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VI.
La nonna era meravigliata della precoce assennatezza di Ada. Dopo alcune settimane, non le pareva più di avere con sè una bambina di otto anni, ma una donnina addirittura.
— Nonna, vuoi che ti faccia il caffè la mattina?
— Sì, nonna; la mamma m'insegnava tutto.
— Vediamo dunque.
— Amo di bere un buon caffè, e per ciò me lo son preparato sempre con le mie proprie mani.
E la nonna dovè confessare che raramente aveva preso una tazza di caffè così buona come quella preparatale da Ada quella mattina.
— Nonna, vuoi permettermi di rifare la tua camera?
— Spazzare, spolverare, riordinare gli oggetti; so fare ogni cosa. Soltanto.... che una; sono piccina e, da me sola non riesco a rifare il letto. Mi aiuterà la Giovanna.
— Oh, io non aspetto la mattina per abborracciarli in fretta e furia. La mamma me li faceva fare, sotto la sua direzione, la sera, prima di mettermi a letto. Ora ci ho preso l'abitudine. Se vado a letto senza aver fatto i cómpiti, non posso addormentarmi.
— Brava! —
E la nonna le aveva permesso di farle rifare la camera. Non le aveva detto niente, per vedere quel che la bambina sapesse fare da sè. Di tratto in tratto s'era affacciata all'uscio, rispondendo con un cenno del capo e con un sorriso alla domanda di Ada:
La bella creaturina, con un fazzoletto annodato attorno alla testa per salvare dalla polvere i capelli, con le maniche del vestitino di casa rimboccate fino ai gomiti, spazzava, ripuliva, spolverava, arrampicandosi su le seggiole quando non arrivava con le braccia all'altezza di certi mobili. Pareva uno scoiattolino, tanto lesta si moveva, mentre stringendo le labbra e corrugando le sopracciglia per l'attenzione, riordinava sul cassettone e sui tavolini i diversi oggetti, i ninnoli, i vasetti da fiori, cambiando la disposizione di essi, se le pareva che non dovessero in quel modo contentare la nonna.
E la nonna accennava di sì, sorrideva e doveva fare un vivo sforzo per trattenere le lagrime che le riempivano gli occhi. La vecchia Giovanna era rimasta incantata del bel modo con cui la bambina tirava e rimboccava le lenzuola, e sprimacciava i guanciali.
— Ora la nonna non avrà più bisogno di me — le disse ridendo con la bocca sdentata. — Vuoi farmi cacciar via?
— No; tu puoi fare tante cose che io non posso fare. —
E la vecchia, baciatala affettuosamente, le aveva parlato a lungo della mamma di lei, buon'anima!
— Mi voleva bene più degli altri! L'ho pianta tanto quando seppi della disgrazia!
— Vorrei morire, per andare a trovarla! — esclamò la bambina.
— C'è ancora tempo, figliolina mia! Ora tu devi essere la consolazione della nonna.
— Sai, Ada, non dire più bugie! La nonna è buona; perdona tutto; ma le bugie non le può patire: per questo non vuol bene a Gina che ne dice sempre. —
Ada si sentì stringere il cuore e non rispose.
Quando giunsero i cuginetti, Ada lesse sùbito negli occhi di Matilde quel che ella pensava di lei. In quegli sguardi dolcissimi c'era una tristezza mite, rimprovero e interrogazione nello stesso punto: — Perchè hai mentito, Ada? Perchè? — e la povera bambina soffriva di non poter rispondere anche a lei, come, avrebbe voluto rispondere alla Giovanna: — T'inganni, Matilde! —
Sentiva che, fra i cugini, ella sola le voleva bene e gliene era gratissima, e faceva di tutto per dimostrarglielo; per ciò le saltò al collo, estremamente commossa, appena Matilde le disse:
— Ada, tu farai il chiasso soltanto con me. —
Si appostarono in un camerino accanto allo stanzone, dove gli altri si erano messi a ricrearsi, a saltare, a urlare come tanti demonietti scatenati; e mandavano già le bambole a scambiarsi le visite, allorchè entrò all' improvviso Gabriele:
— Venite; faremo un bel gioco.
— Abbiamo da fare — rispose Matilde.
— Che cosa? Cercar le pulci alle bambole?
— Sì: ma vattene.
— Allora vi porteremo la polvere contro gl'insetti. —
Vedendolo andar via con un ghigno e stropicciandosi le mani, Ada domandò a Matilde:
— Ci faranno qualche dispetto?
Matilde posò la bambola che aveva in mano e, con la stessa rapidità con cui s'era risoluta, si mosse. Ada avrebbe voluto trattenerla o seguirla, ma la timidezza e il turbamento le impedirono di fare un gesto, di dire una parola. Rimase con la sua bambola stesa sur un braccio quasi per cullarla e con gli occhi fissi all'uscio da cui dovevano comparire la nonna e Matilde.
Comparvero invece i cugini in processione, uno dietro all'altro, borbottando fra sbuffi di risa, con voce ingrossata: Meo-meo! Meo-meo! per imitare la salmodia dei frati. Riccardo reggeva un vassoio di metallo bianco colmo di cenere; Gina portava in ispalla, a mo' di fucile, le molle del caminetto, Lalla un asciugamani steso su le braccia sporte in avanti, e Gabriele il soffietto brandito pei manichi e retto in alto a guisa di ostensorio.
Ada li guardava, senza poter ridere della buffa scena, e col presentimento che, vedendola sola, quei cattivi stessero per farle qualcosa di brutto.
La processioncina l'aveva presa larga nello stanzino, girando attorno, rasente alle pareti, lentamente, continuando a salmodiare: Meo-meo! Meo-meo! Arrivati davanti alla seggiola dove Matilde aveva deposto la bambola, Riccardo si era fermato, Gina aveva fatto il gesto di presentare le armi, Lalla si era inginocchiata tendendo l'asciugamani a Gabriele; presa la bambola, ve l'aveva deposta su, intanto che Riccardo si accostava col vassoio ripieno di cenere.
— Meo-meo! Questa è la polvere contro le pulci! Meo-meo — intonò Gabriele.
E col soffietto soffiò nel vassoio, la povera bambola fu coperta di cenere.
— Cattivi ! Perchè non c'è Matilde? — disse Ada fremente.
— Meo-meo! Meo-meo! Questa è la polvere contro le pulci! Meo-meo! Meo-meo!
— Anche la tua bambola ha le pulci! — soggiunse Gabriele togliendogliela di braccio con rapida mossa.
Ada gettò un grido e portò le mani agli occhi per non vedere.
Sentiva il rumore del soffietto, e le risate di tutti: avrebbe voluto chiamar soccorso: — Nonna! Nonna! Matilde! Matilde! ma la commozione le stringeva la gola, le strozzava la voce.
Le risate dei cugini diventarono a un tratto più forti, il rumore del soffietto era cessato.... Che facevano dunque! Ada non potè più frenarsi, ritirò le mani dagli occhi, e guardò — Brutti cattivi! — urlò.
E si precipitò addosso a Gabriele per levargli di mano la bambola già ridotta irriconoscibile. La resistenza di Gabriele e di Riccardo, irritandola di più, la resero furibonda. Pallida, coi capelli in disordine, gli occhi sbarrati, il labbro inferiore stretto tra' denti, le mani convulse, urtava, picchiava, graffiava senza capire quel che facesse; e capitàtagli tra mani la bambola, l'afferrò poi piedi e cominciò a sbatterla in capo a Gabriele, che urlava Ahi! ahi! e tentava invano di difendersi. Alla vista del sangue che colava dalla fronte di Gabriele, Gina e Lalla si misero a strillare, entrarono nella zuffa anch'esse, ma bastò uno spintone di Ada perchè tutt'e due rotolassero per terra....
— Fermi! Che fate? ch'è stato....
Le voci della nonna e di Matilde arrestarono i rissanti, anche prima che le due sopravvenute potessero inframmettersi e dividerli. Gabriele si teneva stretta la fronte da cui scendeva un filettino di sangue; Ada sembrava di sasso, immobile con gli occhi sbarrati e le braccia che tenevano stretta stretta al petto la povera bambola quasi per proteggerla da nuovi insulti; Riccardo si scoteva d'addosso la cenere del vassoio rovesciato, e Gina e Lalla si alzavano da terra aiutate da Matilde, piagnucolando:
— È stata lei! è stata lei!
La nonna si era fermata, incrociando le mani, e guardando, come interdetta, ora l'uno ora l'altro dei nepotini, mentre Matilde ora scoteva Ada sempre fuori di sè, immobile e con gli occhi sbarrati, ora confortava Gabriele asciugandogli il sangue che usciva dalla feritina ricevuta proprio in mezzo alla fronte:
— Dio! Ada! Ada!... Non è niente, Gabriele! Va'a lavarti con l'acqua fresca.
— Porta via quella bambina! — le disse la nonna.
La povera nonna era stupita di così insolito fatto, e non trovava le parole per interrogarla. Seguì con gli occhi Matilde che, presa Ada pel braccio, la spingeva, sorreggendola, fuori dello stanzino; disse: — Zitte! zitte! — alle due bambine che non si chetavano, e finalmente, rivolta a Gabriele, lo rimproverò severamente
— Sei stato tu!
— È stata lei! Guarda nonna! —
E mostrò le mani intrise di sangue.
— Noi si faceva per chiasso — tentò di scusarsi Riccardo.
— Bel chiasso!... Chiasso da sporcaccioni.
— Perchè non voleva divertirsi con noi? — disse Gabriele.
— Che v'importava?
— È superbiosa! Ma che si crede? La regina?
— Invece è buona e modesta; la fate diventar cattiva voialtri.
— Lo so, nonna, lo so! Il babbo ci ha detto: Ora la nonna non vi vorrà più bene come prima! — replicò, imbroncito, Gabriele.
— Il tuo babbo è uno sciocco: diglielo in mio nome; e tu va' a lavarti il viso con l'acqua fresca, sùbito.... E anche voialtri andate a ripulirvi o a farvi ripulire da Giovanna! —
La voce della nonna tremava dall'indignazione. Dietro i fanciulleschi dispetti dei nipotini contro l'orfanella, vedeva il basso interesse dei loro parenti, che, pur di colpire quell'innocente e sventurata creaturina, non rifuggivano dal servirsi di altre innocenti creaturine e pervertirle, insinuando nei loro teneri cuori sentimenti cattivi! Ah, ma se si figuravano che, facendo a quel modo, dovessero vincerla, s'ingannavano di gran lunga; facevano peggio; la mettevano in puntiglio. Era vecchia sì, ma il cervello lo aveva tuttavia a posto, e il cuore pure. Dio mio! Dire ai bambini: Ora la nonna non vi vorrà più bene come prima! Perchè non avrebbe dovuto volergli più bene come prima? Perchè ora aveva una nipotina di più? Voleva bene a tutti egualmente. Non poteva darsi pace di esser creduta parziale, quasi tutti non fossero sangue suo nello stesso grado! Loro erano parziali, loro ingiusti, e poco rispettosi con lei. Ella gli dava l'esempio del perdono e dell'emenda, e loro le rinfacciavano emenda e perdono.... Avevano ragione. Non gli aveva dato il cattivo esempio di essere stata inesorabile verso la propria figliuola, loro sorella?... Ma ora ella voleva riparare il mal fatto; dovevano aiutarla, imitarla, non rimproverarla, rammentandole: Sei stata ingiusta una volta! Non dirle: Dovresti continuare ad essere ingiusta anche a costo di far soffrire un'orfanella che non ha nessuna colpa!
E ripeteva:
— Dio mio! Dire ai bambini: Ora la nonna non ci vorrà più bene come prima! —
Le sembrava un'enormità che la faceva fremere di orrore.
E rimandando sùbito i bambini a casa, più che a loro, intendeva dare una lezione ai loro parenti.
— Tu resta — disse a Matilde, che veniva a chiamarla in fretta.
— Che è stato?
— È in convulsione, sul letto! —
La povera bambina tremava tutta, si agitava con forti scossoni. La nonna le spruzzò il viso con acqua fresca, le diè ad odorare dei sali; e quando la bambina rinvenne e scoppiò in pianto dirotto, la sollevò a sedere sul letto, la strinse tra le braccia, baciandola, ravviandole i capelli, dicendole tante dolci parole, finchè non la vide acchetata.
— Tu resta — replicò poi a Matilde, che si preparava a seguire i suoi.
— È meglio che vada via anch'io, nonna, — rispose Matilde. — Racconterò tutto alla mamma; altrimenti....
— Sì, è meglio, va'.... Finirò col non volervi bene davvero, — soggiunse — se continuerete così!
— Nonnina mia, io che c'entro?...
— Hai ragione. Tu sei buona. —
Ada non piangeva più; teneva la faccia tra le mani. Non osava guardare la nonna; era vergognosa dell'atto villano a cui era trascesa, percotendo il cugino con la bambola fino a fargli una ferita, e pensava: Le avrebbe perdonato la Nonna?
E appena Matilde fu andata via, ricominciò a singhiozzare e a piangere, tenendo ancora la faccia tra le mani:
— Nonna.... mi.... perdo.... nerai?
— Si, sì, carina mia!
— Non.... volevo.... fargli.... male!
— Sì, sì, carina mia!
— Un'altra.... volta.... non lo farò.... più!
— Certamente, carina mia!
— Nonna, se è vero.... che mi hai perdonato..
— Non piangere, cara; ti ho perdonato davvero....
— Dovrai.... te ne prego.... richiamare i cugini!....
— Li richiamerò, bambina mia!
— Tu sei un angiolo, bambina mia. —