Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
Il mulo di Rosa
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PARTE SECONDA

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PARTE SECONDA

 

Salotto in casa dell'avvocato don Nele Capra. Uscio in fondo; balcone a sinistra. Fra l'uscio e il balcone, nell'angolo, vecchio sofà con due poltrone ai lati. Alle pareti, litografie colorate, in cornici nere, rappresentanti L'Aria, L'Acqua, Il Fuoco, La Terra. A sinistra, uscio di entrata. Tra i due usci, consolle con piccoli candelabri di rame dorato, due vasi di porcellana con fiori di carta sotto campane di vetro. In un angolo della consolle, due scatole con dolci. Seggiole.

 

(Donna Lorenzina seduta su la poltrona. Porta, modestamente, un abito di mussola scura, a fiorellini rossi. Rosa, con lo scialle di lana grigia abbassato su le spalle, siede sur una seggiola di faccia a lei. Menico, in piedi, dietro la spalliera della seggiola di Rosa).

Donna Lorenzina. Via, chetatevi, non piangete più! Si farà quel che si potrà.

Rosa. Vorrei vedere voscenza, se venissero a portarle via il figlio.

Donna Lorenzina. Ma quello è proprio figlio mio.

Rosa. E questo è figlio del mio cuore! Ah! Il Signore dovea farmi rompere una gamba, o mandarmi una febbre maligna il giorno che siamo andati a Caltagirone. La colpa è mia. Io glielo misi in testa a mio marito: — Pigliamoci un trovatello, poiché il Signore non vuol consolarci con un bambino o una bambina! — Egli diceva: — Aspettiamo. San Giuseppe ci farà il miracolo! — Si è visto che razza di miracoli sa fare!

Donna Lorenzina. È vero che avete buttato giù dalla finestra il quadro del Patriarca? Dovete confessarvene.

Rosa. Non è vero, eccellenza! Ma quel giorno, se lo avessi avuto tra le ugne, chi sa che cosa ne avrei fatto! Voscenza ride, perché non può immaginarsi il dolore che sento! ... Mi par di ammattire.

Donna Lorenzina (a Menico). Voi, omo, dovreste persuaderla voi!

Menico. Signora mia! Io gli voglio bene più di essa a quel ragazzo!

Donna Lorenzina. Ma a prendervela coi santi che concludete? Devono fare miracoli per forza?

Rosa. Per questo sono santi su l'altare! Che stanno a farci in Paradiso, se non aiutano i loro devoti? Le messe, le vogliono! Le feste, le vogliono!

Donna Lorenzina. Non parlate così, comare Rosa!

Rosa. La vampa del cuore mi fa sparlare! Che cosa dice il signor avvocato? Ci buone speranze? Lui deve farlo quel miracolo che non ha fatto San Giuseppe!

Donna Lorenzina. Ma, con la legge, figlia mia...!

Rosa. Lasci stare la legge, voscenza! La legge deve comandare cose sante e giuste!... Perché ha mandato a chiamarci il signor avvocato? Parli, voscenza!

Donna Lorenzina. Che ne so io?

Menico. Io glel'ho già detto al signor avvocato. Quel che si dee spendere si spenda. Ci venderemo fin la camicia d'addosso! La roba, come l'ho fatta coi miei sudori, posso tornare a rifarla. Ma il ragazzo... — niente, signora mia! — deve rimanere con noi. Dov'è il signor avvocato?

Donna Lorenzina. Verrà tra poco. Ha gente nello studio. Non gli dànno requie da mattina a sera.

Rosa. Ma già, voscenza, solamente col sentirne ragionare, deve saperne più di un avvocato. Io voglio morire col campanone. Se il pretore ci torto — sono giudici tutti e due; si annusano e si aiutano tra loro! — ricorro al Tribunale; e poi alla Gran Corte, e poi più in su, sino a buttarmi ai piedi di Sua Maestà!

Donna Lorenzina (sorridendo). Tutto quest'animo avete?... Ma qui non si tratta di roba in lite, di quattrini prestati. Il padre viene, con gli incartamenti, e si riprende il figliuolo.

Rosa. E non dobbiamo vederle coteste carte? Se sono falsificate?

Donna Lorenzina. Come può essere? Che ne sapeva lui, a Caltanissetta, che il ragazzo si trovava presso di voi?

Rosa. Per questo, a Caltagirone, vollero nome e cognome! Quelle sorelle, come le chiamano, che sembravano tante sante spiccicate dal muro!... E ci preparavano il tradimento! Non si sa più da chi dobbiamo guardarci a questo mondo!

Menico. E se noi rispondessimo che il bambino è morto? Ne muoiono tanti, con queste femminacce che se li prendono per speculazione, per la mesata, e li lasciano perire di fame! Se rispondessimo che è morto?

Donna Lorenzina. Ci vuole la fede di morte.

Rosa (insinuante). Qui si vedrebbe l'arte del signor avvocato! Coi suoi modi, dando lo sbruffo a certi impiegati...

Donna Lorenzina. Non ci mancherebbe altro, per andarsene diritto diritto in galera! Volete un buon consiglio? Dategli il bambino, e prendetevene un altro: per voialtri è lo stesso.

Rosa. Parla bene, voscenza! Ma per noi, è finita. Mommuccio è assai più di un vero figlio per noi. C'è riuscito proprio come lo desideravamo. È impossibile trovarne un altro simile... Già, io ho fatto dire tre messe alle Anime Sante del Purgatorio. Mi rassegno a saperlo in Paradiso, piuttosto che in mano dello svergognato che afferma di essere il padre. Meglio morto! E se non c'è rimedio, voi dovete farmi questa grazia, voi, Anime Sante del Purgatorio! Almeno, se devo piangerlo...

Donna Lorenzina. Bell'amore gli portate!

Menico. La disperazione la spinge a parlare così!

(Entra l'avvocato don Nele Capra. Vestito da casa, con papalina di velluto nero in capo, ricamata a fiori in seta, e uno scialletto scuro sulle spalle a mo' di plaid; in pantofole. Ha il tic di stropicciarsi continuamente le mani mentre parla).

Menico. Oh! Ecco il signor avvocato! Voscenza mi benedica.

Rosa (rizzandosi da sedere). Voscenza mi benedica. Ai suoi comandi.

Don Nele. Sentite comare Rosa. Io ho poco tempo da perdere. Non so più che cosa dire e che cosa fare per convincere voi e vostro marito. Ho messo in opera tutto quel che ho potuto. Il padre è ostinato: vuole il figlio. Possiamo dargli torto?

Rosa. Dunque non c'è legge per noi?

Don Nele. C'è la legge e per tutti. Fate conto che il caso fosse accaduto a voi, che foste stata voi e vostro marito... prima di sposarvi... Accade. C'è tanta gente che ha fretta, e imbastisce un figliuolo prima di essere legalmente marito e moglie. Dovevate strozzarlo, come certe disgraziate? E lo metteste alla rota... Oggi non c'è più rota... Lo portaste ai trovatelli. C'è intanto una che se lo è preso e gli ha posto affezione come mamma. Che direste voialtri, se non volesse rendervelo? Glielo levereste per mano della giustizia.

Rosa. Voscenza non deve imbrogliarci. È avvocato, e volta e rivolta la legge come gli fa più comodo. Chi l'ha fatta cotesta legge? Il re? Vuol dire che il re non ha figli, se no avrebbe ordinato: — Chi mette un figlio alla rota sia condannato a morte! — Questa sarebbe la giusta legge.

Don Nele. Se ognuno potesse farsela a modo suo!

Menico. Il re che l'ha fatta può mutarla; il re è padrone.

Don Nele. La legge ora non la fa più il re, di testa sua. La fanno i deputati al Parlamento.

Rosa. E noi andremo dal deputato! Andremo a piangergli ai piedi, fino a spietrargli il cuore! Chi è il deputato? Dove si trova?

Don Nele. Sono più di cinquecento.

Rosa. E fanno queste belle leggi? Che cosa sono? Bestie feroci? Che cosa sono? Turchi? Nemmeno tra i turchi c'è una legge come questa!

Don Nele. Intanto vi do la notizia che il padre è arrivato.

Rosa. Dov'è? Gli strappo gli occhi!

Menico. Madonna santa! È arrivato?

Don Nele. Dobbiamo fare burattinate? Dobbiamo dar da ridere alla gente? Dove l'avete nascosto il ragazzo? Andate a prenderlo e conducetelo qui.

Rosa (risoluta). Non ne so niente, eccellenza. È sparito! Vada a cercarlo suo padre! Don Agrippino Branca lo diceva: — Fategli opposizione sùbito! — Se padre Benedetto non ci avesse sconsigliati!... Dicono che quegli è un imbroglione; ma imbroglia e disbroglia, gli affari li mena bene. Voscenza se ne viene con la legge!...

Donna Lorenzina (scattando). O che? Mettete mio marito alla pari di don Agrippino Branca? Per chi lo scambiate? (A don Nele) Lasciali andare; non te ne mischiare più!...

Menico (a donna Lorenziana). Voscenza deve scusarla!...

Rosa. Ma dunque a chi ho da credere? Quegli mi dice una cosa, (all'avvocato) voscenza me ne dice un'altra. Parli chiaro, voscenza! ... Forse perché non abbiamo portato l'onorario? Voscenza ci conosce, siamo del vicinato. Se voscenza ci avesse detto, a me o a mio marito: — Portatemi due once, tre once, cinque once... — che so? Ci saremmo salassati da tutte le vene. Se è per questo...

Don Nele. Vi compatisco. Qui non si tratta di causa, di processo. Si tratta di semplice consiglio; e per rendere un servigio a voi, a vostro marito... e pure a un amico...

Menico (sospettoso). Dunque quel signore.., è amico di voscenza?

Rosa (al marito). Lo vedi? Noi siamo contadini, siamo poveretti; l'amico invece è giudice di Tribunale!

Donna Lorenzina (scattando di nuovo). Che intendete di dire? Offendete le persone da viso a viso! (Al marito) Lasciali andare, ti ripeto. Non te ne mescolare più! (A Rosa e a Menico) Andate pure in cerca di don Agrippino Branca!

Don Nele (a sua moglie). Tu vàttene di . Sono io l'avvocato.

Donna Lorenzina. E ti lasci insultare da questi contadinacci che, mentre gli rendi un servigio, invece di ringraziarti...?

Don Nele. Vàttene di ! Non metter bocca, al tuo solito, dove non t'appartiene. Sono io l'avvocato!

Menico. O che si devono bisticciare per noi?

Donna Lorenzina (inviperita). No! no! Potete mettervi il cuore in pace. Il ragazzo dovete consegnarlo, con le buone o con le cattive. Come vi si dovrà dire più chiaro?

Rosa (contristata). Che male abbiamo fatto a voscenza, da rivoltarsi contro di noi?

Don Nele. La mia signora ha ragione. Vi si consiglia quel che dovete fare per scansare noie e fastidi, e per poco non sospettate che vi vogliamo mettere in mezzo. Che ce n'importa a noi del vostro Mulo?

Rosa. Mulo non gliel'ha a dire nemmeno voscenza!

Don Nele. Dite bene; non è più mulo, è legittimo come voi e come me. Dunque?

(Si ode rumore nell'anticamera. E Cecco che urla a modo suo quasi abbaiando. L'avvocato si affaccia all'uscio).

Don Nele. Che c'è? Brigadiere, entrate!

(Entra il brigadiere dei carabinieri trascinando per un braccio Cecco che si dibatte e grida).

Brigadiere. Scusi, signor avvocato!

Cecco (balbettando, dalla rabbia). Lui! Lui!... Vuole Mommuccio! Lui! Vuol legare Mommuccio!

Menico (accorrendo e togliendogli Cecco di mano). Con chi si mette brigadiere? È scemo; non sa quel che fa. (Tenta di acchetare Cecco e di farlo star zitto).

Rosa (al brigadiere). Son qui, se cercate me!

Brigadiere. Appunto! Cerco voi e vostro marito. Dov'è il ragazzo? (Accennando a Cecco) E quello s'è messo a gridare e a sputarmi addosso...

Rosa. Ha fatto bene! Che pretende vossignoria?

Don Nele (interponendosi). Ecco qua, brigadiere. Noi stiamo cercando il mezzo di far tutto con le buone. Voi avete avuto ordini dal pretore, mi figuro. Non c'è bisogno di usare la forza. Garantisco io.

Brigadiere. Il ragazzo è qui? Il padre...

Don Nele (sottovoce, al brigadiere). È pure qui! Povera donna! Bisogna compatirla. L'ha allevato otto anni! Glielo faccio consegnare io. Voi potete andarvene.

Brigadiere. Quella donna è impertinente assai! Avvocato, io fido nella sua parola. Lei lo sa: con gli ordini del pretore non si scherza.

Don Nele. Qua; vi do la mano! A rivederci.

Brigadiere (a la signora Capra). Oh! Scusi, signora! Non m'ero accorto...

Donna Lorenzina. Caro brigadiere, combattiamo con certe teste! Vi saluto.

(Cecco, vedendo che il brigadiere sta per andarsene, ricomincia a urlare e a sputarlo. Menico lo rabbonisce. Il brigadiere esce).

Don Nele (a Rosa che ammanta in fretta e in furia lo scialle). Dove andate?

Rosa. Se va a sfondare la porta!

Don Nele (la trattiene). Non abbiate timore! Piuttosto riflettete (a Menico) — e mi rivolgo pure a voi che siete omo e dovreste essere più ragionevoleriflettete che il padre può darvi querela di sequestro di persona. E ci guadagnerete questo: voialtri in prigione e il ragazzo a chi si deve! Ascoltate. Il padre è arrivato ier sera. Mi ha portato una lettera d'un mio amico. Ora vi faccio parlare con lui.

Rosa. Ah, signor avvocato! Ci vendete così! Che scelleraggine!

Don Nele. Vi lascio dire!

Menico (abbattuto). Dunque non c'è rimedio?

Don Nele. Che rimedio volete che ci sia? Lo chiamo? È un galantuomo. Ha pianto come un bambino. È dolente anche lui, di dovervi togliere il ragazzo. Ma ora che si è messo in grazia di Dio, ora che ha potuto sposare la madre del ragazzo...

Rosa. E se lo facciano un altro, ora che sono in grazia di Dio! Se lo facciano!

Don Nele. Non occorre che glielo diciate voi. Mi fate ridere senza che n'abbia voglia. Andate a prendere il ragazzo. Non deve neppur vederlo? E vi prometto... che ve lo faccio lasciare... per un po' di tempo.

Rosa (straziata). Devo consegnarglielo con le mie stesse mani! Vo' a buttarmi nel pozzo piuttosto!... Io e il bambino!

Menico. Rosa! Figlia mia!... Facciamo la volontà di Dio!

Rosa (a don Nele). Per quanto tempo ce lo lascia?

Don Nele. Per quel tempo che volete!

Rosa. Voscenza non deve dirmelo per lusinga. Deve giurarmelo per l'anima della sua mamma che è in Paradiso!

Don Nele. Ve lo giuro! Andate a prendere il ragazzo.

Rosa (singhiozzando e strappandosi i capelli). Figlio mio! Figlio del cuore mio! Non ti vedrò più!

Donna Lorenzina. Gli fate il pianto come a un morto! Gli buttate la iettatura!

Rosa (agitatissima). Figlio mio! Figlio del cuore mio! E ora tutte quelle vicinacce, tutte quelle male femmine che non potevano soffrirlo, invidiose, infamacce, ora ingrasseranno dalla contentezza, ora che mi vedono piangere.

Don Nele. E voi non gliela date questa sodisfazione! Ora non possono più dirgli: Mulo! mulo! al ragazzo. Ora egli vale più di loro, figlio di un giudice di Tribunale; potete gridarglielo in viso!

Menico (dolente ma rassegnato). Dice bene il signor avvocato... Rosa! Figlia mia, facciamo la volontà di Dio! Andiamo a prendere il ragazzo. Non piangere! Giacché non può essere diversamente! ... Dice che ce lo fa lasciare... per qualche tempo ancora. Via, figlia mia! Usciamone!

Don Nele. Non dubitate! Quel che voialtri avete fatto mostra il gran buon cuore, la grande carità che avete avuto! Non dubitate. Sapete che cosa mi diceva il cavaliere poco fa? — Li tratterò più che da parenti con tutta l'affezione e tutti i riguardi che meritano —. Parole consacrate! Che può dirvi di più un galantuomo?

Menico (a Rosa, quasi trascinandola per mano). Andiamo a prendere il ragazzo. (A Cecco) E tu vien via e sta cheto!

(Escono, mentre Cecco, con gesti e parole smozzicate, ripete minacce e sputi).

Donna Lorenzina. Io a cotesti contadinacci gliel'avrei fatto veder bella, con tanto di querela per sequestro di persona!

Don Nele. Va bene: quando sarai avvocatessa...

Donna Lorenzina. Il Signore ha sbagliato! Doveva dare i calzoni a me e la gonna a te!

Don Nele. Va benissimo. Intanto vàttene di .

Donna Lorenzina. Vo vedere come finisce. Credi tu che condurranno qui il ragazzo? Andranno a nasconderlo che sa dove! I contadini sono più furbi del demonio!... Poichè ci s'era messo il brigadiere, dovevi lavartene le mani, invece di stropicciartele come fai! Se la sbrigavano loro! Scommetto che ora non ti diranno neppur grazie! Ed è una settimana che perdi le giornate per essi. E se li pregherai: — Portatemi un carico di legna —, ti lasceranno cantare!

Don Nele (seccato, per tagliar corto lo sproloquio della moglie apre l'uscio di fondo e chiama). Cavaliere!

(Entra il cavaliere Gioia. Occhiali d'oro a capestro, barba alla austriaca, soprabito chiaro).

Cavaliere. Sono già andati via?

Don Nele. Torneranno sùbito col ragazzo. C'è corso poco che il pretore non guastasse ogni cosa. Avea dato ordine al brigadiere... E ne sarebbe nato uno scandalo, col castigo di Dio che abbiamo in questo paese!... Ci sono quattro studentucoli che fanno i giornalisti, essi dicono, e mandano corrispondenze a La Sicilia, al Corriere di Catania. Non ci si può soffiare il naso senza che questi signori, subito, ... Non hanno altro da fare, e rompono le scatole alla gente, scrivendo tutte le minchionerie che accadono, facendo spesso del male inconsapevolmente. (A sua moglie) Capisci ora perché ho preso con le buone comare Rosa e suo marito?

Cavaliere. Anche la signora si è interessata di me?... Deve scusare il disturbo...

Donna Lorenzina. Io, caro cavaliere, non ho troppa pazienza con le cose storte. E poi, voi non sapete! Quella donna ha una lingua, una lingua!

Don Nele. Io l'ammiro. Quando diciamo che i contadini sono selvaggi!... Eh via! Ignoranti sono, caso mai, e la colpa non è di loro, ma buoni. Lo hanno adorato il vostro ragazzo. Accadeva un battibecco ogni giorno, se qualcuno lo ingiuriava: — Mulo!

Cavaliere (commosso). È stata una fortuna per mio figlio.

Don Nele. Eccoli! Fingete di non sentir niente di quel che scappa di bocca alla poveretta. L'affezione e il dolore la fanno sragionare!

(Entrano zi' Menico e Rosa, tenendo per mano Mommo. Trovandosi faccia a faccia col cavaliere Gioia, restano sbigottiti, non sanno che cosa dire. Il cavaliere è turbatissimo. Rosa bacia e ribacia Mommo stringendoselo al seno).

Cavaliere (balbettando). Io vi ringrazio...

Rosa (scattando). Ott'anni non lo avete cercato! Non vi è importato di sapere se era vivo o morto! E ora, tutt'a un colpo... Vediamo se il bambino vi riconosce per padre! Guarda, figlio mio, costui è lo scellerato ch'ebbe core di metterti alla rota!

Cavaliere (quasi singhiozzante). Signora mia, se sapeste... per quali tristi circostanze...

Rosa. Ho buttato tante lagrime, che più non mi riesce di piangere! L'ho allevato col fiato! Il nostro non era nostro; tutto per lui! Quando ebbe la tosse convulsiva e mi pareva di dovermelo veder soffocare tra le braccia, quindici nottate senza chiudere occhio! E quando lo colse la rosolia — ne perivano tanti! — il medico tre volte al giorno in casa nostra. E dopo che l'abbiamo cavato di pene... Se aveste un po' di coscienza, signor cavaliere...!

Don Nele. Zitta, comare Rosa! Il cavaliere sa tutto... Lasciate fare a me! Vien qua, Mommuccio! Questo qui è tuo padre!... Baciagli la mano!

Mommo (facendo spallucce, a testa bassa). Io, no!

Don Nele (prendendo una delle scatole di su la consolle, aprendola e mostrando i dolci). Guarda quante belle cosucce ti ha portato! E queste son niente!... Baciagli la mano!

Mommo (c. s.). Io, no!... O che ho due padri?... Questo non lo voglio!

Don Nele (al cavaliere che si copre desolatamente la faccia con le mani). Cavaliere!.. È naturale; non vi ha mai visto finora!

Rosa (mandando baci con la punta delle dita a Mommo). Figlio mio buono! Figlio mio bello!

Don Nele. Dunque fissiamo così, cavaliere. Per ora il ragazzo resta qui... un mese, due mesi.

Rosa (intenerita). E la mamma?... Non vuol vederlo la sua mamma?

Don Nele. Vedete quanto siete buona? Lo accompagnerete voi, fino a Caltanissetta! Per la spesa, pensa il cavaliere. E poi ve lo riporterete un'altra volta qui.

Menico (al Cavaliere). Voscenza deve mandarcelo almeno una volta all'anno, per la villeggiatura!

Cavaliere. Certamente! certamente!

Rosa (smaniando). Mi sembra di venderlo, povero figlio!... Non so neppur io come mi son lasciata persuadere!... (Al Cavaliere) Voscenza mi ha fatto pietà. Mommuccio, baciagli la mano a questo signore. (Mommuccio eseguisce e Rosa lo bacia ripetutamente). Figliuolo obbediente!

(Il Cavaliere, con le lagrime a gli occhi, abbraccia Mommo).

Donna Lorenzina. Fate piangere anche me!

Don Nele (alla moglie). Vedi come si aggiustano le facende? Sempre con le buone. È il mio sistema.

Menico (asciugandosi gli occhi, a Rosa). Leviamo l'incomodo al signor avvocato.

Don Nele. Che incomodo! Sono proprio contento. Per oggi resterete a desinare con noi; festeggeremo Mommuccio!

Cavaliere. Grazie, avvocato! (Prende l'altra scatola di dolci e, mostrandola aperta a Mommo, dice:) Questi dolci te li manda la mamma!

Mommo (afferrandosi alla gonna di Rosa). Qua è la mia mamma!

Rosa (abbracciandolo e baciandolo con trasporto, risolente dalla gioia). Tieni, figlioletto mio! Queste parole mi compensano di tutti i pianti che ho fatto!


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