Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
Racconti
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TOMO III

COSCIENZE

XIV SORRISINO

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XIV

 

SORRISINO

 

Pietro Carrara riprese:

- Quanti anni son passati? Non m'importa di ricordarlo precisamente; è sempre poco piacevole sentirsi confermare che siamo già vecchi. Eppure la dolce figura di «Sorrisino» mi è rimasta cosí viva, cosí netta nella memoria che il vedermela ricomparire dinanzi, evocata da una parola, da una circostanza, come oggi, mi fa l'effetto di ringiovanirmi.

Ben meritato quel soprannome! Allora ella aveva appena tredici anni. Il mio amico ed io che l'avevamo ribattezzata con quell'aggettivo - lei non lo ha mai saputo - facevamo le prime armi sentimentali. Io timido, e rimasto poi tale; il mio amico, invece, con arditezze che certe volte mi facevano spalancare tanto d'occhi quando me le raccontava. Fanciullaggini! Non immaginate niente di serio. Ci provavamo alla vita, ognuno a suo modo; lui agendo, io fantasticando.

Egli aveva inventato una parola che meriterebbe di essere accolta nel dizionario della Crusca: «Mulierina». Don Juan da Marana potrebbe invidiargliela. Scommetto che non ne indovinereste il preciso significato neppure se ve la dessi in mille. - Che? - Piccola donna, donnina? Da mulier, si capisce? Appunto ho ricercato in parecchi vocabolari se mai vi si trovasse una parola che non significhi soltanto la cosa, ma che abbia la stessa forma. - C'è: «Piantime», voce generica. Vorrei qui un fiorentino, un senese, un toscano qualunque per domandargli se esiste un vocabolo simile a quello con cui s'indica, nel dialetto siciliano, piú precisamente, il piantime dei cavoli e delle lattughe. Noi diciamo: «cavolina», «lattughina» le pianticelle nate dal seme e che poi, sbarbate, si ripiantano. La «mulierina» indicherebbe le ragazzine da tirar su per amanti a tempo opportuno. Non è fina, gentile e anche supremamente espressiva?

E ora intenderete bene quel che il mio amico faceva. Era un famoso inseguitore di popolanine, di quelle che già mostravano piú palese l'istinto della civetteria. Ne aveva per le mani piú di mezza dozzina alla volta. Se no, avrebbe egli potuto parlare di «mulierina»?

E con che serietà ragionavamo di tali... conquiste per modo di dire! Uscivamo di scuola, coi libri sottobraccio - egli aveva sedici anni, io quindici! Si tratta di storia antica, di piú di mezzo secolo fa! - e ci appartavamo subito dagli altri ragazzi per discorrere dei nostri... affari di cuore.

- Fermiamoci qui - egli mi disse una mattina. - Vedrai che scoperta!

- Un'altra?

- Bellissima. Ripassa per questa via, tutti i giorni, alla stessa ora.

- Ecco la «bruna!» - feci io.

- Fingiamo di non accorgercene; potrebbe darsi che sopravvenisse l'altra... -

La «bruna» era una ragazzina di quattordici anni, la meglio addestrata tra quelle che formavano la «mulierina» del mio amico. Aveva già vinto il ritegno di fermarsi a discorrere con lui; lo attendeva al passaggio, quando egli tornava da scuola a casa; sapeva l'ora, e indugiava a riportare alla sua mamma la risposta per cui essa l'avea mandata in qualche posto o l'oggetto che era stata incaricata di andar a comperare. Scambiavano poche parole, quasi sempre le stesse.

- Come stai? D'onde vieni? Mi vuoi bene? Ci rivedremo piú tardi? -

E lei andava via contenta, orgogliosa di quella scappatella; e lui si dava con me certe arie!... Aveva ragione. Io sarei stato incapacissimo di fare altrettanto. Egli diceva di prepararsi cosí «l'avvenire».

- Un giorno o l'altro quelle ragazzine sarebbero cresciute, avrebbero preso marito -.

Calcolo diabolico! penserete. Vi assicuro che non n'è seguito mai niente di male. La «mulierina» venne poi trapiantata... e non fu il mio amico colui che, per modo di dire, mangiò la pianta assiduamente coltivata. Sic vos non vobis! Sapeva anche Emilio quest'emistichio virgiliano, ma non si curava di riflettere se le circostanze lo avrebbero applicato a lui.

Il suo gran diletto consisteva nel coltivare la «mulierina». Ve lo ripeto: fanciullaggini!

- Fingiamo di non accorgercene - aveva detto.

Ma la «bruna», niente intimidita dalla mia presenza, si accostò per comunicargli sotto voce non so che cosa. Emilio rispose un po' brusco, con gli occhi in fondo alla via. Aveva già visto l'altra, la «bellissima», che veniva avanti, avvolta nella mantellina di panno blu scuro, col vestitino di mussola azzurra picchiettato di pisellini bianchi, e un mazzolino di rose in mano che metteva una macchia sanguigna tra l'azzurro della veste e il blu scuro dei lembi della mantellina.

La «bruna» si era allontanata diffidente, voltandosi piú volte addietro; si era fermata un istante a discorrere con la «bellissima» - si conoscevano - e le aveva domandato di quel mazzolino di rose; lo capimmo dal gesto con cui l'altra lo nascose rapidamente, quasi per sviare quella curiosità. Emilio fremeva; io ero ansioso come allo spettacolo di un gran dramma. A certa età, cose insignificanti prendono importanza che ora ci fa sorridere di compassione. La «bruna» già sospettava? Fatti pochi passi fermatasi di nuovo si era voltata addietro a osservare. E la «bellissima» - Emilio non aveva esagerato - passò via, con tal sorriso negli occhi - soltanto negli occhi - che io non l'ho piú dimenticato. Nel passarci dinanzi però, lasciava cascar per terra il mazzolino delle rose.

- Grazie! - disse Emilio. E si chinò a raccoglierlo.

La «bruna» aveva visto tutto; s'era mossa quasi per venire a chiedere spiegazioni; poi fatta una spallucciata, avea continuato per la sua strada.

- E ora? - feci io.

- Non me n'importa! - esclamò Emilio.

- Come le sorridevano gli occhi!

- È la sua gran bellezza. La chiameremo «Sorrisino», per intenderci quando parleremo di lei -.

Fanciullaggini! Intanto è vero, pur troppo, che non bisogna scherzare, non che col fuoco, nemmeno con la «mulierina», che parrebbe la cosa piú sciocca e piú innocente di questo mondo. Ed è anche vero che le ragazzine, non ostante l'età, sono donne compiute. Come sia accaduto ora non lo ricordo bene, ma ricordo che qualche settimana dopo la «bruna» si vendicava del mio amico mettendosi a civettare con me. Io avevo esitato ad accettare le sue piccole grazie di occhiatine dolci, di saluti... Ma Emilio, da ricco signore... e anche per togliersi un impiccio, mi aveva incoraggiato a corrisponderle e a intraprendere, come lui, la coltivazione della «mulierina». La mia invincibile timidezza m'impedí di fare altra prova.

«Sorrisino?» Oh! Era precoce piú di tutte le altre. Queste civettavano, quasi giocavano all'amore, come per fare il verso alle adulte; lei, invece, si era subito innamorata davvero... E quando vedeva Emilio diventava tutto un sorriso, negli occhi, nelle labbra, direi nell'intera personcina esile e slanciata. Pareva che il sorriso le svampasse come una bella fiammata accesasi nel cuore e che avvolgesse da capo a piedi il suo delicato corpicino.

Io dicevo ad Emilio: - Dovresti contentarti soltanto di lei! -

Ma ormai egli aveva preso quell'aire; aveva istinti da sultano, che turbavano la mia ingenuità...

Quanto eravamo diversi allora dai giovinetti del giorno d'oggi! E di quanto poco ci appagavamo! Emilio, quando dopo molti stenti riusciva a strappare un bacio a qualcuna, credeva di aver fatto una prodezza da gran seduttore. Al giorno d'oggi, c'è giovanini di sedici anni, che prendono posa di stanchi, di seri, di nauseati delle donne!... Ha progredito la società, non c'è che dire! Eravamo in progresso anche noi, come si lamentava mio nonno. Ai suoi tempi - egli assicurava - giovanottoni dai diciotto ai vent'anni, facevano il chiasso per le vie e le spianate, giocando alle piastrelle, a capanniscondere... Io non mi lamento; ricordo soltanto... Il mondo muta: lasciamolo fare!

«Sorrisino» dunque s'era innamorata davvero. Non aveva atteso che Emilio le rubasse un bacio come alle altre. Gli avea buttato lei le braccia al collo, una sera, in un cantuccio di via deserta - allora non c'era fanali - ed era scoppiata in pianto dirotto, annunciandogli che non si sarebbero piú trovati insieme. Era cresciuta e la sua mamma aveva deciso di non mandarla piú attorno cosí sola!

- Passerò io per la via, tutti i giorni, dopo scuola. La domenica ci rivedremo alla messa cantata! -

E quel via vai durò un anno! Io accompagnavo Emilio.

Bisognava vedere «Sorrisino» alla finestra e davanti l'uscio! Quegli occhi brillavano, sorridevano come non ho mai piú visto brillare o sorridere occhi di ragazza o di donna. Se non che il roseo colorito delle sue guance cominciava a sbiadire, e gli occhi si cerchiavano di pavonazzo, e il viso si affilava, e il corpicino delicato dimagriva, dimagriva... Ma il sorriso persisteva piú bello, piú espressivo che mai. Io lo invidiavo al mio amico.

E accadde che un bel giorno mi rifiutai di accompagnarlo. Tutt'a un tratto mi ero accorto di essere innamorato di «Sorrisino» piú seriamente di lui. Ero geloso, soffrivo... Non ho mai sofferto tanto, e cosí chiusamente, in vita mia! E quando seppi da Emilio che «Sorrisino» era malata, che ora si trovava raramente alla finestra, e non poteva piú andare alla messa cantata - l'amore rende spietati - sentii una cattiva gioia, un malvagio sollievo.

Passai piú volte, solo, inutilmente, per quella via. Una mattina però rividi «Sorrisino», accoccolata in una seggiola, davanti a la porta, al sole, avvolta nella mantellina come una freddolosa... Era irriconoscibile, consunta dal mal d'amore, ma sempre con quel divino sorriso nei begli occhi, su le labbra, quasi fosse lieta di morire cosí, «per lui!»

E mi accennò arditamente, come per invocare che io avvertissi Emilio che l'avrebbe trovata , forse per l'ultima volta. Sorrideva intanto, sorrideva!... Mi par di vederla! Nessuna immagine di donna me l'ha piú scancellata dalla memoria!

Fui spietato. Volli serbare tutto per me il divino sorriso di quel giorno... Ed Emilio non ha mai saputo che io piansi «Sorrisino» come se fosse morta di amore per me!... Gli ho fin portato rancore per parecchi anni.

- Povero Emilio! Con tutta la sua «mulierina», non riuscí un don Giovanni. Fu anzi buon marito e buon padre. Quando si dice: - Dall'alba s'indovina il giorno! - Tutti i proverbi falliscono qualche volta.

E se vi è parso - concluse Pietro Carrara commosso, - che io vi abbia raccontato una storiella insignificante, peggio per voi. Niente consola tanto nella vecchiaia quanto il rivivere mentalmente le ingenuità di una volta! -

 

 

 



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