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Era l'esclamazione immancabile di Roberto Pignoli, quantunque fosse tutt'altro che uno scienziato.
Gran divoratore di giornali, senza spendere un soldo per comprarli, perchè suo padre accumulandogli un buon patrimonio gli aveva anche infuso il senso della tircheria. Roberto passava parecchie ore della giornata e della serata all'Associazione della stampa, di cui era riuscito a farsi inscrivere socio col pretesto della tessera di corrispondente di un fantastico giornaletto di provincia morto appena nato.
Siccome pagava puntualissimamente la sua mesata, nessuno pensava ad occuparsi di lui. A furia di domandare timide informazioni ai bidelli, ai camerieri — Chi è quel signore? — conosceva di vista i più noti giornalisti della capitale che facevano rare apparizioni nelle sale della Società, e si limitava ad esclamare, secondo i casi:
— E lui? Lo credevo più giovane. — E lui? — Non lo credevo così brutto! — E lui? Me lo ero immaginato meno insignificante.
Da principio faceva grandi scorpacciate di articoli di fondo, di notizie parlamentari e di politica estera; ma, dopo parecchi mesi, accortosi che gli articoli di fondo lo annoiavano, che le notizie parlamentari, date per sicure oggi, venivano solennemente smentite domani; che della politica estera non si capiva niente forse perchè i governi non volevano che se ne capisse qualcosa, si diè a divorare soltanto i fatti diversi, le cronache della malavita, dei suicidi, dei furti, dei processi, delle birbonate di ogni sorta che danno una bella idea della civiltà moderna e della dabbenaggine umana. E siccome conosceva il francese e un po' l'inglese e il tedesco, spese parecchi mesi a prender nota, per suo uso e consumo, dei fatti diversi della delinquenza, ecc. ecc. della Francia, dell'Inghilterra e della Germania, mettendoli in confronto dei nostri: e, con sua somma maraviglia, dovette convincersi che, se si ammazzava, si rubava, si attentava alla propria vita, si tradiva il talamo coniugale, si seducevano le ragazze da un capo all'altro dell'Italia senza notevoli differenze, tra nord e sud, fra est ed ovest, in Francia, in Germania e nella rigida Inghilterra non si canzonava; anzi! anzi!
Così finì con disgustarsi dei fatti diversi, dei processi sensazionali: e la prima volta che gli capitò di buttar gli occhi su un brano di varietà e su una cronaca scientifica, si rimproverò sdegnosamente tutto il tempo perduto dietro quelle stupidaggini di notizie senza senso comune, giurando a se stesso di occuparsi di cose serie.
E fu indignato di vedere che gli scienziati avevano voglia di gridare alla gente: — Fate questo!... Non fate questo! — la gente tirava via senza neppure voltarsi, quasi non si fosse trattato della cosa più importante del mondo: della salute pubblica e privata.
Aveva trovato un paziente ascoltatore, meglio, un ammiratore che a sentirgli ripetere, quasi per far prova di memoria, tante cose diverse, andava a posta, a sedersi a quel tavolino in fondo, sicuro che la mattina verso le nove, e la sera alle otto e mezzo, immancabilmente: il cavalier Vignòli sarebbe venuto al Caffè e si sarebbe messo a discorrere. Il cavalierato era un regalo di quell'ammiratore, e Vignòli avea lasciato correre. Se avesse voluto, avrebbe potuto essere ben altro che cavaliere! Perchè disingannare quel brav'uomo? Cavaliere! Commendatore!.. Lustre. A questo mondo contano soltanto i quattrini, e lui qualche soldino lo possedeva.
Era l'importante. Intanto, poichè colui si ostinava a dargli del cavaliere... lasciava correre. Non faceva male a nessuno.
— Sa — gli disse, una sera, quel tale che si era presentato da sè, con un biglietto di visita, la prima volta in cui avevano avuta l'occasione di attaccar discorso, e che Vignòli con certa sufficienza ora chiamava: Caro signor Morani — sa che mi ha messo addosso una gran paura con le sue storie dei microbi?
— Le chiama storie, fandonie secondo lei? Così fosse!
— Ma allora è un miracolo come si rimane in buona salute, anzi in vita! Assaliti da ogni parte, senza poter difendersi, perchè... chi li vede questi maledetti microbi...
— Li vede la scienza: li ha scovati la scienza!
— Poteva lasciarci ancora nella nostra beata ignoranza! Si viveva così tranquilli prima!
— Fate bene alla gente! Vi ringrazia a questo modo.
— Che vuole? Ho avuto una lite con mia moglie a proposito di certe cautele. Le donne hanno il cervello poco più grosso di un cece. L'acqua bollita almeno! Neppur quella. E siccome io le ho citato il suo nome, ha mandato a farsi benedire anche lei. È violenta mia moglie.
— Si persuaderà. Non è stata mai malata?
— Mai! Sembra fatta di bronzo.
— Pei microbî non vale nemmeno il bronzo.
— Lei, però, cavaliere, qui beve l'acqua ordinaria...
— Questo è il gran male! Il Municipio, lo Stato non dovrebbero permettere che nei caffè si desse a bere acqua non bollita. Un povero diavolo, uscendo di casa, non può portarsi l'acqua bollita in tasca... intendo dire in boccetta. E bisogna lasciarsi inficiare! Lei ha una famiglia; io sono solo, solo, solo. Le persone di servizio? Tanti nemici dichiarati. E per ciò faccio... quel che non avrei voluto mai fare: prendo moglie.
— Dio gliela mandi buona, cavaliere!
— Ho adoprato tutte le precauzioni. La mia futura già conosce il programma della nostra vita in comune, e lo ha accettato a occhi chiusi. Programma rigidamente scientifico, caro signor Morani. È vero, si dice: La vita e la morte sono in mano di Dio. Ma sono anche in mano nostra. Domineddio non è obbligato di scomodarsi per fare un miracolo ad ogni momento. Io ci tengo alla vita; non ho grattacapi di sorta alcuna; e voglio godermela quanto più a lungo potrò. E se è vero che uno scienziato, ha scoperto un rimedio per non invecchiare, per campare quanto Matusalemme, sarò tra i primi a procurarmelo. Anche lei, credo...
— Se non costerà molto, forse...
— Ah, la Scienza!... Ah... la scienza!
— Una sola cosa, a parer mio, dovrebbe inventare la scienza: il borsellino della fiaba: —Borsellino mio, venti, cinquanta, mille lire! — e non dover fare altra fatica che quella di aprirlo.
— Arriverà, arriverà, anche a questo! Ah, la Scienza!
Roberto Vignòli avrebbe dovuto essere un commissionario come suo padre, che appunto per ciò gli aveva fatto apprendere tanto di parecchie lingue estere quanto poteva bastargli pel suo mestiere. Morto suo padre, trovàtosi in possesso di un discreto patrimonio, tirchio e con nessuna voglia di affaticarsi, avea menato una vita di fannullone, dandosi soltanto lo svago della lettura dei giornali e facendosi socio, per economia, dell'Associazione della stampa. Ed ora sì era deciso a prender moglie, un po' anche per economia, un po' perchè gli era sopravvenuto il gusto dell'igiene scientifica. Non sognò altro durante i pochi mesi del fidanzamento con la signorina Riolo, figlia di pretore in ritiro.
Non era giovanissima, non era bella, sembrava di carattere mite, e — cosa che non guastava — possedeva dote discretina. Si erano incontrati, per caso, da una vedova loro comune amica, che aveva la mania di combinare matrimoni.
— Mi lasciate fare? — gli aveva domandato la vedova.
E Vignòli, senza pensarci due volte, aveva risposto:
La prima sera, dopo il fidanzamento, che furono lasciati soli in un angolo del salotto della vedova Catani, Roberto e la signorina Tilde parlarono fitti fitti più di due ore. Veramente il parlatore era stato Vignòli; la signorina si era limitata ad approvare con la testa, con qualche sì. Sembrava un po' sbalordita e sorrideva stupidamente.
— Ti ha detto, a quel che pare, tante belle cose! — fece la signora Catani.
— Mi ha parlato di microbi. Ne ha una gran paura, se ho capito bene.
— È un originale — cercò di scusarlo la vedova Catani.
Era, invece, un grande egoista. La signorina Tilde lo interessava fino ad un certo punto. Doveva essergli grata del servizio che le rendeva sposandola, se, con tutta la dote, non aveva ancora trovato, a venticinque anni, uno straccio di marito. La dote, per lui, valeva fino ad un certo punto. La signorina era poi di quelle creature non belle nè brutte, che sembrano condannate a invecchiare prima del tempo. Senza di lui, forse sarebbe rimasta a marcire nella solitudine della sua casa... A lui importava soltanto di avere una persona fidata, affezionata, capace di secondarlo e di aiutarlo a mettere in atto il gran programma igienico che ormai era diventato una specie di ossessione, di fissazione se arrivava a non fargli capire che la signorina Tilde non sapeva qualche volta nascondere la noia, il fastidio di quella specie d'iniziazione ai misteri dei microbi.
Potremmo parlar d'altro — ebbe il coraggio di dirgli una volta sforzandosi di unire un bel sorriso a un gentile addolcimento della voce.
— Ma si tratta, cara, della nostra salute, della nostra vita! — rispose Vignòli maravigliato. — La salute è la suprema ricchezza di questo mondo... E bisogna ingegnarsi di vivere quanto più si può, perchè una volta che si è morti, si è morti per sempre... Se è vero che uno scienziato ha scoperto il rimedio per non invecchiare, per campare quanto Matusalemme, sarò tra i primi a procurarmelo, anche per voi. Non sareste contenta di vivere cento, duecento, mille anni?
Glielo ripeteva spesso, a proposito e a sproposito.
— Non so — aveva risposto ingenuamente la signorina. — Campare così a lungo:.. mi fa paura.
— Ma è vero — gli domandò la Catani — che non farete il viaggio di nozze?
— Verissimo — confermò Vignòli. — Dobbiamo trascinarsi in luridi vagoni ferroviari, in più luridi alberghi, in ristoranti micidiali, quando, invece, potremo passare la cosidetta luna di miele in casa nostra, con tutti i comodi, con tutti i riguardi, lontani da ogni pericolo di infezioni inevitabili?
— Ma gli altri, dunque?
— Gli altri sono padronissimi di buttar via la loro salute, la loro vita. Per me, c'è un ostacolo: la Scienza!
Arrivò un momento che la signorina Tilde mostrò vivissima esitanza davanti al terribile programma igienico del suo futuro marito.
— Sposalo, sciocchina! — le aveva detto la vedova Catani. — Dopo ne farai quel che vorrai. Gli uomini? Non valgono un capello di donna.
Luna di miele, oh, no davvero!
La signora Tilde, dapprima aveva sorriso di tutte quelle minuziose pratiche di disinfezioni che suo marito voleva eseguite da mattina a sera. Non bisognava fidarsi delle persone di servizio che non capiscono niente, e, pur di scansar un po' di fatica, non badano se la salute e la vita degli altri vengono messe in pericolo.
Ieri, soluzioni di sublimato dappertutto, a portata di mano: oggi, soluzioni di lysoformio, più efficaci e niente pericolose. I giornali, la Scienza — diceva Vignòli — erano concordi nel proclamarlo.
Certe volte, però, sembrava che egli stesso provasse stanchezza di tutta quella meticolosità di precauzioni, specialmente quando tornava a casa con l'entusiasmo delle notizie meravigliose apparse nelle Cronache scientifiche dei fogli. Raramente egli diceva: giornali.
— Ah, la Scienza! Ah, la Scienza!
Sua moglie per poco non si figurava che la Scienza fosse una persona. — Non poteva occuparsi di cose più importanti codesta signora? — le accadeva, talvolta, di pensare.
— Ah, la Scienza, cara mia! Se tu sapessi quel che ci sta preparando! Niente cucina, niente cuoche, niente pranzi!
— Quasi. Ogni cosa mangiabile sarà ridotta in pilloline, in minuscole tavolette. Basterà ingoiarle, scioglierle in bocca. Figurati che una bistecca consisterà in una pillola non più grossa di una capocchia di spillo! Mezzo pollo arrosto, in una pasticca come quelle che si prendono per la tosse! Sei contenta? Tutto sarà semplificato in famiglia. Specialmente ora che la Scienza... Ah, la Scienza! Ah, la Scienza... viene a rassicurarmi un po' intorno ai microbi. Dopo di aver scoperto i cattivi...
— Poteva farne a meno!...
— Non dire cosi, cara... Dopo di aver scoperto i cattivi, ora viene ad annunziarci che ci sono anche i benèfici, i quali combattono per noi.
— Allora è inutile affaticarci...
— Non correr troppo.
Se egli avesse saputo che sua moglie non poteva sopportare l'acqua bollita e beveva la deliziosa Acqua Marcia come sgorgava, limpida e fresca, dal rubinetto di cucina! Se egli avesse saputo che il gran consumo di soluzioni di sublimato, e poi di lysoformio non proveniva dall'ampio uso ch'ella ne faceva, secondo le insistenti raccomandazioni di lui, ma dall'essere, in maggior parte, buttate via nello acquaio con la complicità della donna di servizio!
E per ciò ogni volta che lo vedeva tornare in casa col solito ritornello: — Ah, la Scienza! Ah la Scienza! — la signora Tilde stava ad ascoltarlo aria tra annoiata e canzonatoria.
— Figurati, cara Tilde: neppur pillole, nè pasticche! Scosse elettriche, piacevolissime, qua, là, secondo il bisogno; e il corpo si nutrirà da sè, con le sue secrezioni chimiche. Ah! Quando penso ai panettieri, ai macellai, ai fruttaioli... e anche ai farmacisti!... C'è tanti altri mestieri meno assassini!... E avremo il paradiso in terra!
— Quando?
— Presto. Saremo costretti a far l'impianto della luce elettrica. Servirà a doppio uso: a nutrirci e a illuminare. Ah! la Scienza!
Se non che, da qualche settimana, Vignòli sembrava preoccupato. Niente esclamazioni; niente annunzi di mirabolanti scoperte, E, sopratutto, niente raccomandazioni, niente sorveglianza specialmente in cucina!
Che cosa avveniva?
La sua grande fede nella Scienza era scossa, dopo quel che aveva letto giorni addietro, e quasi non avea creduto ai suoi occhi!
— Come? Prima, tutto cotto, bollito e ribollito, e ora, nossignore, tutto crudo, crudissimo, carne, verdura, ogni cosa! A chi credere dunque? Ci sono forse due Scienze, una che dice: Bianco, e l'altra che grida: Nero? E certe ragioni gli sembravano convincenti. Se fosse indispensabile la cottura dei cibi, la provvida Natura li avrebbe creati belli e cotti. Gli animali invece, cioè gli esseri più immediati alla Natura, divorano carne cruda, verdura cruda, e non hanno bisogno di ricorrere a medici nè a speziali. Non te lo nascondo — si rivolgeva alla moglie — la carne cruda mi ripugna. Pensando che dovrei sentirmi scorrere ai lati della bocca il sangue della bistecca, del filetto, del pollo... Oh! E passi per certe verdure, come la lattuga, la indivia, il radicchio; si possono sopportare. Ma il resto? I cavoli, per esempio... Forse, abituandosi... Giacchè questa è l'ultima parola della Scienza! Dice che il meglio delle uova è il guscio. Come si fa a masticarlo? Vedrai — inventeranno una macchinetta per stritolare i gusci delle uova, e renderli facilmente mangiabili.
— Ma in questo caso — disse la signora. Tilde — quando la nostra gallina nera si mangia l'uovo da lei fetato — al mio paese si dice così — per istinto dovrebbe mangiarselo col guscio e non lasciarlo vuoto nel corbello. Non gliel'ha ispirato la Natura che il guscio è il meglio dell'uovo?
— Ah, la Scienza, cara mia! Ah, la Scienza!
Questa volta Roberto Vignòli non pronunziò la abituale esclamazione con accento ammirativo, ma (se non come un lamento di disinganno) come un dimesso rimprovero di persona umile e sottomessa.
— Senti gli disse la signora Tilde. — Io non ne posso più con la tua Scienza! Se tu pensassi piuttosto a volermi un po' di bene, di farmi accorgere che me ne vuoi, perchè non viviamo qui, uniti da due anni, senza che qualcosa si sia prodotta nel tuo e nel mio cuore! E se questo discorso non ti va, facciamo una cosa: dividiamoci d'accordo, come due che hanno tentato una speculazione insieme e non sono riusciti. Ci siamo ingannati? Ripariamo allo sbaglio. Sarà meglio per te e per me.
Vignòli guardava sua moglie con immenso stupore. Era la buona, la sottomessa, l'umile Tilde che gli parlava così?
— Ci siamo ingannati? Ripariamo allo sbaglio.
Ma lo sbaglio era tutto suo; gli appariva limpidissimo in quel momento. Come non se n'era accorto finora?
Una grande commozione lo vinse, un rossore gli invase la fronte e le gote.
Stese una mano alla moglie, quasi vergognoso di quell'atto e disse:
— Ricominciamo da capo? Vuoi, Tilde? Vuoi?
Si vide abbracciato e baciato come non gli era accaduto neppur nel mese della luna di miele.
E dovette fare proprio uno sforzo per non gridare: