Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
Per l'arte
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Medaglioni

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Medaglioni

 

Chi li ha letti e gustati nelle colonne del Fanfulla della Domenica vorrà certamente rileggerli ora che l'editore Sommaruga li ha raccolti in un volume civettuolo.

Questi fini lavori del Nencioni perdono poco nell'essere riveduti in un diverso ambiente, con un'altra luce. Basta guardarli ad uno ad uno e riposarsi in quella sentimentale rêverie ch'essi eccitano nell'animo del lettore; basta non rivolgere l'occhio ad un altro finché lo stato d'animo prodotto dal primo non sia completamente sparito.

Senza dubbio nelle colonne del giornale essi guadagnavano molto dalla vicinanza di scritti di opposta natura rivolti più all'intelletto che all'immaginazione ed al cuore. L'occhio vi correa con preferenza; l'attenzione veniva concentrata tutta dall'emozione simpatica e raffinata che scaturiva sin dalle prime righe o anche soltanto dal nome che serviva di titolo; e allora non c'era bisogno della precauzione da me consigliata ai lettori che vorrebbero rileggerli. Quelle gentili figure di donne apparivano di tanto in tanto, come una graziosa sorpresa: sorridevano dalla fantastica cornice alla rococò che pareva le circondasse; e nella musica del periodo delicatamente cesellato, dietro la limpida trasparenza della frase che s'insinuava nell'animo e quasi carezzava l'occhio, l'incanto dell'apparizione veniva raddoppiato.

Ora sono come raccolte in un boudoir elegante, discreto; e dalle pareti dove pendono si guardan tra loro forse un po' sorprese di trovarsi insieme, come ha già notato il loro autore.

Ma quando si è dirimpetto a un'opera d'arte non si pensa tanto alla persona reale quanto alla figura che l'arte si è compiaciuta di metterci sotto gli occhi; non si pensa tanto ai caratteri e ai sentimenti di una volta che l'artista ha voluto in qualche modo fissare, quanto al carattere dell'artista stesso e al sentimento che lo ha spinto a concepire quell'opera e che manifestansi in essa.

Così, rileggendo i Medaglioni, il mio interesse non era tutto accaparrato dalle teste bionde o brune, dagli occhi vivaci e procaci o malinconicamente appassionati, dalla labbra rosee, voluttuose o increspate dal dolore di quelle creature che han lasciato il loro profumo di donna nella storia e si chiamarono la Pompadour, la Du Barry, Sofia Arnould, Giulia Lespinasse, Teresa Guiccioli, la Rachel o con altri nomi meno cari. Io badavo più a lui, al Nencioni, che me le evocava lasciando sulla carta la polvere di ale di farfalle dei suoi pastelli; pensavo a quelle correnti di sentimentalismo e di volontà sensuale confuse stranamente insieme che gli guidavano la mano nei tocchi rapidi e delicati; e tentavo di spiegarmi quell'emozione che finiva col coprire il peccato di un pudore verginale, con lo spandere un'onda redentrice di perdono sulla passione ardente e sincera.

Il libro mi spingeva a poco a poco in un'altra rêverie dove l'opera d'arte spariva e restava soltanto l'artista. Era come una visione di giorni lontani, ohimé troppo lontani! quando passeggiavamo insieme sui Lungarni di Firenze ragionando di arte, mentre l'Arno passava quasi silenzioso, riflettendo il cielo stellato, sotto gli storici archi del ponte di Santa Trinita e del ponte alla Carraia: ed egli mi anticipava, forse con maggiore entusiasmo di poi, i suoi begli studi sui poeti inglesi che mi veniva traducendo a memoria, in frammenti; o discutevamo con calore la storia della letteratura inglese del Taine; — o parlavamo di poesia, ed egli mi recitava i brani del suo Ospedale, del suo patetico Paradiso perduto, o qualche strofa del Fiume della vita che allora erano novità ed intuizioni di stile e di forme poetiche; e la sua voce tremava e il verso assumeva un accento, un'espressione che la fredda stampa non rende. Dopo tanti anni mi pareva di sentirgli mormorare ancora:

 

Era queta, dolce, limpida

Tutta in giro costellata

Quella notte che nel memore

Mio cor vive eterna. — Oh quante

Quante lagrime, da lunghi

Anni dentro congelate,

Si disciolsero — ed effusero

Abbondanti sul mio volto

Nel durar di quella notte!

Appoggiati sulla sponda

D'un antico ponte i gomiti

E raccolta nelle palme

La mia faccia lagrimosa,

Io seguiva in ciel le Pleiadi,

Io seguiva il grande Orione

E la Luna che in silenzio

Navigava la cerulea

Onda tiepida dell'aere

Infinito. — E senza requie,

Senza tregua, senza sonno,

Sotto il ponte succedevansi

Cupe, rapide, sinistre

Le grand'onde; ed i grand'alberi

Della riva protendevano

Lunghe l'ombre sovra l'acque

Che, correndo, le rompevano.

 

Ed era proprio così in quel momento, presso il cancello delle Cascine, nella calma di quella notte autunnale di cui i ruggiti dei leoni rompevano, dalle gabbie del Giardino dei Semplici, il maestoso silenzio.

Le calde pagine dov'egli tratteggia quella che chiama la tragedia di un'anima mi facevano sognare altri momenti che gli han dovuto lasciare nell'anima la loro impronta, che forse han modificato e dirò quasi modellato questo strano carattere di artista sensuale e sentimentale in una, che ha accarezzato la figura di cortigiana-artista della Pompadour e di cortigiana bonne enfant della Du Barry colla stessa intensità di affetto, colla stessa sincerità di slancio con cui ha reso le figure assai dissomiglianti della Barrett-Browing e della Rachel.

Così finalmente ritrovavo tutto il Nencioni in ogni linea, in ogni frase di quel volumetto assai meglio che non l'avessi prima riconosciuto nei medaglioni sparsi nei giornali; così anche gli stessi difetti, o meglio le stesse mancanze, che ora il volume fa più visibili, servivano a rivelarmi perché in un punto egli avesse abbondato, quasi calcato la mano, e in un altro avesse sorvolato e dato soltanto rapidi tocchi, o appena appena degli accenni.

Giacché intorno a queste gentili maîtresses amate e possedute coll'immaginazione (una raffinatezza di più, direbbe qualcuno) egli ha preferenze e capricci. Come in tutti gli amanti, si verifica dentro di lui quel processo di eliminazione che è il fenomeno più caratteristico dell'amore, quello idealizzare incosciente per cui la persona amata vien spogliata di tutti i suoi difetti, quando questi non assumono addirittura il valore di pregi o non diventano la maggiore delle attrattive, spesso l'unica attrattiva.

Perciò talvolta egli chiude gli occhi volontariamente, o non vuol vedere che da un lato solo.

Osservate il medaglione della Krüdner, una strana figura di donna che ama misticamente, che si abbandona misticamente, una specie di santa Teresa dell'illuminismo, una profetessa, un'apostolessa dalla quale è impossibile disgiungere la non meno strana figura dell'imperatore Alessandro di Russia, l'autore della Santa Alleanza, andato poi a morire, per una romanzesca fatalità, quasi sulla tomba della sua ispiratrice, tra le deserte rocce del Caucaso.

Per ogni altro, la Krüdner della Valérie sarebbe rimasta la parte meno interessante di quella figura di donna; la profetessa e poi l'apostolessa, col suo seguito di discepoli e di cooperatori, sarebbe stata certamente la più curiosa, la più piccante. Ma che volete che egli se ne facesse d'una maîtresse che il Gentz ha chiamato vecchia e bruttissima, parlando di questo secondo periodo della vita di lei, e che Napoleone I avea chiamato cette folle madame Krüdner anche quando essa avea pubblicato la Valérie? Per lui, sto per dire, la vera Krüdner è quella del Lezay, que, dans les moments décisifs avec son amant avait coutume de s'écrier: Mon Dieu, que je suis heureuse! Je vous demande pardon de l'excès de mon bonheur!

Chi, leggendo per la prima volta e in volume i medaglioni, non tenesse conto del titolo dove sono apertamente significati gl'intendimenti dell'autore, proverebbe come un piccolo senso di delusione scorrendone le pagine delicate. Medaglioni: l'artista non ha voluto far altro, non bisogna scordarlo. Forse Pastelli sarebbe stato meglio detto; lo stile del Nencioni ne ha tutte le finezze, tutte le sfumature, tutte le mollezze. Non vi accostate troppo la mano; c'è il pericolo di guastare ogni cosa. E sarebbe un peccato.

 

20 Maggio 1883.


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