Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
Racconti
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TOMO III

COSCIENZE

XVII IL BRACCACCIO

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XVII

 

IL BRACCACCIO

 

Da tre mesi, giorno per giorno, a ora fissa, l'usciere Massa vedeva comparire nell'anticamera del municipio quel pretucolo nero come il pepe, butterato, con occhi scuri, irrequieti, da spiritato, bazza enorme, zimarra divenuta di color verdognolo stinta dalla polvere e dal sole, e in testa, buttato indietro, il cappello a tre punte che rendeva piú evidente l'ansiosa aria di fretta con cui si presentava a domandare:

- Il sindaco è in ufficio? L'usciere ormai non rispondeva piú o no, ma apriva l'uscio per far l'imbasciata, se il sindaco era in ufficio, o accennava, con gesto di uomo seccato, una delle poche seggiole attorno, e riprendeva a copiare, chino su lo scritto, con le sopracciglia corrugate, per far intendere al noioso che non voleva essere disturbato.

Il pretucolo si metteva a sedere a gambe larghe, col mantello sul braccio sinistro, agitando i ginocchi o picchiando nervosamente su i logori mattoni del pavimento con la punta delle scarpacce schizzate di mota, e di tratto in tratto rivolgeva all'usciere la stessa domanda che gli ripeteva da tre mesi ogni volta che il sindaco non era in ufficio:

- Ritarderà è vero, don Calogero?

- Nessuno vi trattiene - brontolava l'usciere.

E in quei giorni, il sindaco entrando e vedendo scattar in piedi la nera persona del pretucolo che lo attendeva al varco, non poteva frenare una mossa mista di dispetto e di maraviglia per quell'ostinazione che non si scoraggiava neppure davanti alle sfuriate con cui talvolta egli si sentiva spinto ad accoglierlo.

- Niente finora - gli diceva il sindaco aprendo le braccia.

- Come mai? E sono già tre mesi e mezzo! Si sono addormentati sul mio incartamento.

- Se vi figurate che al ministero non abbiano altro da pensare!

- Riscriviamo, signor Sindaco!

- Riscriveremo, oggi stesso! -

Il sindaco lo avrebbe mandato molto volentieri a farsi benedire; ma il padre e gli zii di quel pretucolo erano elettori, era elettore anche lui e non poteva dispiacerseli. Per questo, nei giorni che si trovava di buon umore, lo tratteneva divertendosi a metterlo in imbarazzo.

- Ma infine, che v'importa di essere cappellano delle orfanelle?

- Non hanno cappellano, poverette!... E non hanno confessore!

- Confessatele voi!

- Monsignore non può darmi la pagella se non ottengo la nomina di cappellano.

- Dev'esserci però qualcuno che ha interesse di mettervi il bastone fra le ruote.

- Purtroppo!

- Chi? A me potete dirlo... -

Il pretucolo guardava attorno, movendo rapidamente gli occhi da spiritato, e allungatosi col corpo verso il sindaco per versargli la confidenza in un orecchio, quasi avesse fin paura che le mura sentissero, rispondeva abbassando la voce:

- Chi? Il presidente della commissione! È uno scandalo! - E con la punta delle dita si batteva su le labbra per ricacciare indietro quel che gli gorgogliava nella gola e già stava per uscir fuori.

Il sindaco sapeva benissimo che cosa significassero le parole: «È uno scandalo!» ma faceva lo gnorri, si mostrava stupito, inquieto per la sua responsabilità. E il pretucolo, senza badare che parecchie altre volte avevano riparlato di questo, riprendeva sempre sottovoce:

- Per quella benedetta superiora!... Voce di popolo, voce di Dio!... L'ha fatta entrare lui nell'orfanotrofio a dispetto del regolamento. È forse orfana e povera? E, col pretesto della fabbrica, egli è da mattina a sera, come in casa sua. E: «Venga qua, guardi, senta, signora superiora». Ore ore a parlottare in disparte! I muratori, i manovali ridono sotto i baffi. E le orfanelle che cosa debbono pensare?... Se sarò cappellano... Ecco perché, come lei dice, egli tenta di mettermi il bastone fra le ruote!

- Capisco!... Ma è presidente ed ha qualche santo protettore, lassú, al ministero: il deputato, credo...

- Niente affatto! Anzi! Ho parlato, ho scritto e riscritto all'onorevole... Formali promesse! Il presidente, con la scusa del divieto del papa, non è mai andato a votare per lui... I miei parenti ed io . Il papa perdona, quando c'è una forte ragione a favore della morale... Lo stesso monsignore mi ha detto che ho fatto bene... E poi, non è peccato mortale!

- I deputati promettono sempre, per ingraziarsi gli elettori; bisogna poi vedere... Non vi fidate! -

Il pretucolo non si lasciava intimidire, e insisteva: - Lei ha grande autorità; lei deve farsi valere presso il ministero...

- Ho fatto anche troppo: una ventina di sollecitazioni!

- Un'altra, ancora un'altra perché si sturino gli orecchi lassú -.

Il sindaco però non era sempre cosí di buon umore; e allora il povero pretucolo, sotto il rovescio della sfuriata, rimaneva interdetto, a testa bassa:

- Santo Dio! Non mi lasciate respirare! Siete proprio insopportabile! Vi figurate forse che cascherà il mondo se non vi nominano cappellano? Nomineranno un altro, non nomineranno nessuno... Le orfanelle non possono confessarsi? Accumuleranno i peccati, e se ne sbarazzeranno tutt'a una volta; non ne commettono poi tanti, suppongo. Ci pensi monsignore, in ogni caso! Se dipendesse da me! Ma dipende da lassú... Siete un incubo! Tutti i giorni! Quasi qui, al municipio, non ci sia altro da fare! Ve l'ho detto e ridetto: appena avremo la risposta, sarete avvisato!

- Non importa che si scomodi per avvisarmi. Vengo io! -

Come se il sindaco avesse parlato a un muro!

Era fatto cosí don Lucio Bucceri. Convinto che negli affari l'insistenza è quasi tutto, che cosa poteva importargli se riusciva importuno? Peggio per gli altri! Sbrigassero i suoi affari, se volevano levarselo di torno! Lo sapeva, per via della pagella di confessore, anche il vicario capitolare che, appena lo vedeva comparire, alzava gli occhi al cielo e univa le mani con gesto di rassegnazione, accettando quella inevitabile seccatura in isconto dei suoi peccati. Cosí ripeteva a sua sorella che non poteva soffrire Don Lucio, e brontolava: - Almeno si ripulisse le suola delle scarpe prima di entrare! -

E lo sapevano tanti e tanti altri, perché don Lucio aveva sempre quattro, cinque affari su le braccia, propri, di suo padre, dei suoi zii; e andava attorno, da mattina a sera, da un quartiere all'altro, in fretta, col cappello su la nuca, col mantello attorto a un braccio, con la zimarra stinta che gli sbatteva tra le gambe facendo vedere le scarpacce da contadino, arrossate e intrise di mota. Guardava di qua e di , con quegli occhi da spiritato, in cerca di qualcuno che lo sfuggiva, o che non si trovava in casa quando egli era andato a picchiargli all'uscio, o che gli aveva fatto dire di non essere in casa per liberarsi dalla noia di riceverlo, di sentirgli replicare ogni volta le stesse cose, con le stesse parole, con gli stessi atteggiamenti di supplicazione. E siccome pareva che pur andando in fretta frugasse tra i crocchi, in fondo alle botteghe, protendendo il collo e il viso butterato con la bazza enorme che lo facevano rassomigliare a un bracco in atto di fiutar le macchie cacciando, cosí un bel giorno, non si sa da chi, gli venne appioppato il soprannome di «Braccaccio», quasi «Bracco» soltanto fosse stato poco per lui. E da quel giorno in poi, nessuno piú volle chiamarlo altrimenti. Egli lo sapeva e ne rideva, alzando le magre spalle: - Mi chiamino come vogliono, purché mi lascino fare!

 

Finalmente la nomina di cappellano era arrivata, e monsignore gli aveva accordato la pagella di confessore delle orfanelle! E il presidente della commissione era divenuto verde dalla bile di vederselo ogni giorno davanti a chiedere or una cosa or un'altra per la chiesetta ridotta una stalla. La fabbrica del dormitorio, , stava bene, per comodità delle orfanelle; ma la casa di Dio non poteva rimanere piú a lungo indecente a quel modo!

- Dove volete che io trovi i quattrini?

- Bisogna trovarli!

- Trovateli voi! Il «Braccaccio» volle fargli vedere che avrebbe saputo trovarli! E in quei mesi fu visto andare attorno di casa in casa chiedendo l'elemosína per la sua chiesetta, proprio come un bracco che cerchi la selvaggina, strappando lire, e soldi ai piú restii, ai signori e alla povera gente; tornando a chiedere di mano in mano che le scarse somme sparivano per la calce, per gli operai, pel pittore, per le ramette nuove con fiori di carta da ornar l'altare, per le ampolline da sostituire le vecchie ridotte inservibili, e per tante altre cosettine non meno urgenti al servizio divino.

E come fu orgoglioso e felice quando poté vedere la sua chiesetta - la diceva sua parlandone - bianca da cima a fondo, con gli ornati in istucco tinti in blu (sua idea!) perché si scorgessero bene, con la gran grata del coro colorata in giallo (non aveva potuto farla dorare come avrebbe voluto) dietro cui le orfanelle assistevano ogni mattina alla messa, recitavano il rosario, cantavano le litanie e ascoltavano i suoi sermoni, le domeniche, con grandissima stizza delle donne del vicinato abituate a sentire colà una messa sbrigativa e tornarsene a casa.

E mentre il presidente della commissione, col pretesto di sorvegliare la fabbrica, dava lo scandalo di passare intere giornate a chiacchierare con la superiora, egli, scomodamente seduto sur una seggiola impagliata, teneva incollato l'orecchio alla piccola grata dietro cui le orfanelle venivano a sussurrargli i loro peccati insieme coi pettegolezzi della comunità, e ricevevano le ammonizioni e i consigli e le penitenze, una appresso l'altra, dopo la messa, fino a mezzogiorno. Verso sera, egli era di nuovo pel rosario e per la benedizione, sorvegliando il ciabattino che aveva gratis la bottega in compenso del suo ufficio di sagrestano. Costui ora doveva rigar diritto e tener pulita la chiesetta e il bugigattolo della sacrestia senz'uscio e senza neppure un armadio da poter riporre i paramenti sacri che ogni volta, terminate le funzioni, dovevano esser riconsegnati a una delle orfanelle, sacrestana interna, col mezzo della rota praticata a destra dell'altare.

La superiora era venuta ultima al tribunale di penitenza, attesa impazientemente. I maligni dicevano che tra il presidente e lei fossero corse cose poco pulite prima che egli la facesse entrare nell'orfanotrofio; e quantunque dicessero anche che il presidente, preso poi da scrupoli di bigotto, avesse voluto riparare al mal fatto rinchiudendola colà, il loro contegno, per lo meno, non sembrava prudente.

- Figliuola mia, avreste dovuto capirlo, e da un pezzo, che non sta bene!... - le disse.

- Il signor presidente ha la bontà di consultarmi intorno alle faccende dell'orfanotrofio.

- Non occorre però che vi consulti in disparte e tutti i giorni. È anzi malissimo, per riguardo delle orfanelle. Fate che sia presente sempre una di esse, come nei monasteri, quando una monaca deve parlare con qualcuno che non è suo stretto parente. Dare scandalo, sia pure con l'apparenza, è peccato grave. Io non posso assolvervi, se non vedrò prima l'emenda...

Il presidente andò su le furie quando apprese quel che il «Braccaccio» pretendeva dalla superiora. Con che diritto voleva mescolarsi ne le faccende interne dell'orfanotrofio? L'avea sbagliata! Che si figurava? D'aver da fare con un babbeo, pezzo di «Braccaccio», che non era altro? E «Braccaccio» a tutto spiano, davanti ai muratori, ai manovali e anche alle orfanelle, che di tanto in tanto venivano a dare un'occhiata di curiosità ai lavori del nuovo dormitorio e scoppiavano a ridere quantunque si trattasse del loro confessore.

Per questo avvenne che la comunità si dividesse in due partiti; uno formato dalla superiora e da quattro o cinque delle anziane, l'altro dalle piú giovani che andavano ogni giorno a far pissi pissi dietro la piccola grata, come la notte stavano a far pissi pissi dalla parte del vicoletto cieco dove non abitava nessuno, sporgendosi dalle finestre per conversare coi giovanotti e afferrare i mazzetti di garofani e di basilico che quelli buttavano in alto - Questo per Lisa! Questo per Carmela! Questo per Giovanna! - intanto che la superiora dormiva o fingeva di dormire forse, a fine di non accattarsi odi e di farsi perdonare le conversazioni col presidente.

Il guaio accadde quando la superiora, mal suggerita, volle mostrarsi rigorosa per castigare le piú accanite del partito del cappellano. Il presidente rincarò la dose facendo murare quelle finestre che non giovavano piú, ora che nel nuovo dormitorio già erano schierati in doppia fila i letti, e ordinando, inoltre, alla superiora di serrarne l'uscio a chiave durante la notte.

Fece anche peggio quel fegatoso del presidente.

- Caro... - e ci mancò poco che non soggiungesse «Braccaccio» - caro signor cappellano, bisogna regolare questa faccenda della confessione. Una volta al mese... una volta ogni quindici giorni... se cosí vi piace... Ma tutti i giorni, no. Le orfanelle devono lavorare per guadagnarsi il pane, e non perdere il tempo a conversare con lei...

- Conversare?... Prego! Prego!... - protestò il «Braccaccio».

- Sono maliziose; voi non ve n'accorgete. Ve l'hanno mai detto che facevano all'amore, dalla parte del vicolo cieco, ogni notte?... Non ve l'hanno mai detto.

- Che ne sapete? Io non posso né debbo rivelare le confessioni - lo interruppe il «Braccaccio».

- Ho dovuto far murare quelle finestre. Orfanelle, va bene, ma ragazze col sangue infocato e con le teste per aria!... Le compatisco, e una notte o l'altra, non ostante le vostre confessioni e comunioni e i vostri sermoni domenicali...

E lo lasciò , stupito di quelle rivelazioni, turbatissimo, quasi le penitenti gli avessero fatto un tradimento! Quella mattina, don Lucio sbrigò la messa piú lestamente del solito, e quantunque avesse udito picchiare dietro la piccola grata, segnale che qualcuna volesse confessarsi, finse di non averci badato; e andò via, imbronciato, a capo chino, proprio come un bracco che ha cacciato inutilmente.

Che significavano quel profondo dolore e quello sgomento che gli facevano battere il cuore con non mai provata violenza? Perché gli si presentavano insistentissimi davanti agli occhi i visi delle tre penitenti predilette, alle quali egli aveva insegnato a cantare le strofette della consacrazione perché poi le insegnassero alle altre, e le cantassero insieme le domeniche a fin di render piú solenne la messa, poiché la chiesetta era cosí povera da non avere un piccolo organo per rallegrare le sacre funzioni?

E tutti gli scrupoli che lo avevano tormentato in seminario, quando si preparava al sacerdozio, gli ripullulavano improvvisamente nell'animo, rimproverandolo di essersi lasciato tentare dal demonio per mezzo di quelle tre penitenti alle quali credeva di essersi affezionato spiritualmente, e che ora scopriva di volerle bene in tutt'altro modo, e tutte tre a una volta, peggio del presidente che almeno si contentava della sola superiora! Ecco perché si era ripulito, dal nicchio spelato alle scarpacce, dopo che esse gli avevano detto:

- Padre cappellano, si compri un cappello nuovo! Padre cappellano, si faccia una bella zimarra nuova! Padre cappellano, si faccia un paio di scarpe con le fibbie d'argento! Infatti, da qualche tempo in qua, egli non sembrava piú il «Braccaccio» di una volta con quel nicchio lucente, con quella zimarra di panno fino, le scarpe sempre ripulite e ornate di fibbie d'argento, e le collarine bianche come la spuma, che le tre penitenti gli lavavano e stiravano a gara, dopo avergliene orlate una dozzina!

Gli scrupoli però non erano riusciti a impedirgli di riprendere, passata quella triste settimana, la vita di prima; di sentire un profano piacere durante la confessione, quando dietro la piccola grata si facevano udire i mormorii delle note voci di quelle tre, e di intrattenerle piú a lungo delle altre per tentar di strappar loro il segreto delle notturne conversazioni coi giovinastri e che tutte e tre si ostinavano a negare.

- Siete in peccato mortale!... Commettete sacrilegio!

- Io voglio bene soltanto al padre confessore, senza malo fine - rispondevano tutte e tre, forse messesi d'accordo, dopo le prime avvisaglie.

E lui se ne compiacque, e gli scrupoli rinascenti gli resero piú vivo quel compiacimento, fino al giorno in cui la gelosia scoppiò tra quelle, perché ognuna voleva esser sola nella predilezione del padre confessore, ora che non avevano lo svago di poter amoreggiare la notte dalle finestre del vicolo.

Il «Braccaccio» perdé la testa quando una di esse ebbe la sfrontataggine di dirgli chiaro e tondo che voleva essere la preferita.

- E quando uscirò di qui, verrò a farle da serva in casa!

- ! ! - egli rispose, cosí sbalordito da non capire quel che diceva e faceva. Fu la sua rovina!

 

Se la prendeva col presidente, con la superiora, con gli invidiosi, con le pettegole dell'orfanotrofio; e si sfogava, si sfogava con la gente, affermando che non era vero, che monsignore era stato ingannato, e il sindaco pure; e che gli avevano fatto una grande ingiustizia levandogli la cappellania, dopo ch'egli aveva rimesso a nuovo la chiesetta e ravvivato il culto, spendendo anche del suo per certi arredi sacri!

Era come una mosca senza capo ora che non aveva nessuna occupazione all'infuori di quella di dir messa e di andar a recitare l'ufficio in coro; e non lo distraevano neppur gli affari pei quali era tornato a braccheggiare di qua e di , visto che il sindaco non si era lasciato smuovere dalle insistenti preghiere, e neppure il vicario capitolare, e neppur monsignore per rimetterlo al posto, infamemente toltogli, egli andava ripetendo a chi voleva e a chi non voleva saperlo.

E spesso, per dispetto, pensava davvero di commettere la balordaggine di cavar fuori dall'orfanotrofio colei che gli aveva detto: - Verrò a farle da serva in casa! - Almeno cosí presidente, superiora, pettegole, sindaco, vicario capitolare, monsignore avrebbero avuto la sodisfazione di averlo costretto a fare quel che non avrebbe mai fatto senza le loro calunnie! E diceva: - Calunnie! - in buona fede, quantunque pensasse, piú spesso che non fosse necessario, a quella penitente che gli mandava a baciar le mani per mezzo del ciabattino sacrestano.

Egli veniva pure a raccontargli i suoi guai per via del nuovo cappellano che lo aveva, chi sa perché, su la punta del naso!

- Ah, i bei tempi quando vossignoria era ! Per questo tutte le orfanelle non cessano un istante di dir bene di lei, e le mandano a baciare devotamente le mani. Giovanna Pepe piú particolarmente delle altre, poveretta! -

Gli sfoghi del sacrestano finivano sempre con quest'antifona da che aveva notato che il «Braccaccio» n'era tanto lusingato da regalargli due o tre soldi ogni volta, soggiungendo sotto voce:

- Salutatela da parte mia! È una buona figliuola! Ci hanno calunniato, caro maestro Onofrio! -

Non sentiva piú ambizioni di sorta alcuna. Col cappellanato gli avevano tolto ogni forza di attività; e se rifletteva che ormai era tempo di farsi nominare canonico, alzava le spalle!

- A che scopo? Non ci sono piú prebende! Si becca tutto il parroco, buon pro gli faccia! -

E già si trascurava, quasi non avesse piú nessuna ragione di spazzolare il nicchio, di riguardarsi dal macchiare la zimarra, di cambiare piú spesso la collarina, di farsi ripulire ogni mattina le scarpe!

E un bel giorno si risolse di abbandonare il paese, di andar a dimenticare altrove, lontano, in qualche cura di villaggio colei che non gli lasciava aver pace, mandandogli a baciare le mani col ciabattino sagrestano.

Il vicario capitolare lo vide ricomparire con spavento ogni mattina:

- Monsignore non ha risposto?

- Non ha risposto!

E la sorella del vicario era tornata a brontolare: - Almeno si ripulisse le scarpacce prima di entrare! -

Vedendo che monsignore non provvedeva, andò a fissarsi a Caltagirone, nella lurida stanzuccia di un luridissimo albergo; e ogni mattina, a ora fissa, si presentava nell'anticamera del palazzo vescovile, per l'udienza.

- Monsignore deve farmi la grazia!

- Ma non c'è un posto vuoto!

- Da coadiutore; mi contento! Monsignore è stato ingannato; deve riparare l'ingiustizia che gli hanno fatta commettere!

- Non posso fare ammazzare un curato per dare il posto a voi, figliuolo mio!

- Monsignore deve farmi la grazia! -

 

Un mese di supplizio per monsignore.

Fatalità! La mattina che don Lucio Bucceri arrivava nel villaggio sperduto su le falde dell'Etna per insediarsi nella cura, si trovava colà un carrettiere del suo paese.

- Ah... - esclamò costui - monsignore vi ha regalato il «Braccaccio»? -

E anche colà i nuovi parrocchiani dovettero presto convenire che il soprannome era ben trovato!


 

 

 


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