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11. Il nonno è preoccupato per Menu.
Si misero ad andare attorno pel fondo. Menu, che finalmente avea chiappato il grillo, li seguiva.
«Lascialo andare, povera bestiolina», gli disse il nonno. «Che male ti ha fatto? Ti piacerebbe se qualcuno, più forte di te, ti prendesse pei piedi allo stesso modo?»
«Io non sono grillo», rispose Menu, facendo una piccola smorfia.
«Lascialo andare!» replicò lo zi' Santi.
«Obbedisci al nonno», soggiunse lo Sciancatello.
Menu rilasciò il grillo, e si mise a correre di qua e di là, abbracciando i tronchi degli alberi, scotendo i rami che penzolavano a portata delle sue mani, tirando sassi ai passerotti, fermandosi di tratto per fare qualche domanda.
«Nonno, perché i fichi d'India hanno le spine?»
Ce n'era una piccola siepe sul margine della vigna.
«Perché il Signore ha voluto così», rispondeva lo zi' Santi sorridendo.
Ogni albero, ogni pianticina, quasi ogni zolla rammentavano al vecchio Lamanna i bei tempi, quando egli era giovane, e dava le sue braccia, il suo sudore, tutta la sua anima a quella terra che i nipoti avevano disprezzata e abbandonata, e già non gli sembrava più quella di una volta.
E guardava Menu con un lieve senso di rimorso, pensando che lo aveva mandato a scuola, mentre invece avrebbe dovuto fare come suo padre, che lo portava in campagna sin da quando aveva quattro anni, e lo teneva là settimane intere, addestrandolo in piccoli lavori. Se lo metteva a sedere davanti sul basto della mula, e gli dava in mano il pungolino col manico di osso nero, o pur la fune della cavezza ch'egli teneva più in su, e lui, bambino, era orgoglioso di guidare la mula; si lusingava così. Menu, ora, poteva più ridursi a fare il contadino dopo di essere andato tant'anni a scuola, e di aver fatto il signorino?
Perciò alla domanda di Sciancatello: «Che ne farete di questo ragazzo?» egli rispose malinconicamente: «Quel che Dio vorrà!»
«Andrò in America», disse Menu, «a fare il medico, come il fratello del nonno che è in Turchia».
«Dovrai mangiarne pane! » soggiunse lo Sciancatello. «Fa' piuttosto il contadino come tuo nonno, come i tuoi fratelli, come me. Perché sai due chicchi di lettura? Vedi, laggiù, laggiù, quell'uomo in maniche di camicia, che zappa senza smettere? Ne sa più di un canonico, più di un avvocato, e legge anche il Rutilio: tu ancora non sai che sia il libro di Rutilio; ora non se ne trovano più... Eppure don Pietro Sgroi ara, zappa, semina, miete... Si sente più ricco di un principe. Starebbe a petto di un presidente di tribunale... E a chi lo chiama don Pietro rimbecca subito: "Mi chiamo zio Pietro io: sono villano io!" » E il don gli spetta meglio che a tant'altri. Capisci?»
Menu guardava in viso il nonno per convincersi se lo Sciancatello aveva detto la verità. E, in risposta, replicava:
«Andrò a fare il medico in America, come il fratello del nonno che è in Turchia».
«A proposito», domandò lo Sciancatello, «non avete più nuove di vostro fratello?»
«Nessuna, da un anno».
«È proprio dalle parti dei turchi?»
«Sì. Dice che là i turchi sono meglio dei cristiani».
«Sempre turchi sono, senza legge di Dio», sentenziò lo Sciancatello. «Ora potrebbe tornare, se volesse. La legge non può più colpirlo; sono già passati trent'anni».
«Ne sono passati quaranta, compare Lisi! Fu infamato a torto, compare; e perciò Dio lo ha aiutato. Vorrei rivederlo, prima di morire... Infamato a torto, povero fratello mio!»
E per cangiar discorso lo zi' Santi, fermatosi davanti a un pero, disse:
«Nel mese entrante verrò a rinnestarti! Sei stanco, lo vedo. Nel mese entrante!»
Parlava al pero con grande dolcezza nella voce, quasi esso fosse in caso di udirlo e d'intenderlo. Soggiunse:
«Noi uomini, compare Lisi, possiamo manifestare i mali che abbiamo, muoverci, andare in cerca del dottore; ma queste buone creature, se non ci badiamo noi, intristiscono e seccano. Chi sa come soffrono senza dir nulla!» Sorrideva, quasi sentisse rifluir nelle vene il caldo sangue della giovinezza.