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Trovato un giuoco nuovo, i ragazzi Perotti ne avevano almeno per un mese; poi lo abbandonavano e non ci pensavano più. Ma per quel mese, la povera signora Perotti e la signora Eufemia, zia del marito di lei, dovevano chiudersi in camera o scappar di casa.
La mamma era indulgente, troppo indulgente con quei figliuoli. — Non hanno altri divertimenti — pensava; e li lasciava fare.
La zia, vecchia zittellona, purchè non le toccassero il canino che ella portava quasi sempre in braccio per casa e fuori, li lasciava fare anche lei; tanto più che Ubaldo, il maggiore dei ragazzi Perotti, aveva scoperto il modo di fare star zitta la vecchia, come irriverentemente la chiamavano tra loro. Se per caso la signora Eufemia li sgridava, infastidita dal gran chiasso di quei demonietti, Ubaldo, pronto, le diceva
— Allora facci divertire col tuo canino. —
Aveva provato una volta e le era bastato! Se non glielo avevano strozzato, trascinandolo con una cordicina al collo per la terrazza, era stato proprio un miracolo.
E siccome il babbo usciva di casa la mattina, e tornava tardi la sera, all'ora di pranzo, occupato in una fabbrica di mattoni fuori Porta Salara, così essi rimanevano liberi di sfogarsi con tutte le capestrerie possibili e impossibili.
Bisognava dire per loro scusa, che studiavano davvero; ma, appena fatti i cómpiti di scuola e imparate le lezioni, nei giorni di vacanza specialmente, si davano a ogni sorta di chiasso.
In quel mese, per esempio, il loro divertimento preferito era quello dei suonatori ambulanti. Avevano visto quattro poveri diavoli, due uomini e due donne, che tutti i giorni, alla stessa ora, venivano da una settimana a strimpellare le chitarre e i mandolini davanti il caffè della loro via, sotto la casa dirimpetto e si erano messi a fare i suonatori ambulanti. Ubaldo ed Ernesto indossavano due vecchi soprabiti e si mettevano in testa due cappelloni del babbo; Ida ed Eugenia si buttavano addosso due vecchi scialli della mamma, e trin trin, tran tran, dietro questo o quell'uscio che figuravano da caffè. Ida e Ubaldo anche cantavano, come quei poveri diavoli; e all'ultimo Eugenia andava attorno col piattino dalle seggiole e dai tavolini che figuravano da avventori.
Ogni giorno però cominciavano la suonata e la cantata dietro l'uscio del salotto della mamma, o dalla zia Eufemia, che dovevano dare davvero qualche soldo, se no quei birichini non se n'andavano. I soldi venivano riposti in un salvadanaio per comprare poi paste e cioccolatini, o per darli in elemosina quando suonava al loro uscio qualche povero e la mamma non era in casa. Oltre ad essere studiosi, avevano buon cuore quei ragazzi.
Ma ecco quel che accadde un giorno. Il signor Perotti doveva andare a Frascati per un affare che interessava la fabbrica da lui diretta. Era partito, e dopo pochi minuti la signora Perotti lo aveva visto tornare a casa.
— Che è stato?
— Niente. Vèstiti, mettiti il cappellino; ti conduco con me.
— E i bambini?
— Resteranno con la zia e con Marietta, la serva. —
La signora Perotti, dal sorriso del marito aveva capito sùbito. Egli s'era ricordato che quel giorno era l'anniversario dal loro matrimonio; e poichè non potevano celebrarlo in famiglia — gli affari imponevano così — avrebbero passato la giornata insieme a Frascati, come due sposini novelli.
— Torneremo presto?
— Sì, questa sera per la cena. Non diciamo niente ai ragazzi, altrimenti faranno disperare la zia. Marietta non ha nessuna autorità sopra di loro. —
Ed erano partiti.
Tornati dalla scuola, i ragazzi, al solito, avevano cominciato dall'uscio del salotto della mamma il loro giro da suonatori ambulanti; ma la mamma non era in casa. La zia Eufemia, prevedendo un raddoppiamento di chiasso per quel giorno, era uscita a passeggiare e a far visite, portando via, in braccio, il suo canino.
Marietta quindi s'era trovata sola sola di fronte a quei diavolini scatenati. Contadinetta ancora rozza, venuta di fresco dalla campagna, coi capelli spettinati e le vesti un po' sciatte, si lasciava facilmente intimidire dai padroncini, che spesso la canzonavano perchè dava del tu a tutti, anche alla zia Eufemia; la quale ci si arrabbiava e la riprendeva sempre:
— Io sono lei, non sono tu! —
Ubaldo, dopo insistenti domande, aveva strappato di bocca a Marietta il segreto della gita a Frascati del babbo e della mamma; e tutti e quattro, visto che la zia era scappata di casa, si erano messi a urlare:
E sùbito, indossati i soprabiti e i cappellacci smessi del babbo e gli scialli stinti della mamma, i suonatori ambulanti cominciarono il loro giro per tutta la casa, principiando dalla cucina dove Marietta se ne stava seduta per far la calza.
Eugenia aveva un ventaglio di foglia di palma, Ida un pezzo di legno, che figuravano da mandolini; ma Ubaldo suonava proprio una chitarra sfasciata, con corde di spago, ed Ernesto un mandolino di cartone costruito da sè.
Figuriamoci che musica e che canzonette!
Non la finivano più. Volevano, ad ogni costo, che Marietta désse loro qualcosa; e la rozza contadina alzava le spalle, annoiata perchè non le lasciavano continuare la calza. Marietta non dava niente, e quelli daccapo, finchè Marietta, stizzita, non rispose:
— O perchè non vanno pei caffè, giacché voglion fare questo bel mestiere? — Fu un lampo di luce!
Ubaldo fece un cenno con le mani, spalancando gli occhi, e condusse via gli altri, sussurrando:
— Oh, che bella idea! Venite, venite di là! —
E gongolante di gioia per la bella idea, disse:
— Vogliamo andare davvero nel caffè dirimpetto? Suoneremo, e tu, Eugenia, girerai pei tavolini col piattino.
— Sei matto! — rispose Eugenia.
— Ma è per ischerzo; quei signori che saranno lì lo capiranno. Mentre Marietta è in cucina e non sospetta di niente, mentre la vecchia è fuori di casa.....
— E se lo sapranno il babbo e la mamma?...
— Ma non lo sapranno, non potranno saperlo mai..... In due salti siamo giù..... Una strimpellatina..... E se ci dànno davvero dei soldi..... —
O che ci pensarono forse due volte? Salti, smanacciate; e poi, zitti zitti, giù per le scale.
La signora Eufemia, fatto un giro per le vie vicine e non avendo trovato in casa le amiche ch'era andata a visitare, aveva pensato di prendere una granita a quel caffè prima di rientrare; ed era seduta fuori, sotto la tenda, godendosi il fresco del pomeriggio, intenta a dare cucchiaini di granita al canino.
Quei quattro sfrontatelli, come se niente fosse stato, si erano piantati in fila sul marciapiede davanti agli avventori che ridevano, capito facilmente che si trattava d'uno scherzo, e già avevano cominciato il loro trin trin, tran tran! quando il canino della zia, forse riconoscendoli, s'era messo ad abbaiare.
La signora Eufemia, con gli occhiali, aveva, alzato il capo, stupita.
Sentire gli abbai del cane, accorgersi degli occhiali della zia e scappare come tanti ladri scoperti, fu tutt'uno!
Quella volta la zia non rise, mentre tutti ridevano e applaudivano, ma afferrato in braccio il canino che abbaiava ancora, volle slanciarsi dietro quei birichini, minacciandoli con la mano libera.....
Sarebbe stato meglio li avesse lasciati fare e avesse riso anche lei, perchè, dalla stizza, buttò per terra il tavolino col vassoio e la tazza della granita, senza poter raggiungere i birichini sfrontatelli che erano andati a barricarsi in camera, atterriti di essere stati scoperti, e trepidanti pel castigo che sapevano di meritarsi.
E il loro giuoco dei suonatori ambulanti quel giorno finì.