Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
Novelle
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SCIMMIOTTO.

UN PICCOLO «FREGOLI».

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UN PICCOLO «FREGOLI».

Parlando del loro figliuolo, il babbo signor Marlani, vi soleva sempre aggiungere:

– Quel diavolino di Romolo!

Invece, la mamma, quasi avesse scrupolo di adoperare questa parola, credeva di attenuarne il significato, dicendo:

– Quel demonietto di Romolo!

Diavolino o demonietto, egli era un ragazzo indomabile, e teneva a rumore la casa da mattina a sera.

La signora Marlani lo avrebbe mandato volentieri a scuola. Ma, intorno a questo punto, le idee di suo marito erano opposte a quelle di lei.

Egli stimava non igienico costringere un bambino di sei anni a respirare per lunghe ore l'aria viziata della scuola, seduto immobile su la dura panca, mentre avrebbe voluto correre, gridare, stancarsi anche per rafforzar meglio e sviluppare gambe, braccia e polmoni.

Ed era uno dei pochissimi screzi della loro tranquilla vita coniugale. Avevano, però, la prudenza di non discutere di questo in presenza del ragazzo.

Del resto, Romolino – lo chiamavano anche così – era forte, sano, con folti capelli neri, carnagione bruna, e statura che lo faceva apparire di almeno otto anni; e ne aveva compiuti appena sei.

La signora Marlani, parlandone con le sue amiche, soleva dire, scherzando:

– Non posso supporre che me l'abbiano cambiato a balia, perchè l'ho allattato io; ma non somiglia affatto a suo padre a me.

– Oh! Al signor Marlani no, certamente! – rispondevano le amiche.

Alludevano al carattere flemmatico di lui che non si scaldava per niente, neppur per mangiare le pietanze che gli si freddavano davanti.

Soleva dire:

– È inutile aver fretta. Tutto arriva quando deve arrivare. Bisogna prender le cose per il loro verso.

E applicando queste sentenze al figliuolo, soggiungeva:

Perchè vorremmo vederlo invecchiare prima del tempo? Oggi fa il diavolo a quattro, ma domani si annoierà di quel che ora gli piace.... Dunque....

Discorri bene tu, che stai quasi tutta la giornata fuori di casa! Ma io, quando è sera, ho già il capo come un cestone!

Meno male che sua moglie aveva la precauzione di dire: quasi! Invece, egli si compiaceva dell'estrema vivacità del figliuolo, e talvolta arrivava fino a giocare bambinescamente con lui, contribuendo a metter sossopra le stanze, spostando seggiole, tavolinetti, libri, cuscini di canapè o di poltrone, trascinando fin pel salotto granata e stracci di cucina.

– Per impedirgli di far peggio! – si scusava.

La verità era che nessuno di loro due si sdegnava seriamente dei capricci del bambino, e che finivano spessissimo con riderne e incoraggiarlo a far peggio, se fosse stato possibile.

C'era, poi, il Nonno, vecchietto pieno di acciacchi, venuto ad abitare in casa del figlio dopo la morte della moglie, che aveva pel nipotino più indulgenza di tutti.

Appena alzato da letto, il signor Italo andava a sedersi al suo solito posto, in sala da pranzo, per prendere il caffè e latte coi biscotti. Vi andava tossicchiando, lamentandosi un po' dei dolori reumatici a una gamba, e Romolo, che gli voleva bene, non mancava mai di accompagnarlo, domandandogli:

– Ebbene, Nonnino, come va oggi?... Brù! Brù! Brù! Ahi! Ahi! Ahi!...

Gli faceva il verso, senza irreverenza, senza malizia, tossicchiando, lamentandosi, con una mano al ginocchio addolorato, lievemente zoppicando. E lo imitava così bene che il vecchio, tossendo: Brù! Brù! Brù! e sospirando Ahi! Ahi! Ahi! per poco non pareva che facesse il verso al nipotino.

E che non se lo aveva a male lo dimostrava dandogli uno o due biscotti, che quegli fingeva di rifiutare:

– No, Nonnino: sono per te. Ho già avuto la mia parte!... Vedi? Mangiando, la tosse ti si calma e, mi sembra, anche il dolore.... Non dovresti mai smettere.

Povero vecchietto! Come non ridere a quell'uscita?

Imitava anche il babbo, quando, terminato di desinare, si preparava la pipa di terra cotta, ripulendola con uno stecchino, soffiando nella cannuccia per provare se tirava bene, ripetendo immancabilmente, dopo di averla caricata e di aver mandato fuori la prima boccata di fumo:

– Ah! La pipa di terracotta, è la miglior pipa del mondo!

Dovrò fare così, babbo, quando imparerò a fumare? – domandava sornionamente Romolino.

E ne ripeteva tutti i gesti, dal ripulire una fantastica pipa con un fantastico stecchino, dal batterla sul palmo della mano per vuotarla completamente, dal soffiare nella non meno fantastica cannuccia mostrando impazienza se non tirava bene, fino al riempire di tabacco la pipa, accenderla e mandar, gonfiando le gote, una boccata ideale di fumo, e poi imitare perfettamente l'esclamazione del babbo:

– Ah! La pipa di terracotta, è la miglior pipa del mondo!

E non poteva tenersi dal riderne anche la mamma, che non amava molto l'odore – lei diceva il puzzo! – del tabacco.

Questa vivace facoltà di imitazione gli si andava svolgendo di più col crescer degli anni.

C'erano giornate che passava come in rivista tutti gli amici di casa; non ne dimenticava nessuno, cominciando dal dottor Paladini col suo ruzzolare le parole e il continuo ripetere: – Già! Già! Vedo! Vedo! –; dal cavaliere Speduglia che si passava a ogni po' due dita tra collo e colletto quasi si sentisse strozzare; dal canonico Rugghi che brontolava, simili a scongiuri, rauchi: – Bah! Bah! Bah! – seguiti da annusate di tabacco, sparse a metà sul petto della zimarra poco pulita; fino alle signore, le vecchie specialmente, come la Rigatti, che veniva, invitata o no, a desinare in casa Marlani a ogni primo di mese. Le mancavano parecchi denti, e non poteva parlare spedito. Ciò nonostante, chiacchierava, chiacchierava.

Romolino la rifaceva, che pareva di vederla oltre di sentirla:

– Non s'incomodi, cara amica!... Faccia come se io non ci fossi.... Ah, che buon odore dalla cucina!... No, no.... si segga prima lei... Bravo! Tu rimpetto a me! Che delizia queste lasagne!... Pasta di casa, si capisce!.... Grazie, cara amica!.... Non mi faccia mangiar troppo!.... Il dolce, sì!... Piace ai vecchi!... Ma anche a te che non sei vecchio... Ah, il caffè!... A casa, me lo preparo con le mie mani.

– E lasciala in pace, poverina! – lo sgridava la mamma. – Ti vuol bene....

– E io? – rispondeva il birichino. – Tanto è vero che, quando non è qui, faccio di tutto per rammentarmela!

Il giorno che tornò la prima volta dalla scuola, entrò in casa gridando dalla gioia:

Mamma! Babbo!... Figurati, mamma.... Il Maestro.... lungo lungo; pare una pertica! È magro, come se mangiasse una volta al mese!... Figurati, babbo!... Un vocione!... – Attenti!... Tu, Calandra, stai fermo!... – C'è uno che si chiama Calandra! – Attenti! – E batte sul tavolino con un regolo di legno. Dev'esser buono... A ogni po' ci chiama: – Figliuoli miei!... – Se avesse tanti figliuoli – siamo cinquanta, seduti fitti fitti nei banchi – che darebbe loro a mangiare?.... Quando tu andavi a scuola, Nonno, il tuo maestro era lungo così?

Piuttosto corto, e un po' gobbo.

– Che ridere, eh?

– No; anzi lo rispettavamo di più. E quando morì, tutta la scolaresca pianse. Ricordo che un giorno, mentre lui spiegava la lezione, avvenne una forte scossa di terremoto. Noi, spaventati, ci rizzammo in piedi, volevamo scappare. – Fermi! sedete! – egli gridò. – E, noi, tutti a sedere, fermi, come se la scossa non continuasse. E fu bene, perchè, proprio davanti all'uscio della scuola, venne giù mezza volta, e avrebbe ammazzato parecchi di noi.

A dieci anni, si era fatto un ragazzino robusto, alto, sempre allegro, studioso, intelligentissimo; e voleva guadagnarsi la medaglia di quell'anno.

Ma negli ultimi mesi, prima che cominciassero gli esami, non gli sfuggì che qualcosa di nuovo e di triste avveniva in casa sua.

Il babbo assumeva, di giorno in giorno, un aspetto sempre più rannuvolato: la mamma, quantunque si sforzasse di parere tranquilla, mostrava nell'insolito pallore e in una specie di smarrimento degli occhi che un dolore segreto l'affliggeva. Babbo, mamma e Nonno restavano spesso a confabulare sottovoce, cambiando evidentemente discorso se egli si avvicinava per ascoltare. E se gli passavano per il capo una bizzarria, un capriccio, l'idea di fare il verso a qualcuno, guardava la mamma, o il babbo e si sentiva morire lo scherzo sulle labbra.

Aveva domandato alla mamma:

– Che hai? Ti senti male?

– No, figlio mio! È la stagione. Fa troppo caldo.

Gli parve inutile interrogare il babbo. Si rivolse al Nonno, quasi scherzando:

Nonno, è male dir bugie, è vero?

Malissimo.

– Allora, tu devi dirmi la verità. Che hanno il babbo e la mamma? Mi paiono così afflitti...!

– Tanto, – rispose 'il Nonno, dopo un momento di esitanza – prima o dopo, dovrai saperlo. Disgrazie! Cose che accadono nella vita. Affari andati a male.... Una rovina inevitabile, per la buona fede di tuo padre, per la imprevidenza mia. Tuo padre e tua madre non si preoccupano del presente, ma dell'avvenire.... Del tuo avvenire.

– Ma che cosa è accaduto?

Bambino mio, è inutile spiegartelo.... Potrà darsi che dovremo abbandonare questa casa. Bisognerà lavorare per vivere. Tuo padre, fortunatamente, ha trovato un piccolo impiego.... Non dubitare: non moriremo di fame!

E il buon vecchio tentava di mostrarsi ilare.

Lavorerò anch'io! – disse Romolo. – Che potrò fare, nonno?

Andare a scuola, per ora, prender la licenza, e poi.... Ma, intanto, zitto! Non dovresti far capire alla mamma che già sai; e neppure al babbo.

– Sì, Nonno!

Ma, tutt'a un tratto, corse di , gettò le braccia al collo della mamma, baciandola furiosamente, balbettandoMamma!... Mammina! – accarezzandole i capelli e le gote. – Mamma!... Mammina! – E la mamma, stupìta non sapeva che rispondergli, stringendoselo al petto.

 

***

 

Ora, se diceva o faceva qualche piccola monelleria, era proprio uno sforzo della volontà. Non voleva affliggere la mamma, il babbo e il Nonno col mostrarsi seria persona anche lui; e se arrivava qualche volta a farli sorridere, n'era lieto e orgoglioso come di una buon'azione.

Evidentemente gli affari del babbo peggioravano. Se ne accorgeva da tante privazioni che i suoi genitori s'imponevano. Non più caffè dopo desinare col pretesto che quella bevanda alterava i nervi.

– E al Nonno non li altera?

– Il Nonno, ormai, vi e così abituato, che non può più  farne a meno.

Il babbo soleva deliziarsi con due magnifiche pipate a colazione e a desinare, oltre di quella durante la giornata; e ora si limitava a una fumatina sola, dopo di aver desinato.

Babbo, come mai fumi così poco?

– Ho letto in un giornale che la nicotina nuoce alla vista e alla gola, e anche all'intelligenza....

– Ma, in tanti anni....

Appunto.... Il vizio mi impediva di badarci.

– Il Maestro diceva ieri l'altro: – Quel che piace, per solito, non fa male. Non bisogna abusarne....

– Il lungo uso è un abuso.

Romolo non insisteva, ma sentiva una gran pena di quella nuova privazione del padre. E pensava:

– Appena guadagnerò dei soldi col mio lavoro, dovrò comprare tanti chili di caffè e di zucchero per la mamma e per il Nonno, e bei pacchetti di tabacco da pipa per il babbo che dovrà sfogarsi a fumare!

Notava altre privazioni a colezione e a desinare; pietanze diminuite, frutta strettamente calcolata; ma fingeva di non accorgersene, per non mortificare la mamma e il babbo. Notava che il povero Nonno andava giù, andava giù, di settimana in settimana, assumendo un'aria stordita, di sonnolenza, smarrendosi nel discorso, riprendendosi.

Dicevo.... Che cosa dicevo?... Ah!

E poco dopo, daccapo:

– Che cosa dicevo?... Ah!... Dicevo....

E qualche volta finiva con addormentarsi, per pochi minuti, destandosi tutt'a un tratto:

– Stavo per addormentarmi... Eh? Eh?

Allora Romolo tentava di tenerlo sveglio.

Nonno, vuoi che ti legga una fiaba?

– Ah!... Ne sapevo tante e bellissime io!... Ricordi? Te ne ho raccontate parecchie quando eri fanciullino....

Romolo si metteva a leggere ad alta voce; ma da a poco, il Nonno abbassava il mento sul petto e anche cominciava a russare.

Cattivi sintomi! – diceva il signor Marlani.

Cattivi sintomi! – ripeteva la moglie, impensierita quanto lui.

Infatti, un sabato, tornando da scuola, Romolo fu spaventato di trovar la casa piena di vicini che parlavano confusamente, donne la più parte.

Mastro Onofrio, il calzolaio di faccia, gli andò incontro dicendogli, credendo di rassicurarlo:

– Non è nulla!... Paralisi.... Un colpo!... Ecco qua il dottore.... Torno in bottega.... Se occorre, mi mandino a chiamare.

Il Nonno era disteso sul letto, con gli occhi sbarrati, fissi, con la bocca un po' contorta e un mugolìo nella voce invece di parole.

Nonno!... Nonno!... Non è morto, è vero, dottore?

– Non è morto, no; anzi accenna a migliorare.

La paralisi avea colpito maggiormente il lato sinistro, e lo stato del povero vecchio accennava, come aveva detto il dottore, a migliorare.

Lo vestivano, lo mettevano a sedere su una poltrona, lo lavavano, lo pettinavano, lo imboccavano; e quando Romolo era in casa, e nelle giornate di vacanza, specialmente, gli teneva compagnia, lo serviva come un infermiere, gli parlava per distrarlo, giacchè vedeva che capiva, quantunque non potesse spiegare una parola e mostrasse di spazientirsene.

In certi giorni Romolo provava l'illusione che il Nonno volesse divertirsi a rifar lui quand'era bambino. Pareva che avesse intenzione di dire una cosa allegra e la ripetesse, la ripetesse: ma, infine, accorgendosi di non riuscire, si metteva a singhiozzare, a piangere: Ihi! Ihi!... E il modo era così buffo, da sembrare che non piangesse, ma canzonasse qualcuno.

Romolo due volte era caduto in inganno. Credendo di fargli piacere, si era messo a imitarlo, ma poi avea dovuto avvedersi, da certi sguardi del malato, che aveva preso un abbaglio, e gliene chiedeva scusa.

Bravo! Così, Nonno!... Sorridi.... Il dottore dice che guarirai presto!...

Non era vero; ma Romolo pensava che era bene dir quella bugia. Poteva provocare uno sforzo nel malato....

Tanto più ch'egli mangiava avidamente; pareva non arrivasse a saziarsi mai.

La mamma, di tratto in tratto, veniva nella camera del suocero per dire a Romolo:

Va' in terrazza, a prender un po' d'aria.

Le pareva che il ragazzo dovesse soffrire in compagnia del paralitico.

Tre settimane dopo, Romolo salì gli scalini a due a due, diede una gran strappata al campanello ed entrò in casa come un furioso colpo di vento. Sventolava la pagella della ottenuta licenza, e annunziava:

Mamma, babbo!... La medaglia anche!... D'argento! E correva nella carriera del Nonno, strillando:

Nonno! Nonno! La medaglia d'argento! Hai capito Nonno?

E tornò dalla mamma.

Ora che ho la licenza, sai? posso impiegarmi facilmente.... Il babbo conosce tante persone.... Ne ho parlato al dottor Paladini.... – Già! Già.... Vedo! Vedo!... Una farmacia ti piacerebbe? – E il cavaliere Speduglia? per niente, e si passerà due dita tra collo e colletto anche per me. (Romolo fece l'atto).

Il meglio però, sarà far da .... Non ti pare, mamma? Andare da questo, da quel negoziante... Così mi vedono di persona.... E piangi per questo? Anzi dovresti rallegrarti!.... Quando porterò a casa trenta.... cinquanta.... cento lire al mese.... Corro troppo?

In quel punto entrava il signor Marlani:

– Che ha il piccolo Fregoli?

Gli dava spesso questo soprannome.

– Che ha? Signor babbo, ha già la licenza! Avrà poi, la medaglia di argento.... E sarà il caso di trovare un posticino.... come te! Ecco quel che ha!

Giusto.... ho avuto una promessa, ma....

– In una Farmacia?

– Che vuol dire?

– Me l'ha offerto il dottor Paladini.... Già! Già! Vedo! Dovrei pestar ràdiche, suppongo....

– Ah!... La licenza!... La medaglia!... E non abbiamo come festeggiarti, figlio mio!

– Come?... La mamma berrà.... una cosa che non beve da un pezzo, una bella tazza di caffè! Tu farai una pipatona.... ma di quelle! E Romolo starà a guardarli beato e contento!...

Così parlando, egli si accorse di un accenno interrogativo fatto dalla mamma con lo sguardo, e dalla triste risposta data dal babbo con un lieve segno di negazione.

– Come faremo? – domandò allora la moglie, non sapendo più contenersi.

Bisognerà pregare il canonico Rugghi; sono stato da lui, ma non era in casa, ho atteso una buona mezz'ora, pregando di calmare la bestia feroce del nipote.

Scrivigli! Andrà Romolo.... Non perder tempo.... Oh, Dio! Ci mancava anche questo!

– Se non è ancora tornato, attendilo, – raccomandò il signor Marlani al figliuolo nel consegnargli la lettera.

E quando Romolo fu andato via, il signor Marlani si lasciò cadere, scoraggiatissimo, su di una seggiola, esclamando pure lui:

– Ci mancava anche questo!

 

***

 

Un'ora di ansiosissima attesa!

Finalmente Romolo portò la risposta del canonico Rugghi, confortantissima. Cominciava: Quel bestione di mio nipote – e finiva: Lasciate fare a me!

Marito e moglie respirarono. Respirò anche il ragazzo, che, al suo solito, li fece ridere rifacendo i gesti e le parole del canonico:

Bah! Bah!... – e una gran presa di tabaccoBah! Bah!... Mio nipote.... bestia è nato.... e bestia morrà! Povero signor Marlani!... Non occorrerebbe di scrivergli. Bah! Bah! – e un'altra presa di tabacco; (pareva di vederlo!) Tu sei intelligente, e sapresti riferire la risposta.... Ma è meglio scrivere.... Bah! Bah! –– E l'ha scritta quasi abbaiando. L'ho ringraziato.... Per poco non risposi: – Grazie! Bah! Bah!

E corse dal Nonno. Era appisolato. Vedendolo immobile, con gli occhi chiusi e la testa rovesciata su la spalliera della poltrona, Romolo ebbe paura. Si accostò in punta di piedi, trattenendo il fiato, col cuore che gli balzava forte. Sentendolo respirare regolarmente, si sedette nella seggiola accanto e attese che si svegliasse. Lo covava con gli occhi, rispettosamente. Quel corpo inerte del buon vecchio, che gli aveva voluto tanto bene, gl'ispirava profonda pietà. Pensava alle parole che il dottor Paladini si era lasciato sfuggir di bocca:

– Una disgrazia può accadere da un momento all'altro!

Per questo Romolo aveva avuto paura, vedendolo con gli occhi chiusi e la testa rovesciata indietro.

E nell'attesa, pensava:

Domani mi metterò in giro per trovarmi un posto. Dal Farmacista non voglio andare; in un gran negozio di stoffe, o in quello di terraglie e di cristallami che ha le splendide vetrine, davanti a cui si ferma tanta gente. O nella Libreria Treves.... Ah, come starei , con migliaia di volumi sottomano!... O nella Succursale Sandron, che si trova più in .... Nonno! O caro Nonno!

Il paralitico aveva aperto gli occhi, e mugolava allungando le labbra in atto di chi vorrebbe bere.

– Hai sete? Ecco!

E gli presentava il bicchiere con un cannellino perchè potesse dissetarsi comodamente.

Nonno... sarò commesso in una Libreria.... Sei contento?... Sì? ... E potrò comprarti i cioccolattini che ti piacciono tanto.... Ora? No; domani.

Lo intendeva senza che il vecchio parlasse; bastava che lo guardasse negli occhi dove pareva gli si fosse raccolta ogni virtù della parola; tanto che la mamma lo chiamava in aiuto quando non riusciva a interpretare i mugolii del colpito.

La mattina dopo, Romolo accompagnò il padre all'Ufficio municipale, dove aveva ottenuto un impiego provvisorio, e, all'insaputa di lui e della mamma, voleva mettersi alla ricerca di un posto di commesso in qualche negozio.

Era uscito di casa con l'animo deliberato di non tornarvi prima di aver ottenuto qualcosa, una promessa, una speranza almeno, e portare alla mamma la lieta notizia.

Ma davanti alle grandi botteghe si arrestava, rimaneva ad ammirare le belle cose esposte nelle vetrine: stoffe, terraglie, cristallami, libri.... e poi passava oltre. Lo avrebbero preso, gli pareva, per uno straccione, che non avesse genitori, altri parenti che si occupassero di lui, e avea vergogna di presentarsi.

Aveva esitato più a lungo davanti alle vetrine della Libreria Treves, della Succursale Sandron. Come si sarebbe trovato bene tra quelle migliaia di volumi grossi e piccoli, con eleganti copertine illustrate, alcuni anche rilegati, che i commessi maneggiavano per presentarli ai compratori, e potevano sfogliare e leggere, se ne avevano voglia!

E lo disse al padre, a desinare. Il signor Marlani era tornato allegro dall'Ufficio.

Caro Romolo – egli disse – abbiamo finalmente qualcosa di meglio, di meno umiliante. Non dipenderemo da nessuno. Tra un mese, potremo aprire una bella Tabaccheria, ho avuto notizia, poco fa, della concessione ottenuta.... Ti prendo per commesso! – soggiunse ridendo.

E tu potrai fumare quanto tabacco ti parrà e piacerà? – domandò Romolo, battendo le mani. – Oh, come sono contento!... Anche la mamma starà al banco?

La mamma resterà in casa, da quella signora che è....

– Non mi parrebbe di degradarmi, se mai – soggiunse la signora Marlani. – Ci sono state Altezze Reali che si sono adattate a far le modiste!

 


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