Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
Racconti
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TOMO II

LE PAESANE

V NOTTE DI SAN SILVESTRO

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V

 

NOTTE DI SAN SILVESTRO

 

Vera notte di san Silvestro per Nino Cottone! E il san Silvestro fu lui. Ecco quel che accade quando non si retta ai consigli dei vecchi che hanno piú esperienza di noi! Mastro Simone, il ciabattino, gliel'aveva predetto:

- Se tu sposi la figlia della Magàra, stai fresco, nipote. Talis matris, talis figlia!

- Tenetevi il vostro latino per voi - gli rispose Nino una volta. - Ai fatti miei bado io. Dalla spina nasce la rosa, dice il motto, e dalla rosa la spina.

- Me lo dirai poi quel che ti nascerà... - conchiuse mastro Simone, tornando a battere la suola.

Nino, alle prediche dello zio, faceva le viste di ridere, ma internamente s'arrabbiava; specie se quella linguaccia di mastro Simone gli ripeteva il suo latino, appreso in sacrestia nel tempo ch'era stato sacrestano della chiesa di san Pietro, anche davanti agli sfaccendati raccolti nella Piazza Vecchia, attorno al deschetto del ciabattino. Ce n'era sempre un bel crocchio, perché mastro Simone aveva continuamente la barzelletta su le labbra e non era soprannominato Parla-parla per niente.

All'ultimo, Nino glielo disse:

- Zio mastro Simone, con me, a quattr'occhi, sputate pure sentenze a modo vostro; siete fratello di mio padre, buon'anima! e debbo portarvi rispetto. Ma dinanzi alla gente, ve ne prego, state zitto sul conto mio -.

Sentendolo parlare serio serio, e vedendolo piantato , con le mani in tasca, le gambe larghe e il berretto a barca calcato quasi sugli occhi, mastro Simone spinse in alto gli occhiali a capestro, che teneva sul naso e gli rispose, ridendo forte:

- Bravo, san Silvestro, glorioso! Bravo davvero! -

E parve una profezia; perché il caso di Nino Cottone fu proprio simile a quello di san Silvestro che portò, tant'anni, in collo la sorella per preservarla da un malanno, povero santo! e tuttavia gli accadde quel che gli accadde. Mastro Simone lo raccontava spesso e faceva ridere alle spalle del santo gli oziosi che stavano a sentirlo sbraitare contro le donne da mattina a sera, quasi non avesse altro intorno a cui ragionare, e le donne gli avessero fatto chi sa che cosa.

 

La Magàra lo sapeva bene quel che lei aveva fatto a mastro Simone quand'erano giovani tutti e due e dovevano sposarsi. S'era lasciata tentare dal demonio - il figlio del barone che stava di faccia - e pochi giorni prima delle nozze era scappata di casa, lasciando con tanto di naso il povero mastro Simone, che pianse come un bambino e voleva ammazzare il seduttore. Storia vecchia! Oramai chi se la ricordava piú all'infuori di mastro Simone e di lei? L'anno dopo, il figlio del barone, regalatale la dote, e compratale una casetta, l'aveva data in moglie a uno dei suoi fittaioli. Costui, accollatisi gli arretrati, - come disse allora mastro Simone - era stato nominato portastendardo della confraternita di san Luca, protettore delle bestie cornute; e cosí era finita in bella gloria di Dio!

Cioè, non era finita affatto, secondo le male lingue. Si vedeva la Magàra tutta la settimana davanti la porta, con le mani in mano, parata di anelli e di orecchini lunghi cosí, con fazzoletti di seta in testa e sul petto, a far pettegolezzi con le vicine, a fermare i passanti per sapere i fatti altrui; e intanto in casa le pioveva ogni grazia di Dio: olio, fave, frumento, cacio, mosto. Suo marito, che si arrostiva la cuticagna al sole (veramente dicevano peggio di cosí) zappando e arando, veniva in paese soltanto una volta ogni quindici giorni, con la faccia gialla di malaria e la pancia grossa quanto una botte per la milza ingrossata... Storia vecchia, ripeto.

Quando la malaria le aveva portato via quell'ombra di marito, la Magàra s'era vestita a lutto; ma nove mesi appresso, se n'era già trovato un altro. Costui però le aveva subito detto:

- Bada, il passato è passato! Io non voglio essere san Silvestro, come il morto; ti torco il collo... -

E la Magàra, capita l'antifona, aveva fatto senno ed era stata la meraviglia del vicinato; e il suo secondo marito aveva potuto lasciarla vedova anche lui, con una figliuola di quattr'anni, senza essere stato fatto san Silvestro come il primo.

Povero santo!

Mastro Simone il ciabattino lo tirava in ballo a ogni momento nelle barzellette, allorché teneva udienza, come soleva dire, dal suo deschetto, tra una stirata di suola e l'altra, tra un punto di cucitura e l'altro alle scarpacce vecchie raccolte la mattina nel suo giro per le vie; e non si accorgeva, quantunque timorato di Dio, che infine egli sparlava d'un santo dell'altare; e gli altri, che gli stavano attorno e ridevano ai suoi motti, non se n'accorgevano neppure. Cosí, a ogni vigilia di capo d'anno, il suo spasso era metter le forme, i gambali, i trincetti, le stecche e le lesine al sole, tutti schierati in bell'ordine davanti la bottega, e intanto, con le braccia in croce, starsene a sedere su la seggiola senza spalliera.

Se qualcuno gli domandava:

- Che fate, mastro Simone? Non si lavora oggi?

- No, compare, - rispondeva; - oggi è la festa di san Silvestro, il nostro santo! -

E diceva nostro maliziosamente, perché nessuno potesse offendersene, nemmeno coloro che erano piú san Silvestri dello stesso san Silvestro, parecchi! Per costoro mastro Simone calcava su quel nostro santo in maniera cosí speciale, da far sbellicare dalle risa quanti stavano attorno a godersi la farsa...

E appunto cosí lo disse quell'anno al nipote che passava di vestito tutto di nuovo, col fazzoletto pendente, per smargiasseria, un palmo fuor della tasca, e una rosa all'occhiello, da quell'innamorato che era.

- Tra qualche anno, sarà anche la nostra festa, caro nipote! San Silvestro glorioso! -

E fu profeta quel diavolo di mastro Simone.

 

Picchia oggi, picchia domani, il povero Nino si era un po' impensierito.

Il malaugurio dello zio gli metteva freddo alle ossa; e la Magàra, che si accorse del cambiamento al non vederlo piú arrivare allegro come le altre volte, una sera gli si piantò davanti, tenendo le mani sul ventre:

- Se vostro zio vi conta delle sciocchezze e voi gli date retta, guardate, quello è l'uscio; e facciamo conto di non esserci visti -.

Nunzia piagnucolava in un canto, col grembiule agli occhi:

- È vero: voi siete mutato! Mia madre ha ragione.

- Non ci mancava altro! - disse Nino, dando un pugno su la cassa di noce dov'era il corredo della sposa. - Volete farmi bestemmiare? -

Intanto bestemmiava sodo, andando su e giú per la camera, ai singhiozzi di Nunzia che non voleva chetarsi.

- E se non aspettassimo piú fino a santa Agrippina, per sposarci? - egli conchiuse. - Che altro posso dirvi?

- Parlo per mastro Simone - rispose la Magàra, rabbonita. - Non fa che dir male di me, perché non volli saperne di lui, quand'era giovanotto; e inventa tante calunnie, lo scellerato! Ma si scava il posto all'inferno con le proprie mani -.

Cosí non aspettarono fino alla festa di santa Agrippina, com'era già convenuto; e Nunzia fu condotta da Nino nella propria casa, presso le mura, dove non ronzavano mosconi, eccetto che non ci venissero a posta; e se ne sarebbe subito accorto.

Intanto, con la pulce del cattivo prognostico di mastro Simone nell'orecchio, non lasciava d'un passo la moglie, quasi l'aria stessa potesse mangiargliela. La conduceva con lui in campagna, lei su l'asino e lui dietro, a piedi, come un cagnolino; e voleva sempre averla bene in vista mentre andava su e giú facendo i solchi coll'aratro, o stava curvo a sarchiare; e mentre lui bacchiava le mandorle o le ulive, lei, sotto gli alberi, doveva riempire i corbelli.

Le domeniche l'accompagnava prima a messa, poi dalla suocera, ma per pochi momenti, col pretesto che in casa loro c'era molto da fare. A casa, seduto su lo scalino dell'uscio, fumando la pipa, dando una manciata di becchime alle galline, barattando qualche parola coi vicini o con qualche amico passante per caso da quel posto fuori mano, restava piantato fino a sera, quasi a far sentinella.

La zia Maddalena, che abitava la casa accanto, prese a canzonarlo:

- Siete forse cucito alla gonna di vostra moglie? Andate un po' in piazza, a prender aria!

- Aria qui ce n'è troppa, zia Maddalena -.

E continuava a fumare come un turco, con la sua pipaccia che appestava, messo in sospetto anche da quelle parole della vicina.

- Le vecchie - pensava - quando non possono piú darsi al diavolo, tentano di condurgli le giovani; è il loro mestiere -.

Perciò il giorno che la zia Maddalena, vistolo seduto da ore e ore, sbadigliante con tanto di bocca aperta e tanto di braccia stirate, gli disse, ridendo: - Sentite: se voi foste mio marito, vi manderei fuori di casa col manico della granata, in due colpi! - Nino cominciò a sbraitare; e ci mancò poco che non le buttasse alla testa il primo sasso capitatogli sotto mano; quasi colei avesse cosí inteso di fare la lezione a Nunzia, che, secondo lui, non pensava al male ed era una bambina innocente, felice e contenta di vedersi amata e rispettata.

 

Invece, dopo quasi due anni di quella vita monotona, Nunzia se n'era già bella e seccata, quantunque stesse zitta e non lo desse a vedere. E le domeniche, mentre suo marito stava seduto in sentinella sull'uscio, se ne saliva in camera e si metteva a guardare dalla finestra le persone che passeggiavano laggiú nello stradone - ma senza sporgersi sul davanzale, perché suo marito, alzando la testa, non se n'accorgesse - specialmente dopo che da parecchie domeniche, ella aveva visto arrivare, alla stess'ora, nello stesso punto dello stradone, una persona che si metteva a sedere sul muricciolo e restava un bel pezzo a guardare in su, verso la finestra di lei, intentamente.

Oramai ella l'attendeva con qualche ansietà, curiosa di sapere se quella persona venisse, ogni domenica e alla stess'ora, proprio per lei. E durante la settimana, in campagna, teneva il pensiero cosí fisso a quel punto dello stradone e del muricciuolo, che un sabato sera, al ritorno in paese su l'asino, insieme con suo marito che la seguiva a piedi, trasalí e diventò rossa rossa scorgendo mastro Giovanni il misuratore di grano, che forse l'attendeva al passaggio e la guardava avidamente senza badare al marito, e la salutava anche prima di salutare il marito:

- Buona sera, compare Nino.

- Buona sera, mastro Giovanni. Pigliate il fresco?

- Piglio il fresco, compare -.

Lo aveva riconosciuto: era lui! Bel pezzo di giovane, con barbetta bionda e occhi furbi. Anche quella sera egli non andò via fin che non la vide affacciare dalla finestra: e la salutò, levandosi il cappello a cencio.

- Che guardi cosí incantata? - le disse Nino, di cima alla scala, salendo con una bisaccia su la spalla.

E Nunzia, tremante dalla paura che suo marito si fosse già accorto di ogni cosa, si ritirò dalla finestra, alzando le spalle, senza rispondere.

 

Da a qualche mese però, ella aveva cominciato a brontolare sordamente contro il contegno del marito, che pure durava da due anni. Da prima quasi scherzando:

- Che temete? La gente non può mangiarmi con gli occhi -.

Poi sul serio, offesa della perpetua sentinella fattale attorno

- Avete mai avuto qualche motivo per sospettare e dubitare?

- Chi ti dice questo? - rispondeva Nino a testa bassa, mortificato.

- Me lo dicono i fatti; sono stufa -.

Allora Nino rizzò tanto di orecchi, spalancò tanto d'occhi; e la domenica mattina che sua suocera volle trattenere piú a lungo la figlia, invitando il vicinato a mangiare un pugno di càlia e a bere un bicchier di vino per festeggiarne la presenza, Nino mostrava già il suo cattivo umore.

- Quest'orso di mio genero me la fa vedere cosí di rado! -

Egli non aveva voluto gustare né un chicco di càlia, né bere un dito di vino; e mise su tanto di muso allorché mastro Giovanni il misuratore, passando per caso davanti all'uscio, invitatosi da sé, prese a scherzare con la Magàra e con Nunzia, raccontando storielle buffe che facevano ridere tutti.

- Che avete, orsaccio? - disse la Magàra a Nino, vedendolo cosí ingrugnato.

- Mi duole il capo -.

E volle andar via subito, con gran dispetto di Nunzia che, appena giunta a casa, cominciò a piagnucolare e a leticare.

- Il padrone, in casa mia, sono io! - ripeteva Nino.

- Per chi mi scambiate insomma, se siete cosí sospettoso?

- Il padrone sono io! Non voglio mosconi dattorno! -

 

I mosconi, che ora giravano davvero da quelle parti, erano Passolone, Zangàra, Perillo, donnaioli scapestrati; ma facevano le viste di passare di per tutt'altro. Lo trovavano però sempre in guardia sull'uscio, e non lo salutavano neppure. Passava anche mastro Giovanni, col tumulo in una mano e il legnetto da livellare il grano nell'altra.

- Da queste parti, mastro Giovanni?

- Pel mio mestiere, compare Nino -.

Qualche volta andava e veniva anche senza scopo, oziando, quasi quel posto fuori mano fosse da passeggiata.

- A quest'ora, mastro Giovanni? -

Quella sera mastro Giovanni lo aveva tirato in disparte, perché Nunzia non sentisse:

- Compare Nino, in confidenza: è passato nessuno?

- Nessuno, compare.

- Una donna e un uomo?

- Nessuno, compare.

- Fate conto di non avermi visto.

- Va bene, compare -.

E d'allora in poi, ogni domenica sera, dopo una ora di notte, Nino vedeva sfilarsi dinanzi, incappottate, tre o quattro persone che pareva temessero d'essere riconosciute: poi, una donna con la faccia nascosta tra le falde della mantellina; e dopo un pezzetto, al solito, mastro Giovanni che tirandolo in disparte, se Nunzia trovavasi seduta su la soglia dell'uscio, gli domandava in confidenza:

- Compare, è passato nessuno?

- Nessuno, compare.

- Fate conto di non avermi visto.

- Va bene, compare -.

Doveva forse far la spia a mastro Giovanni? Che glien'importava dei pasticci degli altri? Perciò rispondeva di non aver visto nessuno.

E rientrava in casa e chiudeva bene l'uscio. E se Nunzia voleva ragionare intorno a quel misterioso via vai di gente incappottata a quell'ora, Nino tagliava corto al discorso:

- Se la veggano loro. Pasticci! - senza sospettare che il pasticcio glielo preparava la zia Maddalena, recitando il rosario con Nunzia. Nunzia brontolava:

- Santa Maria, madre di Dio... -

E la zia Maddalena le domandava sotto voce:

- Che risposta mi date? -

La zia Maddalena ripigliava:

- Dio vi salvi, o Maria piena di grazie... -

Nunzia rispondeva:

- Non so come fare; mi sta sempre alle costole! Santa Maria, madre di Dio!... -

 

Giusto quella mattina Nino si era trovato a passare, insieme con sua moglie, davanti la bottega di mastro Simone che - messe forme, gambali, trincetti e lesine al sole, e incrociate le braccia - sedeva su la seggiola senza spalliera per la sua solita burletta. Nino sarebbe tornato volentieri addietro, se mastro Simone non l'avesse scoperto da lontano e non gli avesse accennato:

- San Silvestro, nipote mio! -

Questi, per fare il bravo, cavatosi il berretto, e passandosi e ripassandosi la mano su la fronte, aveva risposto:

- Non c'è intoppi, per grazia di Dio!

- Lasciami vedere -.

E mastro Simone gli si era accostato per osservargli bene la fronte, facendo smorfie, ammiccando a Nunzia: - Si scherza, nipote mia! - aggiustandosi gli occhiali per vederci meglio

- Il terreno è ben preparato. San Silvestro ti prosperi! -

Alle risa della gente, Nunzia aveva spinto Nino pel braccio, mordendosi le labbra, senza salutare lo zio:

- Che sboccato e ineducato!

- Fa per chiasso, non capisci? - disse Nino, ridendo anche lui con qualche sforzo mentre mastro Simone gli gridava dietro:

- San Silvestro ti prosperi! -

E lo prosperò davvero, proprio quella notte, quasi lo avesse fatto a posta per celebrare cosí la propria festa.

Nino Cottone non se l'aspettava. anzi si credeva al sicuro. Fumava la pipa appoggiato al davanzale della finestra, dopo che Nunzia lo aveva sgridato:

- Non appestate la camera! -

E di lassú, fumando e sputando, aveva visto passare, nell'oscurità, un'ombra incappucciata; poi, al solito, un'altra; e qualche minuto dopo, un uomo e una donna imbacuccati bene e che facevano pissi pissi fermandosi a ogni passo, quasi la donna riluttasse e colui la trascinasse per forza. Allora, smesso di fumare e di sputare perché costoro non lo scorgessero, aveva teso l'orecchio, curioso di afferrare qualche parola, di riconoscere l'uomo... Passolone, gli era parso alla voce e alla statura... I primi dovevano dunque essere Perillo e Zangàra che andavano di concerto e ne facevano di cotte e di crude con le mogli altrui... A questo punto era rientrato zitto zitto, per spegnere il lume, raccomandando a Nunzia di non fiatare.

- Perché?

- Zitta, ti dico!

E tornò a riaffacciarsi con cautela, sporgendo la testa mentre passava in punta di piedi un'altra ombra nera, che svoltava subito la cantonata, lasciandolo piú imbrogliato e piú curioso, nell'attesa di qualcosa di brutto.

Poi non si vide piú anima viva, non s'intese piú niente per qualche minuto; e intanto arrivava lassú, da ogni parte, il chiasso dei quartieri di sant'Agostino, di san Pietro, di santa Maria; e i lumi passavano e ripassavano dietro i vetri delle finestre, e nuvole di fumo bianchiccio si addensavano sui tetti, spandendo per l'aria odori misti di fritto e di arrosto.

A un tratto, grida sommesse, e mazzate, accosto, alla svolta dalla cantonata. Poi, urli e bestemmie e mazzate ancora...

- Cristo, ci siamo! - disse Nino.

Il cuore gli batteva forte. Ed ecco uno, due, tre che scappano precipitosamente; ed ecco un altro che si lamenta e si trascina a stento lungo il muro:

- Mi hanno ammazzato, santi cristiani!... Compare Nino!... Compare Nino!...

 

A questo modo compare Nino aveva introdotto in casa sua mastro Giovanni che pareva agonizzasse, sanguinante quasi gli si fosse rovesciato addosso un catino da macellaio, e bianco in viso peggio che se gli avessero buttato un pugno di farina su la faccia.

- Compare Nino, un medico, per carità!... E non dite niente a nessuno! C'è di mezzo l'onore d'una donna...

- Fidatevi di me, mastro Giovanni -.

E Nino, povero grullo, era corso pel medico tirandosi l'uscio dietro, sfiatato dalla paura che il ferito non gli morisse in casa.

 

Mastro Simone quella sera, presa una sbornia coi fiocchi, aveva pensato di far una visita al nipote. Arrivato traballando, trovato l'uscio socchiuso, si era arrampicato per la scala quatto quatto, senza che Nunzia e mastro Giovanni se n'accorgessero. Mastro Giovanni rideva, rideva, abbracciando Nunzia (fidando nel lungo tratto di strada che Nino doveva percorrere prima di arrivare dal dottore già avvisato di non venire) e subito aveva tentato di rifare il morto, vista la sbornia del vecchio ciabattino che li guardava con occhi stupidi e imbambolati.

Poi, afferratolo pel petto, e quassandolo con stizza, gli aveva detto, levando in alto i pugni:

- Se fiatate, vi faccio uscire il vino dalle narici! Avete inteso? -

E mastro Simone, briaco fradicio, intese cosí bene che non fiatò, né allora, né dopo. Ogni volta però che incontrava il nipote, lo guardava bene in fronte:

- Qualcosa dev'essere già spuntata , san Silvestro glorioso! -

 

Roma, dicembre 1870.

 

 

 



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