Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
Gli americani di Ràbbato
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Alla Nicchiara

10. Una visita al podere tanto amato.

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Alla Nicchiara

 

10. Una visita al podere tanto amato.

 

Due giorno dopo, lo zi' Santi, che da mesi non si recava in campagna, volle andare a rivedere il fondo della Nicchiara.

Quei quattro maledetti sassi, come li aveva chiamati Stefano, gli erano cari. Li aveva fecondati tanti anni col lavoro delle sue braccia, col sudore della sua fronte, ed ora quasi non gli sembravano più suoi, dopo che pesava su di essi l'iscrizione del padre di Coda-pelata in garenzia del debito dovuto fare per la partenza dei nipoti.

Era giorno di vacanza, e condusse Menu con sé, a cavallo dell'altra mula detta la Vecchia, da stornella già diventata learda argentina e che più non aveva capricci.

La casetta era in cima alla collina, con l'intonaco tinto in rosso, circondata da ulivi e con un po' di vigna a solatìo.

Al povero vecchio sembrava che il fondo avesse un'aria di broncio contro di lui pel pericolo di poter passare in mano di altri, se il debito non veniva soddisfatto. Poi, a poco a poco, egli si vide sorridere ogni cosa, non appena ebbe legate le mule alla mangiatoia esterna riempiendola di paglia; non appena dalle finestre della camera di sopra poté affacciarsi a guardare dall'alto, dai due opposti lati. Una di esse dava a mezzogiorno e l'altra a tramontana. Menu lo affollava di domande.

«Nonno, che albero è quello?»

«Un noce».

«E quell'altro?»

«Un albicocco».

«E quello accanto?»

«Un ciliegio. Tutti innestati dalle mie mani, quand'ero giovane. È miracolo come resistano ancora. Gli alberi invecchiano come noi. Hanno talvolta però vita più lunga della nostra».

«Anche questi ulivi hai tu innestati

«No, essi contano centinaia e centinaia di anni, me lo diceva mio padre a cui l'aveva detto suo nonno... Sono del tempo dei Saraceni. Non c'è nel tuo libro di scuola

«Ci sarà forse, ma ancora non l'abbiamo letto; voglio domandarlo al maestro».

Lo zi' Santi osservava tutto con crescente commozione.

I due giovanotti prima di partire avevan voluto lasciare ogni cosa in ordine. Nella stanza a pianterreno zappe, falci, aratri disposti lungo i muri; i basti e gli arnesi per l'aratura a cavalcioni ai bracci di legno sprangati. Fuori, nell'aia, la gran bica della paglia con su una piccola croce di canna, e così scavata in basso da un fianco, da sembrare che dovesse venir giù da un momento all'altro; la vigna potata e zappata; gli ulivi rimondati, la legna ricavatane ammonticchiata , a lato alla casa, in tanti fasci legati con le liami.

«Oh, zi' Santi!» si udì chiamare.

«È lo Sciancatello, nonno, laggiù».

Quel contadino, salendo per la viottola che conduceva alla casa dei Lamanna, faceva larghi gesti di saluto a cui lo zi' Santi e Menu rispondevano con gesti uguali. Non era sciancato, quantunque lo chiamassero Sciancatello col soprannome di famiglia.

«O, bravo zi' Santi! Era un pezzo che non vi si vedeva da queste parti».

«E voi, sempre all'ertarispose lo zi' Santi.

«Finché c'è salute! Ci vorrebbero anche i piccioli, è vero. Mah! Dire che ne hanno tanti nella Merica!... E perciò tutti se ne vanno . Se dura di questo passo, le nostre campagne diventeranno una gran grillaia».

E siccome Menu si era messo a inseguire un grosso grillo venuto ad abbatterglisi tra i piedi, lo Sciancatello soggiunse rivolto a lui:

«Allora potrai cavarti la voglia di chiapparne a manate».

«Speriamo di no, compare Lisi», rispose il Lamanna. «Il male è che oggi, chi più chi meno, tutti siamo scontenti di quel che Dio ci . Abbiamo troppa fretta di arricchire».

«E ora che i vostri nipoti sono andati anch'essi nella Merica, volevo dirvi, zi' Santi, aiutiamoci a vicenda, da buoni vicini. Io ho ancora braccia sode. Vengo ad offrirvi l'opera mia, se vi fa piacere. Ci accorderemo alla meglio. Che ne dite

«Grazie, compare Lisi. Ci penseremo. Venite da me domenica prossima».

 


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