Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
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L'ASSOLUZIONE

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L'ASSOLUZIONE

Don Emidio Lazzàra era un parroco gioviale. Aveva quarantacinque anni, ma non li dimostrava. Sua sorella Filippa che conviveva con lui nella Canonica, quantunque più giovane, sembrava ne avesse cinquanta. Forse contribuiva a questo il vestito nero, il fazzoletto bianco incrociato sul petto, i capelli tirati indietro, tutta quell'aria modesta, da monaca di casa, che a prima vista ingannava.

Non era brutta, aveva anzi un paio di occhi assai belli, espressivi, neri più del carbone, e labbra un po' tumide, che sorridevano volentieri. Non si occupava soltanto delle faccende casalinghe, ma anche, dell'ordine della piccola sacrestia, mentre una vecchia contadina era incaricata di fare i servizi più grossi e di pulire la chiesuola, nelle ore che restava chiusa, tutti i giorni, meno che le domeniche.

Don Emidio stimava le domeniche una gran seccatura. Per comodo specialmente delle donne del villaggio, egli doveva dir messa dalle undici a mezzogiorno, e si sentiva allungare il collo per quel po' di caffè e i quattro biscotti che sua sorella gli faceva trovare pronti in sacrestia, appena tornava dall'altare.

Negli altri giorni egli diceva messa all'alba. Sonava da , prima di indossare i paramenti sacri, la campana minore, 'Ntin-nton! 'Ntin-'nton! e pareva si divertisse a prolungare la chiamata. Intanto arrivava il ragazzino che doveva servirgli la messa. Lo trovava bell'e vestito, col calice pronto sul piano dell'armadio, aiutato da Filippa che sapeva meglio di lui quale pianeta scegliere per la circostanza e non sbagliava mai.

A quella messa assistevano ordinariamente quattro, cinque vecchie comari del vicinato, oltre la sorella e la serva. Don Emidio si spicciava, borbottando a voce alta il latino dell'epistola, i Dominus vobiscum, trinciando rapidamente il benedicat vos, quasi non occorresse scomodarsi molto per così scarso uditorio. Invece, nella messa della domenica, egli sfoggiava tutta la solennità, leggendo lentamente il messale, voltandosi con gran dignità verso i fedeli, mettendo in apparenza – e non era vero, povero don Emidio! – una punta di dispetto nel prolungare la sacra cerimonia per vendicarsi in qualche modo dell'allungamento di collo che egli soffriva.

Era voluto bene per l'allegra bonarietà con cui faceva ogni cosa. Anche quando entrava in una casa per confessare un moribondo, per somministrargli l'estrema unzione, la sua faccia di luna piena, rubiconda, sembrava apportasse un'influenza benefica.

Pel resto, non amava andare attorno, a fine di evitare pettegolezzi. Il Sindaco, gli Assessori, i Soci della Lega dei Lavoratori, che non arrivavano a cinquanta, stavano in guardia contro l'intrusione del parroco nelle faccende del villaggio. Il predecessore di don Emidio aveva dato molto filo da torcere alle Autorità municipali e al Presidente della Lega, che avean dovuto organizzare una mezza rivoluzione per indurre monsignore a fargli cambiare residenza.

Don Emidio, senza ambizioni, amante della pace, si era ormai, dopo sette anni, abituato alle poche stanze della Canonica, all'orto che coltivava da , a quell'atmosfera di riverenza che trovava dappertutto nelle famiglie, nelle Amministrazioni, se gli occorreva di rivolgersi ad esse pei bisogni della Parrocchia.

Le male lingue – ce n'è dovunque! – dicevano, ridendo che al parroco non dispiaceva un fiasco di buon vino bevuto in compagnia, nella Canonica o altrove, e neppure la graziosa accoglienza delle donne che andavano spesso a far pissi pissi con lui dietro la grata dell'unico confessionale nella chiesetta della Parrocchia.

Qualcuno arrivava fin a dirglielo in viso scherzando confidenzialmente, sicuro che don Emidio non se l'avrebbe avuto a male.

Uomini siamo e peccatori, tutti! – rispondeva, ridendo anche lui. – Ma voialtri vi divertite ad addossarmi i vostri peccati. Vuol dire che ho buone spalle per reggerli. Badate che il carico non sia troppo. Dovrò buttar tutto per terra!

Il solo suo torto era di star ad ascoltare compiacemente certi giovanotti quando si divertivano a raccontare le loro avventure amorose.

È vero che, dopo, li sgridava, li ammoniva; dal tono della voce, però, dall'espressione del viso si scorgeva facilmente che la sgridata non doveva esser presa sul serio; e gli ammonimenti sembravano accompagnati da un: – Se vi riesce! – che ne attenuava il rigore.

Bisognava compatirlo. Nella Canonica trovava, se non la musoneria, qualcosa che lo richiamava continuamente alla serietà sacerdotale. Sua sorella aveva sempre attorno delle bambine, delle ragazze alle quali insegnava qualcosa: catechismo, lavori di cucito, canti religiosi da intonare durante la messa delle domeniche. Era Presidentessa delle Figlie di Maria, e aveva dei dispiaceri perchè qualcuna di esse si lasciava tentare dal demonio e scappava con un innamorato, come una ragazza qualunque, non ostante la protezione della medaglietta appesa al nastro celeste che le pendeva dal collo.

Era riuscito un mese di svago per don Emidio quel Maggio durante il quale erano stati eseguiti tutti i ripari che occorrevano nei tetti della chiesetta e della Canonica, nelle invetriate e nei muri. Il Governo, finalmente, dopo parecchi anni di ritardo, aveva concesso un sussidio di cinquecento lire, e il parroco aveva voluto spenderle con economia e profitto. Quel lavoro dei muratori arrampicati alle scale, su e giù per le impalcature, continuato allegramente tra motti arditi, canzoni, risate, lo divertiva, gli faceva dimenticare il suo stato, la sua età, fino a indurlo a murare qua un sasso, un altro, quasi con quella piccola cooperazione il lavoro dei ripari e dei restauri dovesse riuscire più saldo e più duraturo.

Lo aveva divertito, anche il buon umore di uno dei manovali, giovane di poco più di venticinque anni, tornato recentemente dall'esercito, orgoglioso della medaglia al valor civile, guadagnatasi salvando una ragazza che si era buttata nel fiume per dispiaceri amorosi; e molto vanitoso delle sue numerose conquiste tra le servette e le sartine di Milano e di Torino.

Servette che qui parrebbero signorineaggiungeva sempre. – Sartine, poi... non so dirvi: col cappello come le figlie del Sindaco nel giorno della festa del Patrono. Facevo il galletto, facevo fin lo sprezzante... E ora, qui, bisogna adattarsi. pane di fior di farina... qui pane nero, di crusca, quando càpita!... E mi adatto!

Dovresti metter senno, prender moglie!

– Ah, signor parroco! Viva la libertà!

– E l'inferno, disgraziato? Non ci pensi all'inferno?

– In certi momenti... credo che non ci pensi neppur lei.... Scusi; mi è scappata di bocca!

Don Emidio si era messo a ridere, e avrebbe dovuto redarguire l'impertinente.

Invece, quasi solleticato, questi riattaccava il discorso.

– E nessuno mai ti ha rotto le spalle?

– Ma ognuno bada ai fatti suoi, e le ragazze fanno quel che loro pare e piace, e le mogli pure e i mariti pure, e i preti, sissignore, i preti pure!

– Non dire stupidaggini! Come se lassù fosse un altro mondo! C'è tanta buona gente lassù.

– E chi dice che sono cattivi? Sì? Sì! No? No! Ecco come usano, , le ragazze. E qui bisogna pregarle e ripregarle! E talune dovrebbero venire a pregare e ripregare noi... Che siamo noi? Carnaccia da buttar via? L'uomo vale più della donna.... La donna il Signore l'ha creata per divertimento dell'uomo....

  Zitto! Zitto!

Zitto.... Ma lei ride! Ne sente delle belle nel confessionale. Vorrei metterci un orecchio io dietro quella grata! Lei se li gode tutti quei peccatacci!

Zitto! Scomunicato! Zitto....

Che poteva farci? Non gli riusciva di star serio udendo quelle strampalerie. E rideva, rideva, e sembrava che dicesse:

– Ancora!... Ancora!...

Quando i muratori, terminate le riparazioni nel tetto della chiesetta, nei muri, e nel campanile, entrarono nella Canonica per gli acconci in cucina, nell'acquaio e nel fumaiolo, don Emidio, vi fece varie e fugaci apparizioni per paura che quello sboccato di Nanni, il manovale, non dicesse delle enormità da scandalizzare la signorina Filippa e qualcuna delle Figlie di Maria che si trovavano da lei.

Se ne stava fuori nella spianata, andando su e giù, brontolando l'uffizio; ma di tratto in tratto, a uno scoppio di risate femminili che veniva dalla finestra di cucina, egli interrompeva un salmo, e faceva un certo suono con le labbra, quasi masticasse qualcosa di aspro.

– Certamente Nanni deve averne detta una delle sue! Ma c'è Filippa; e non credo che....

Doveva credere, pur troppo, che la presenza di sua sorella o di alcune figlie di Maria, non impediva al muratore di dire le solite enormità, perchè le risate diventavano più frequenti, più rumorose, – come soltanto le donne sanno sghignazzare! – pensava don Emidio.

E chiudeva il breviario e correva su, comparendo improvvisamente su l'uscio e arrestando con la sola presenza un incipiente scoppio di risa.

Dicevo alla signorina... – volle scusarsi Nanni.

Fareste meglio a non dir niente – lo interruppe don Emidio con piglio severo. – Quando si ciarla si lavora male.

Eppure quelle settimane erano state un gran svago per lui, oltre che una grande gioia nel veder rimesse un po' a nuovo la chiesetta e la canonica. Incontrando Nanni per via, lo fermava volentieri; faceva le viste di ammonirlo, lo minacciava con la mano; ma il tono della voce e le labbra che si aggrinzavano per non ridere, davano un significato di gioconda indulgenza al gesto e alle parole.  – Si fa quel che si può, signor Parroco!

Per ciò quella domenica che lo vide entrare nella sacrestia e sentì domandare: – È comodo lei di confessarmi? – don Emidio lo guardò tra incredulo e stupito.

– Con certe cose non si scherzarispose.

– Me ne guarderei bene, signor Parroco.

– Ah!... Bravo! Bravo! Ti ha toccato la grazia di Dio?

– Può darsi, signor Parroco.

Ebbene, pur chiudendo l'uscio della scala che conduceva su nella canonica, e mettendo il paletto all'altro che introduceva nella chiesetta; pur preparando due seggiole in un angolo, e passandosi dietro il collo la stola di confessore, don Emidio dava certe occhiate di traverso a Nanni rimasto in piedi presso l'armadio degli arredi sacri, e sentiva un lieve gongolamento anticipato di piacere alla idea degli allegri peccati che già stava per ascoltare.

– Quant'è che non vi accostate al sacramento della penitenza?

– È la prima volta, signor Parroco.

– Come mai? Neppure quando eravate ragazzo?

Se don Emidio lo avesse lasciato parlare, si sarebbe sùbito accorto che si trovava inginocchiato davanti un penitente assolutamente novizio. – Quando cominciò la sfilata dei peccati, Nanni spiattellava nome e cognome: la Checca di mastro Tonio il falegname; la figlia di Rocco il salumaio; la nipote di Testarasa...; la cugina....

– Non importa dire i nomi delle disgraziate da voi indotte a peccare. Si accuseranno loro, se mai....

– È per darle una prova... che non invento nulla.

Perchè dovreste inventare?

– Per fanfaronata; ma non sono uso....

– Avanti dunque, e senza nomi!

– Senza nomi. Vede? Mi sento impacciato. Se avessi potuto dire: – È la sorella del... sarebbe stato più spiccio.... Senza nomi, dunque! Si figuri se avevo mai supposto di poter, un giorno o l'altro, arrivare lassù! Dice: – Prendi moglie! – Quella era vano chiederla al... parente; mi avrebbe ruzzolato per la scaletta della casa; ed è capace di farlo. E poi lei, la sorella... di quel signore, aveva ben altro per la testa che prender marito.

– Le donne, figliuolo mio, ci pensano sempre, ed è giusto che sia così. Dio le ha create per questo.

– Infatti! Devo raccontarle per filo e per segno come fu? C'è la canzone: – Come fu, come non fu! – Creda, è sempre lo stesso: una parola tira l'altra, una risata tira l'altra... Sa? Le donne quando ridono.... È come quando a uno si fa il solletico; non riesce a difendersi. Le donne peggio, pare ci si divertano!

Nanni parlando faceva il gesto del solletico. Don Emidio si tratteneva a stento. Portò una mano alla bocca, quasi per frenare un improvviso colpo di tosse, e balbettò: – Avanti! – con voce che voleva esser cupa, grossa di rimprovero.

– E così – riprese Nanniaccadde... quel che doveva accadere!

Sentite rimorso, pentimento, figliuolo mio, del male che avete fatto? Di quello fatto commettere?

Pentimento, sì, perchè è stato inutile.

– In che senso inutile?

– Non è giovane, non è bella, ha un po' di dote però; sarebbe un compenso. Ma dice che ha giurato di non prender marito; che, ormai, avrebbe anche vergogna di prenderlo, per l'occhio della gente. Dice: quando le cose non si sanno, è come se non fossero mai state.

– L'avete pervertita fino a questo punto, figliuolo mio?

– Ma io non ci entro.... E piangeva! E se la prendeva con me!

Doveva ridere, forse? La colpa è sempre dell'uomo tentatore. Vorreste darmi a intendere che la disgraziata non era alla sua prima... scappatella?

– Questo no! Questo no! – protestava Nanni.

– Siete almeno pentito, figliuolo mio? Sinceramente pentito? Pronto, da parte vostra, a riparare? Ha una dote, dicevate.

– Ci vuole anche questa, signor Parroco.

– Non c'è altro?

Nient'altro!

Penso a quel povero parente che se la tiene in casa. E come certi mariti che ignorano!

– Lei... nei panni di quel signore... lei che farebbe, signor Parroco?

Quasi gli si fosse aperto un improvviso spiraglio di luce nella mente, don Emidio pallido, tremante, con gli occhi tutt'a un tratto velati di lacrime, si coprì il viso con le mani, balbettando:

– Oh, Dio! Oh, Dio!... Satana! Sorella mia!

Singhiozzava, si lamentava, dimentico di Nanni che gli stava inginocchiato ai piedi, ma pronto a dare un balzo se don Emidio si fosse scordato di essere un confessore in quel momento.

– E me lo viene a dire sotto sigillo di confessione!

– ...Perchè ci assolva tutti e due! Alzi la mano! Certe volte, alle cose diritte ci si arriva per via delle cose storte. Ma creda, non è stato fatto per malizia.... È venuto da quel che è accaduto. Alzi la mano!... Ci assolva! Tutto andrà bene col suo consenso.

– L'assoluzione? Il mio consenso? Ah, sì! Dopo! Oh, che infamia! Dopo che sarete andati dal Sindaco....

– Per me, anche domani.

***

E il giorno delle nozze, finito l'allegro desinare, don Emidio trasse da parte Nanni. Avevano bevuto qualche bicchiere di più tutti e due.

– Su! – gli disse. – L'assoluzione l'avete avuta! Ora puoi dirmelo. Come è stato?... Mi sembra ancora impossibile!

E di mano in mano che Nanni raccontava briosamente tutti i particolari della sua avventura, don Emidio lo interrompeva ridendo:

Scellerato! Faccia tosta!... Brigantaccio!

Ed erano anch'esse altre parole d'assoluzione.


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