Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
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IL CERCATORE DEL CONVENTO.

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IL CERCATORE DEL CONVENTO.

Nessuno più lo chiamava col suo nome di frate, dopo che padre Isaia, il guardiano, vedendolo tornare al Convento con le bisacce di tela bianca così ricolme da reggerle a stento, aveva esclamato, sorridendo:

– Ecco Fra Formica!

Il soprannome era meritato.

Da che fra Giuseppe era stato destinato a fare il cercatore, la cantina, la dispensa, il magazzino del Convento rigurgitavano di ogni grazia di Dio.

Gli altri frati e la gente finirono col chiamarlo a dirittura Fra Formica, ed egli ne godeva in gloria del Serafico San Francesco.

Per le vie i ragazzi gli correvano incontro gridando:

– Fra Formica, la polizzina!

Ed egli dava ai ragazzi, la striscetta di carta coi versetti per la Madonna, stampati. Bisognava dire un'avemmaria, avvoltolare la cartina e inghiottirla, perchè la Madonna li santificasse. Agli adulti invece dava una bella presa di quel suo tabacco che avrebbe risuscitato un morto; alle comari una figurina della Madonna, o di Santa Veronica Giuliani.

Alle signore poi recava in regalo, di tanto in tanto, un piattino di ulive bianche, condite in insalata e con erbe odorose, da far venire l'acquolina in bocca. E aveva per tutti un sorriso, una buona parola, un consiglio, una promessa di raccomandarli a Dio, alla Madonna dei Malati perchè li risanasse sùbito.

Vedendolo arrivare al Convento, rosso in viso, col sudore che gli gocciolava dalla fronte, pel peso delle bisacce portate in spalla, Fra Felice che badava alla cucina e al refettorio – e badava anche a papparsi i migliori bocconi e a bersi il miglior vino! – dava ad intendere al Guardiano che i migliori bocconi e il miglior vino li serbava sempre per Fra Formica.

– Se li merita, poveretto! Bisogna star sempre in forze pel suo ufficio di cercatore, e avere gambe di ferro per salire e scendere le ripide vie e le viuzze dei tre quartieri della città, o per fare a piedi la strada quando riconduce alla campagna la mula così carica che cavalcarla sarebbe crudeltà, quantunque mula con schiena d'acciaio!

 

***

 

Certamente Fra Formica non si lasciava patire, aveva bisogno di Fra Felice, o di altri; il padrone d'ogni cosa era lui.

Poteva avere in mano quante volte voleva le chiavi della cantina e della dispensa, dov'erano allineati i coppi d'olio, e le botti del vino; o pure la chiave del magazzino dov'erano ammucchiate in un canto forme di cacio e di ricotta salata, e da un cerchio di botte, appeso alla volta, ciondolavano salami e prosciutti di maiale, grosse pere di caciocavallo, e poponi nelle reticelle.

I frati però capirono presto che con quella buona pasta di Padre Isaia, il vero guardiano era proprio Fra Formica, il quale disponeva di ogni cosa, a cominciare dal pranzo giornaliero, giù giù, fino alle spese per le feste della Madonna dei Malati, di Santa Veronica Giuliani e di San Vito.

A loro toccava soltanto levarsi a mezzanotte, a mattutino, dir Messa, predicar novene, confessare, assistere i moribondi, e accompagnare i morti senza nessun merito, quasi questi servigi non fruttassero poi le elemosine che Fra Formica andava raccogliendo! E quando videro, all'ultimo, che il padre guardiano lo aveva dispensato anche dall'obbligo del coro a mezzanotte, perchè si  trovasse fresco di forze la mattina per le fatiche della cerca; e si accorsero di tante altre cosettine, dapprima, cominciarono a brontolare a quattr'occhi col guardiano che li ascoltava lisciandosi la barba lunga due palmi, a testa bassa, senza rispondere sillaba. Poi fecero giungere al Provinciale ricorsi anonimi, dove si diceva omnia maledicta di Fra Formica e del guardiano che, per dabbenaggine, gli teneva il sacco.


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