Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
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IL "SAN GIOVANNI"

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IL "SAN GIOVANNI"

Lo zi' Peppe Cipolletta avea accostata la seggiola a quella di Janu per parlargli sottovoce in un orecchio:

– Lo dico anch'io – riprese dopo breve silenzio. – Sospetti, malignità delle cattive lingue. Ma...

Janu lo interruppe:

Infamie che mette fuori mio padre.

Lo zi' Peppe voleva continuare. L'altro gli arrestò con un cenno della mano le parole sulle labbra e soggiunse:

– Stia zitto. Si goda in pace la roba della sant'anima di mia madre, e mi lasci tranquillo. Dovevo sposare per forza la figlia di massaro Pino, che lui voleva darmi?

Lo zi' Peppe protestò:

– Che vai pensando? Ormai! C'è della gente al mondo che non ha niente da fare, e s'impiccia dei fatti degli altri, per invidia, per maldicenza...

– E mio padre fa peggio!...

– No, Janu! La gente – come non lo capisci? – vede compare Pietro qui da mattina a sera... Sì, sì, c'è di mezzo il comparatico; ma non bisogna fidarsi troppo.

– Allora – riprese Janudite alla gente che badi alle proprie corna; alle mie baderò io.

Aveva una benda sugli occhi; non vedeva neppure il sole. E compare Pietro, da mattina a sera in casa di lui; compare di qua, compare di ; e Janu non sapeva affatto persuadersi di quella scelleraggine, di quel gran tradimento:

– Se fosse vero, San Giovanni benedetto avrebbe già vendicato l'offesa. Con San Giovanni, pel comparatico, non la passa liscia nessuno!

Pure, a poco a poco, sentì una pulce nell'orecchio. Da principio si fece il segno della santa croce per iscacciare quella tentazione:

– Non è possibile!

E una sera che compare Pietro si trovava , arrostendo quattro fave nel braciere, e Filomena era andata a spillare due dita di vino nuovo, Janu gli disse:

Compare, volete sapere fin dove arriva la malignità della gente? Arriva fino a dire....

Ma non proseguì, vedendo Filomena che tornava col boccale in una mano, il lume nell'altra e il figliolino attaccato alla gonna, che appunto si chiamava Pietro per via del compare.

Compare Pietro fece finta di non capire, e con la paletta ritirava le fave dalla cenere calda e le metteva sul tavolino a una a una, mentre Filomena andava attorno per la camera, risciacquando i bicchieri e cavando dalla cassa grande di noce un pugno di ceci abbrustoliti, perchè su la càlia si beve volentieri.

– No, non è possibile! – andava ripetendo Janu da .

Quella nottata però non potè chiudere occhio. Sua moglie, sentendolo voltare e rivoltare, gli domandò:

– Che vi sentite?

– Niente.

Poc'anzi avevate un viso!... Se n'è accorto anche compare Pietro.

– Te l'ha detto?

– Nell'andarsene, mentre davate l'orzo all'asino; mi domandò: Che ha il compare?

– Niente – replicò Janu.

E si voltò dall'altro lato, con gli occhi spalancati nel buio; vedeva un brulichio di fiammelle.

Scommetto che avete leticato con vostro padreriprese Filomena.

Janu stette muto.

Oggi è passato di qui; mi ha guardata con certi occhiacci!...

– Mio padre, lascialo stare! – rispose Janu, brontolando.

– Questa sera, insomma, che avete?

Sentendola accostare con le carni calde, egli provò un nodo alla gola...

– Oh, no, no! Non è possibile!

 

***

 

La tresca durava da più di quattro anni, e se ne sarebbe accorto anche un cieco, perchè quei due si fidavano troppo della bontà di Janu. E intanto ch'egli si scottava la testa al sole menando l'aratro per la mezzadria di Pudditreddi, essi facevano spuntini e ridevano alla barba di compare caprone, come Pietro lo chiamava quando si ritrovava da solo a sola con lei.

Spesso Filomena domandava al figliuolino:

– Chi è questo qui?

– Il comparerispondeva il bambino.

Chiamalo papà.

Il bambino li guardava, un po' stralunato:

– E quell'altro papà? No, questi è il compare.

Compare Pietro storceva gli occhi e sacrava:

– Avere un figliuolo e non potergli dare il proprio nome! E' quel che più mi cuoce.

E regalava un soldo al bambino, perchè andasse a comprarsi le pastinache in Piazza del Mercato.

In certi giorni però egli sentiva rimorso:

– Non è bene quel che facciamo: imbrattare il sangiovanni!

Filomena si metteva a ridere, e lo canzonava:

– E siete un uomo?

Ieri sera, mentre Nino il poeta recitava nella bottega del Quartino la storia dei Compari di Comiso, sentivo accapponarmi la pelle.

– Per questo non siete venuto.

– Non lo nego, sì, per questo.

Infine, è forse colpa nostra? Destino!

– È vero: destino!... Sarebbe stato meglio però se vi avessi sposata io, invece di Janu. Ricordate le notti che venivo a parlarvi dalla via, quando il padre di compare Janu metteva tanto di spranga all'uscio e non permetteva che il figlio andasse fuori? E questi mi raccomandava: Andate, per me, compare Pietro!

– Allora, io non ci pensavo neppure...

– Oh, io sì!

Vedete? Era destino!

– Abbiamo fatto male a legarci col sangiovanni! Senza il comparatico, ora non sarebbe niente!

 

***

 

Janu era diventato serio, parlava poco. Spesso restava, con le mani incrociate su lo stomaco, guardando trasognato.

– Che avete, con quel muso? – gli domandò un giorno Filomena.

E non ricevendo risposta, comincio a martoriarlo, per via del padre

– È tutto lavoro di quel vecchiaccio!... Non mi può soffrire. Invece di inventare tante infamità contro di me, perchè non si sgrava la coscienza dandovi la roba della mamma?

Zitta! – rispose Janu a voce bassa.

– Anzi voglio parlare!

E andò a piantarglisi davanti, con le mani sui fianchi, inviperita.

– Vi ha cacciato di casa per non darvi la roba. Dovevate ubbidirlo; dovevate sposare la baronessa, la principessa, quella dal naso moccioso, la Nera!...

Sta' zitta! Sta' zitta!

– Ah, mi fossi rotta una gamba, la notte che scesi la scala in punta di piedi per fuggire di casa con voi!... Ma c'è Dio lassù; e prima che io muoia, mi farà la grazia! E quel vecchiaccio lo vedrò passare davanti a la mia porta, su di una scala, accoltellato!

– Vuoi finirla?

– E tutte queste lagrime che verso, saranno altrettanto gocce del suo sangue, saranno!

– Vuoi finirla?

Filomena all'opposto, alzava le braccia con le mani aperte, urlava più forte, imprecando:

Febbre maligna, Signore!... Mala morte, Signore!... Senza confessione e senza sacramenti, Signore!

– Vuoi finirla?

Quel giorno non la finiva più; e continuò un bel pezzo a strillare, a strapparsi i capelli; poi si buttò su una sedia in un angolo, col viso nel grembiule, piangendo la sua mala sorte.

Janu si sentiva scosso.

Asina! Asina! – le diceva con voce raddolcita.

E si aggirava per la stanza quasi in cerca d'un oggetto che non trovava, atterrito di quelle imprecazioni lanciate sul capo di suo padre.

– Insomma, perchè quel muso? Chi vi mette su contro di me? È vostro padre, non lo negate è lui!

– Fammi un santissimo piacere – le disse Janu bruscamente. – Mio padre non nominarlo più, punto, poco!

Filomena, rimosso il grembiule dagli occhi, lo guardava stupita, mentre Janu andava via con le imprecazioni della moglie dentro gli orecchi.

 

***

 

E la notte che lo zi' Peppe Cipolletta venne a svegliarlo, perchè il vecchio si trovava in punto di morte, Janu si sentì correre brividi freddi per la schiena, e ricordò sùbito quelle imprecazioni, più atterrito d'allora.

– Lo vedi? Lo vedi? – rimproverava alla moglie, vestendosi in fretta e in furia, al lume della lanterna dello zi' Peppe. – Oh, bella madre Maria!... Lo vedi?... Lo vedi?...

Filomena restava seduta sul letto, in camicia, ancora sbalordita dal sonno.

– Sta male? – domandò.

– Ha la febbre malignarispose lo zi' Peppe.

Janu cacciò un oh! lamentoso; sentiva rizzarsi i capelli. E le imprecazioni di sua moglie, d'un mese fa, tornarono a risuonargli dentro la testa: – Febbre maligna, Signore! Mala morte, Signore! Senza confessione e senza sacramenti, Signore! –

Per istrada vacillava, inciampava nei sassi. Nel salire le scale, quelle scale di casa sua che non aveva più rifatto da cinque anni, lo zi' Peppe dovette reggerlo, se no ruzzolava.

C'è il confessore – gli disse una delle vicine accorse per dare assistenza, fermandolo sull'uscio della camera del malato.

E nel silenzio, a traverso l'uscio, si udiva la voce del sacerdote, che parlava forte perchè il moribondo sentisse:

Massaio Croce!... Massaio Croce!... Questi è il Padre del perdono. Come egli perdonò a coloro che lo crocifissero, così noi dobbiamo perdonare i nostri nemici... Pensate che da un momento all'altro potrete trovarvi davanti al Tribunale della sua eterna giustizia!... Pensate che io, suo indegno ministro, non potrò darvi l'assoluzione se persistete nell'odio! Non l'odiate?... Gli perdonate?... Perchè dunque non volete vederlo?... È figlio vostro! Dategli la benedizione, Massaio Croce; ve lo comanda Gesù Cristo!...

Janu spalancava gli orecchi, strizzandosi le dita trattenendo a stento i singhiozzi, quantunque le lagrime gli lavassero la faccia. E quando, dopo un momento di silenzio, vide aprire quell'uscio, si precipitò ginocchioni davanti il letto del moribondo, baciandogli e ribaciandogli le mani.

Il prete li aveva lasciati soli, padre e figliolo, tirandosi l'uscio dietro.

– Sono in punto di morte! – disse allora il vecchio che parlava a stento. – Sono in punto di morte... e non voglio dannarmi!... Ma, sàppilo: Quella svergognata... se la intende col compare!... Se la intende col compare!...

Janu s'era sentito piombare una gran mazzata sul capo

– Oh! oh! oh! Che trafittura, padre mio! Con che trafittura mi lasciate, padre mio!

 

***

 

– Sì, è vero!... È vero!... Al letto di morte non si mentisce... Voglio però accertarmene con questi occhi... Quando avrò veduto con questi occhi!...

E di tanto in tanto Janu rimaneva curvo sul manico della zappa, guardando le zolle rivoltate. E la testa gli girava peggio d'un arcolaio, mentre il bambino, che aveva voluto andare a ogni costo in campagna col padre, si divertiva a scalpicciare l'acqua melmosa della gora vicina.

– Sì, è vero! È vero! – ruminava Janu insistentemente. – Al letto di morte non si mentisce... Voglio però accertarmene con questi occhi... Quando avrò veduto con questi occhi!...

Non lo sapeva neppure lui che cosa avrebbe fatto dopo aver veduto con quegli occhi; e da più settimane, giorno e notte, non pensava ad altro, non sognava altro.

Si sentiva impazzire.

Dentro la testa vuota vuota, gli sbattevano sempre i ricordi di quelle nottate passate al vento e alla pioggia, sotto la finestra di lei; e di quella notte che erano fuggiti insieme, perchè suo padre non voleva. Se l'era tolta in collo come una bimba, a piè della scala. Gli pareva ieri, gli pareva! E s'era rovinato per mantenerla come una regina!... Si sarebbe buttato giù dallo sbalzo della Mammadraga, se lei gli avesse detto: – Bùttati giù!... – Sciocco!... Povero sciocco!

Le braccia gli si rallentavano; gli occhi gli si velavano di lacrime che non potevano sgorgar fuori, e la gola gli si serrava per quel gruppo di pianto che rimaneva , da un mese, a soffocarlo

– Ah, sangiovanni traditore!... Traditore anche San Giovanni di lassù, che non ha avuto occhi, orecchi, se fino a questo momento non si è vendicato neppur lui!

In quel punto il bimbo era accorso con un grillo tra le dita:

Papà, papà; serbalo bene; voglio portarlo al compare!

Janu glielo strappò di mano rabbiosamente:

– Non nominarlo quell'infame!

– Ahi! Ahi! Questa sera... glielo dirò!... E lo dirò... anche alla mamma! – piagnucolava il bambino, coi pugni su gli occhi.

Janu, tremante come una foglia, si stringeva forte forte la fronte che gli pareva stesse per scoppiargli.

Come mai non gli era balenato in mente prima?

– E se il bambino non è mio?... Se è figliuolo!...

E il bambino non smetteva

– Ahi! Ahi! Questa sera... lo dirò... al compare!... E lo dirò... anche... alla mamma!

Zitto!... Non nominarli!... Zitto!

Janu, che già si sentiva montar il sangue agli occhi, cercava d'intimidirlo, scuotendolo pei braccini:

Zitto, ti dico!

Il bambino rizzò arditamente la testina arruffata, col viso impiastricciato, minacciante:

– Invece chiamerò papà il compare, come mi ha detto... la mamma!

– Ah! – urlò Janu. – Ti ha detto così?... Ti ha detto così?...

– No, papà! No, papà!

Ma Janu non sentiva, non ci vedeva più, brandendo la zappa...

E quando ebbe coscienza del terribile delitto commesso, pallido come un morto, con la bocca inaridita, il petto ansante, spalancò gli occhi guardando attorno attorno:

– Se qualcuno m'ha visto!

Per la vasta pianura, per le strade e le viottole che serpeggiavano, ridenti di sole, tra il verde novello dei seminati, non si scorgeva anima viva. Sotto la tettoia, accanto alla siepe dei fichi d'India, soltanto l'asino – con la testa alta e le orecchie rittemasticava una boccata di paglia, guardandolo fisso.

– Ma quello non può parlare!

 

***

 

Compare Pietro era già in cucina e metteva legna sotto la marmitta di rame per far bollire l'acqua da cuocervi i maccheroni. Filomena, accesa in viso, col fazzoletto turchino avvolto attorno al capo, grattava il cacio in un piatto posto dentro la madia, ridendo ogni volta che il compare veniva a darle un'abbracciatina alla vita, per passare il tempo.

Fermo, se vi riesce!... Badate al fuoco.

E continuava a grattare, senza voltarsi, agitando i fianchi.

Perchè non andate a ballare? – gli disse, sentendo nella casa accanto il bum-bum del cembalo della zia Maricchia che aveva maritata la figliuola e fatto invito a tutto il parentado.

– Il vero ballo sarà pel Mangiapicca, che si becca quella quaglia di Pinuzza. Buon pro gli faccia!

– Vi fa gola, peccatoraccio?

Pietro scoppiò a ridere.

Sentiamo: che novità c'è? – disse Filomena.

C'è... c'è che questa notte dovremmo tentare di farci sposini anche noi.

– Siete ammattito?

– No, no. Dovremmo ubbriacare compare caprone.

– Siete ammattito?

E sùbito anche Filomena fu presa dal ridere:

– Che idea! Ah!... Ah!...

Lasciatemi fare, comare! È una bella idea... Vedrete!

E ridevano, ridevano; egli, reggendosi la pancia con le mani; ella accesa in viso, col grembiule alla bocca, le pupille che le scintillavano e le carni formicolanti anticipatamente di piacere.

Appena scorsero sull'uscio di cucina compare Janu arrivato dalla campagna, e che si era fermato a guardarli con quella faccia, sbiadita, da vero compare caprone, cessarono di ridere, imbarazzati.

– Oh!... Ben venuto, compare Janu, – disse Pietro. – Si rideva... di... di...

– Facciamo buon fuoco, compare! – rispose Janu tranquillamente.

Filomena, per darsi aria disinvolta, si affrettò ad additargli la salsiccia che fumava su la graticola:

Guardate: compare Pietro si è voluto scomodare...

– Non c'entrava; non c'entrava! Facciamo buon fuoco, compare!

Compare e comare si guardavano negli occhi, rassicurati. Poi, visto che la marmitta levava il bollore, Pietro spezzò un ultimo ramoscello d'ulivo.

Comare, buttate giù la pasta.

E l'acqua, bollendo, pareva gorgogliasse in cadenza al suono del cembalo della zia Maricchia che di continuava a suonare agitando i sonagli, mentre quei del parentado, saltando come un branco di capre sbandate, facevano ballare anche il solaio della cucina; e il Manciapicca si sgolava:

Balanzè! Turdumè!

 

***

 

Mangiavano tutti e tre in silenzio. Imbronciti per l'assenza del bambino voluto restare in campagna, come aveva detto Janu, insieme coi bambini della Nela; comare e compare, di tratto in tratto, scoppiavano in rimbrotti:

– Non so perdonarvela, compare Janu. Lasciarlo in campagna la sera del giovedì grasso!

E Filomena:

Dovevate portarlo via per forza. I bambini non hanno giudizio.

Janu li lasciava sfogare, senza più scusarsi, tentava di mandar giù qualche forchettata di maccheroni. Ma, con quella bocca più amara del tossico, i bocconi gli restavano per la gola; doveva bere ad ogni po' un sorso d'acqua o di vino; e prendendo in mano il bicchiere col vino per accostarselo alle labbra, strizzava gli occhi. Quel liquido rosso gli richiamava in mente l'altro sprizzato al sole sulle verdi zolle di Pudditreddi dalla testina del bambino, sotto i colpi della zappa; e non avrebbe voluto rammentarsene!...

Ah, la innocente creaturina aveva pagato per quei due scellerati che ora cercavano di ubbriacar compare caprone!... Ma San Giovanni Benedetto avea tolto ogni lume a quei due! E glieli dava in mano, perchè li scannasse insieme, come due bestie nell'ammazzatoio... Così almeno andava in galera soddisfatto e col cuore in pace!

Per questo si sforzava di finire il piatto di maccheroni che aveva davanti; per questo beveva e ribeveva, dopo che a ogni sorso di vino s'era inteso diffondere dallo stomaco un'onda di forza per tutte le vene.

Poi, con lo stufato di maiale e la salsiccia di compare Pietro, il ghiaccio fu rotto. Tra l'odore delle vivande, tra il rumore dei piatti, delle forchette e dei bicchieri, Filomena compare Pietro fecero più parola del bambino. Anzi, Pietro vedendo che compare Janu non cessava di bere a sorsi, colpo su colpo, premeva sotto la tavola il piede alla donna che gli rispondeva ridendo a fior di labbra e a occhi bassi, intanto che faceva le parti.

Pietro, infilzato alla forchetta un bel rocchio di salsiccia, lo presentò al compare proprio davanti a la bocca:

Mangiatelo per amor mio, compare Janu.

E gli versò anche da bere, colmando il bicchiere.

– E quest'altro per amor mio!

Ma Janu, preso con due dita il rocchio offertogli dalla moglie, lo depose nel piatto

– Non mi ci entra; son pieno zeppo. Scoppio!... E poi, questo vino mi ha rotto le ossa.

– Se non avete bevuto!

E Pietro tornava a mescergli, colmandogli il bicchiere. Ma più Janu beveva e più si sentiva diventar lucida la mente; e dalle viscere che gli si rimescolavano avvelenate, quasi gli fosse scoppiato il fiele, gli montava un'allegria cupa e feroce, di lupo che stia per balzar nel chiuso tra le pecore addormentate.

Infatti, alla ripresa dei bum-bum del cembalo della zia Maricchia, disse ridendo:

– Quelli , col loro bum-bum, non si riempiono le pance!

E sentendo scoppiare un tuono e venir giù un rovescione che pareva il diluvio:

– Ecco il vero bum-bum! – soggiunse. – Il Signore si trastulla a ruzzolar le botti pel Paradiso. Sarà carnevale anche lassù... Beviamo, compare!

Filomena e Pietro si divoravano con gli sguardi e, sotto la tavola, si premevano i piedi più forte ora che Janu sbadigliava, stirava le braccia e socchiudeva gli occhi, brontolando contro il maledetto succo di vigna che gli avea rotte le ossa.

– Il compare ha sonno. E questo diluvio non smette! – esclamò Pietro.

Ma l'altro ch'era più desto di lui, vedendogli aprire la finestra e sentendo lo scroscio dei canali, che versavano come ruscelli:

Vorreste andarvene, con questo tempaccio? – gli disse. – Per farvi trascinare dalla piena? Qui grazie a Dio, c'è un letto più largo della Piana grande; basterebbe pure per quattro. Vi cedo anche il mio posto.

Janu parlava lentamente, con voce roca e lingua impacciata. Compare e comare credettero che cianciugliasse pel troppo vino bevuto.

E continuava:

– Già, con questo tempaccio d'inferno, è meglio ficcarsi sotto il coltrone. Dove vorreste andare? A farvi trascinare dalla piena?... La comare, la metteremo a dormire in mezzo. Debbo forse aver soggezione di voi?... Del sangiovanni?...

– Non v'accorgete che siete ubbriaco? Non gli date retta, compare!

Filomena fingeva di rivoltarsi, frenandosi per restar seria:

– Non vi accorgete che siete ubbriaco?...

 

***

 

Quando si seppe che quella notte Janu Pedi avea scannato moglie e compare, e poi era andato a presentarsi al brigadiere, nessuno da prima voleva prestar fede alla notizia. Eppure era vero e potevano andare a vederli, ancora ignudi sul letto e abbracciati. Non dovevano aver avuto neppure tempo di dire: Gesù! Maria! La gente brulicava per quella via, tutta in favore di compare Janu, poverino, che aveva fatto benissimo; la giustizia non poteva condannarlo.

Solo Peppe Nasca, un po' parente del morto, vedendo Janu tra i carabinieri, ammanettato ma sorridente e a testa alta, solo Peppe Nasca non potè trattenersi:

Assassino! Vi punsero ora le corna, dopo quattr'anni?

Meglio per te che quelle di tua sorella col pastaio non ti pungono ancora!

E passò via con un sorriso di sfida su le labbra. Avea però la morte nell'anima, pensando al povero bambino, morto innocente come Cristo su Croce!


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