente abbassati come quelli di fra Giorgio della Calzata, del padre Antonio Grassi, del P. Bernardo da Offida; o chiusi, come quelli del beato Sebastiano Valfrè.

"S. Ludovico, vescovo di Tolosa, visitato dalla sorella, serbò lo sguardo sempre volto altrove che su lei. Pregandolo ella che la guardasse in viso, rispose che la sua domanda era una pazzia. Fra Ruggiero non mirava mai in faccia nemmeno sua madre, ch'era vecchissima; l'abate Paolo schivava di vedere non solo le donne, ma anche le loro vesti; Francesco Stanno non si lasciava neppur vedere dalle donne" (pag. 34);

Tenere gli occhi bassi o chiusi però non basta; bisogna meglio premunirsi contro le tentazioni. E Giovanni di Palafox tiene una croce di punte ferrate su la nuda carne; e fra Giovan Battista di San Pietro, andando a confessare le monache di S. Caterina in Siena, porta seco uno sgabello irto di chiodi per sedervisi sopra tutto il tempo che confessa.

I cinque sensi sono altrettante porte spalancate alle tentazioni.

Quello della vista innanzi tutti. Pietro di Chiaravalle, perduto un occhio, dice d'essere stato liberato da un nemico. I casti per ciò non solamente non guardano le carni altrui, ma neppure le proprie. Il beato Labre lascia che innumerevoli insetti lo tormentino giorno e notte, e tiene coperte le mani o ripiegate sotto le braccia; Daria, ottenuta la vista da S. Brigida, prega di tornar cieca per salvazione dell'anima; S. Aniamo prende alla lettera il precetto evangelico: - Se il tuo occhio destro ti scandalizza, cavalo e gettalo via. -

L'orrore della vista delle carni prende maggiori forme morbose: Bartolomeo Tanasi, inetto a spogliarsi e a vestirsi da , si fa servire da due ciechi: Fra Michele dei Santi preferisce non mostrare al medico un doloroso tumore sotto l'ascella; fin il cadavere del B. Antonio Zaccaria ritira le gambe quando una mano indiscreta alza il lembo della tunica che ne copre i piedi.

A difesa del senso del tatto, S. Alfonso dei Liguori non imprime mai lo schiaffo di rito nella cresima; S. Chiara di Montefalco non stende la mano neppure per l'elemosina; Suor Maria Crocifissa della Concezione tira a con un legno, o con altro arnese, qualunque cosa prima toccata da un uomo; Suor Maria Rosa Giannini non siede su la seggiola dove era stato seduto il fratello; si scuote e freme il cadavere di S.a Walburga al tocco d'una mano maschile.

Spesso la parola vana o dolce sonante insinua il peccato. E in conseguenza Suor Paola Maria di Gesù non pronunzia mai la parola "matrimonio"; Suor Maria Sabellico non può sentir parlare di fidanzamenti, di nozze, di mondane vanità.

Col cibo - carne, vino, frutta - si fomenta quel seminarium libidinis che è il ventre: e così l'abbate Giovanni si rassegna a morire per l'astinenza da ogni bevanda; S. Pietro d'Alcantara mangia pane muffito, erbe mal cotte e sparse di cenere o d'assenzio; Santa Caterina di Siena non beve acqua e mangia erbe crude soltanto; e i santi Giosafat Kuncewicz, Pantino e Paolo della Croce fanno di più, si estenuano con venti, trenta e anche trentatrè giorni di digiuno. A Batteo eremita, dai troppi digiuni, s'inverminiscono i denti.

Da questo all'abborrimento del sonno e della pulizia corporale c'è un breve passo. S. Rosa da Lima batte la testa alle pareti, si sospende a una croce per le mani o a un chiodo del muro pei capelli, pur di non dormire; la beata Coletta dorme sopra sarmenti di viti, cingendosi i fianchi con una corda irta di nodi; il padre Giuseppe Anchieta posa il capo sopra un fascio di spine e non ha altro letto che la nuda terra.

Se il sonno è una mollezza, la pulizia corporale è peggio; la lista dei santi e delle sante che hanno in odio l'acqua non è corta. Il beato Enrico Susone non si lavò mani piedi per venticinque anni; S. Abram eremita non si lavò mai la faccia in vita sua.

La bellezza corporale vien detta amica del diavolo. S. Bernardo Calvonio, sentitosi lodare i denti, se li spezza con un sasso; Rosa da Lima tuffa nella calce viva le mani bianche e fine; S.a Lucia la Casta, saputo che i suoi occhi avevano ispirato una gran passione a un gentiluomo, se li cava e li spedisce in dono all'innamorato.

Il canto, la danza, i mondani divertimenti sono stimati altrettanti mezzi di perdizione; la donna che canta è chiamata da S. Cripiano: basiliscum sibilantem.

E c'è chi fugge nei deserti, affrontando fame e sete. Ma se è facile fuggire dal mondo, non è egualmente facile fuggire da se stesso. L'organismo conculcato si ribella e tenta di vendicarsi. Le immagini, le visioni più oscene assediano i penitenti nella veglia e nel sonno. A San Martino appaiono Venere e Minerva; Sant'Ilarione e Sant'Antonio Abate hanno visioni di bellissime donne impudiche; San Celestino sente continuamente il contatto di due femine nude; Suor Maria Crocifissa della Concezione ode sconci discorsi che tentano di lusingarla; Suor Agnese di Gesù, per lo sforzo di resistere alle sudice fantasie che l'assediano, casca in convulsioni, Francesca Vacchini ha visioni di orgie carnevalesche; e la Beata Colomba da Rieti, S.a Rosalia, suor Bartolommea Martini, S.a Giustina allucinazioni di uomini nudi, procaci, invitanti a lotte peccaminose.

Contro tali assalti sono appena sufficienti le penitenze più dure. S. Girolamo, nel deserto, per scacciare le rinascenti fiamme degli impuri desiderî, si percuote il petto con un sasso; Ildeberga, denudata il ventre e i ginocchi, in pieno inverno, si tiene aderente al pavimento; S. Veronica Giuliani porta gravi pesi, si trascina su le ginocchia notti intere; suor Maria Rosa Giannini si batte con funi, si cinge le reni, le braccia, le cosce e le gambe con catenelle di ferro munite di punte, e prega con le mani sotto le ginocchia; S. Bernardo si butta in uno stagno gelato e vi rimane quasi esanime; S.a Geltrude d'Eisleben si getta anch'essa in uno stagno, una notte invernale, e sta per affogarvi; S. Francesco di Assisi si rotola e sommerge fra la neve; S. Benedetto si caccia nudo in mezzo a una siepe di ortiche e di rovi; suor Maria Maddalena dei Pazzi si cinge una cintura fitta di chiodi acutissimi; Santa Oliva si configge punte di ferro nelle mammelle; il beato Giovanni Grande si stende sopra un letto di carboni ardenti e si abbrustolisce le carni. Occorre che in aiuto dei periglianti sovvenga l'aiuto divino; e San Tommaso d'Aquino, Caterina da Raconigi, suor Maria Villani di Napoli ricevono una cintura sovrannaturale; cintura che gli angioli stringono troppo forte alla beata Stefana Quinzani, da farla stare tra morte e vita per lo spasimo, durante parecchi giorni.

Vinta la lotta della carne, l'amore per Gesù e per Maria assume forme quasi sensuali e morbose. Gli uomini diventano i cavalieri di Maria, gli spasimanti della bella Signora. Il beato Enrico Susone si sente quasi saltare il cuore fuori dal petto al solo pronunziare quel dolce nome; il beato Giuseppe da Copertino, appena ne vede le immagini, esce dai sensi, si solleva da terra fino all'altezza del quadro da cui è stato rapito in estasi; il vescovo Marsilio sente in bocca un sapore più dolce del miele pronunziando quel santo nome; San Francesco di Solanes, quasi impazzito, suona e canta le serenate alla diletta Signora; Francesco Binanzio, Battista Archinto e Agostino d'Espinosa si tatuano quel nome su le carni.

Per S. Bernardino da Siena, fra Nicola Molinari, Sant'Edmondo, S. Stefano eremita, Maria diventa l'innamorata, la sposa; e spesso lo sponsalizio è realmente effettuato, come col beato Ermanno e col beato Alano da Rupe.

Le donne invece ardono di amore per Gesù, sposano lui, con lui si dilettano in quella che Riccardo da S. Lorenzo chiama con ingenua efficacia: copula spirituale.

Suor Maria Crocifissa Sabellico improvvisa per lui canzonette di amore. Verseggia Suor Maria Rosa Giannini:

 

O bello Dio d'amore,

sta co me ogn'ora.

Brucia questo core

Del tuo divino amore

 

. . . . . . . .

 

O caro mio Gesù....

Del tuo amore io ardo e moro,

Torna, torna o mio tesoro.

 

. . . . . . . .

 

Io son tua e tu sei mio...

 

E la concitazione e il fervore si traducono in eccessi molti somiglianti a quelli dell'erotismo sensuale. Margherita figlia di Massimiliano II imperatore, si ferisce il seno e scrive col suo sangue giurata promessa di fedeltà a Gesù; Santa Veronica Giuliani, s'imprime un suggello infocato nel petto; Suor Paola Maria di Gesù inghiotte pezzettini di carta su cui scrive il divino amato nome e se lo incide anche lei con ferri roventi sulle carni in direzione del cuore; Suor Maria Prevostiere s'incide con un rasoio l'anagramma di Gesù sul petto e con suggello rovente su le braccia.

Il celeste amante è largo di favori alle sue dilette. Si mostra a Suor Angelica dello Spirito Santo e si fa accarezzare i biondi capelli; si lascia tenere tra le braccia da Suor Caterina di Bologna; a Suor Ida da Nivella parla in latino, dicendo: Ida, cor meum et anima mea; si arrampica, in minuscole proporzioni di corpo, su la conocchia di Suor Rosa da Lima, le fa mille scherzi e passeggia con lei presa per mano; va a coricarsi a fianco di Suor Anna di tutti i Santi; fa madrigali con Suor Geltrude da Eisleben. Ella dice:

- Diletto mio, è bene lo stare unita con te solo.

E Gesù, chinandosi verso di lei e abbracciandola:

- E a me è sempre soave cosa lo stare unito con te, mia diletta.

E lei:

- Io, vile femminella, ti saluto, Signor mio amatissimo.

E lui:

- Ed io ti rendo il saluto, amorosissima mia.

E un'altra volta la bacia su la bocca e sul petto.

Suor Maria Maddalena dei Pazzi è chiamata da Gesù: Colomba mia, bella mia, sposa mia! - Suor Maria Villani passa intere giornate discorrendo e baciandosi e abbracciandosi con Gesù. A Suor Anna di S. Bartolomeo Gesù si presenta com'era in vita, anzi le va dietro pian piano, l'ascolta e le mette una mano sul cuore, lasciandovi la sensazione d'una profonda ferita. Il Crocifisso fa cenno di accostarsi a Suor Veronica Giuliani e l'abbraccia.

Va anche oltre. Alla beata Caterina da Leazi mette in dito un anello d'oro ornato di pietre preziose; uguale anello sponsalizio vien dato a Santa Caterina da Siena, alla beata Osanna da Mantova, a Suor Angelica della Pace, alla beata Stefana Quinzani, a Santa Caterina dei Ricci, a Santa Veronica Giuliani, a tant'altre.

E allora gli spasimi d'amore sono così forti che le dilette non veggono l'ora di morire. Caterina di Cano e Sandoval esclama:

- Ah, Signore! Quando mi sarà permesso di godere i vostri dolci abbracciamenti? Com'è lungo questo pellegrinaggio! Com'è noioso questo soggiorno!

Ho appena spigolato nel vasto campo dove ha mietuto a larga mano l'autore della Psicopatia Cristiana.

E arrivato alla fine torno a domandare:

Chi ha ragione? Costoro che si ammalano di nevrosi divina, o noi che ci ammaliamo di nevrosi quasi bestiale?

L'autore si è contentato di conchiudere:

"L'ascetismo che nega violentemente le funzioni essenziali dell'organismo umano, e preoccupazione e terrore continui di peccato, mantiene il sistema nervoso in uno stato d'irritazione e sensibilità repulsiva, e finisce a produrre fenomeni di pervertimento sensuale... Il principio antisessuale cristiano è nelle sue conseguenze immorale, come ogni principio antibiologico."

È troppo e assai poco per un soggetto così complicato; io mi sento da tanto da supplire alla deficienza di un apprezzamento che mi sembra monco e affrettato.

Per conto mio dico soltanto questo: Tra le nevrosi che leggiamo lungamente descritte nelle opere dello Charcot e negli studi clinici del Richer, e le nevrosi con tanto studio ricercate dal dottor Rossi nelle vite dei santi, le mie preferenze non possono esser dubbie; stanno per queste ultime. Gli estratti delle opere mistiche di Santa Teresa, che il dottor Rossi ha messo nell'ultimo capitolo del suo studio, dimostrano con evidenza che la nevrosi religiosa e la nevrosi ordinaria non hanno per lo meno lo stesso contenuto. Bisognava, io opino, studiarle da questo lato prima di giungere alla conchiusione non esattamente scientifica che vorrebbe essere il resultato delle dugentotrenta pagine.

Forse sarebbe meglio che nessun elemento, terrestre divino, venisse a turbare e a sconvolgere l'armonia dell'umano organismo; ma se qualcosa deve pur troppo romperla, mi pare desiderabile che il gran perturbatore sia il Divino.

 

 

 





36 Del D.r Ermete Rossi, Roma, Tipografia Laziale - 1892.



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