Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
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I SONETTI DI ELETTRA

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I SONETTI DI ELETTRA

 

Dopo colazione, prendendo il caffè, mentre i ragazzi facevano il chiasso nel giardinetto, il signor La Spina disse alla moglie:

— Ti sei accorta di niente?

— Di che cosa?

Ubaldo ed Elettra preparano una sorpresa pel mio onomastico.

— Chi te l'ha detto?

— L'ho capito. Vanno a chiudersi nello studio di Ubaldo, e non permettono neppure che Lina e Memmo guardino dal buco della serratura: lo hanno tappato di dentro, con un pezzetto di carta. Memmo ieri disse: — Babbo, quella stanza è soltanto di Ubaldo? —Perchè? — domandai. — Non ci vogliono , lui ed Elettra! — E quasi piangeva. — La casa non è di tutti? — soggiunse Lina. — Risposi che Ubaldo era più grande di loro, e perciò aveva uno studio a parte. Ma Lina disse: — E quando non studia, perchè c'impedisce di entrarvi? La casa è di tutti.

— Quell'impertinentina! — esclamò la signora sorridendo.

— Son curioso di sapere che diamine combini.

Lasciali fare; non guastargli il piacere del segreto. —

Ma il signor La Spina, nel giorno del suo onomastico, voleva fare una sorpresa anche lui ai suoi figliuoli, cioè comprare dei regali per loro, da corrispondere proprio a quelli che essi preparavano per lui. Sospettava già che Ubaldo lavorasse a un acquerello, e il signor La Spina intendeva regalargli una bella cornice di esatta misura per questo disegno. Bisognava cogliere il momento che Ubaldo non fosse in casa, e avesse dimenticata la chiave nella serratura; giacchè, da due settimane, il birichino aveva la precauzione di tenerla sempre in tasca e di portarla via con , quando doveva andar fuori.

Elettra, però, che mai poteva preparare? Un ricamo. Ma di che genere? Pantofole?

— Non ha la stoffadisse la signora.

Procura di scoprir qualcosa.

— Io? no; lasciala fare. —

Dalla sala da pranzo si vedeva il giardinetto, e si vedeva che Lina e Memmo erano rimasti soli a rincorrersi pei viali attorno alle aiuole.

Ubaldo ed Elettra sono andati a chiudersi nello studio.... Eh, tu sei a parte del segreto! — esclamò il signor La Spina, fissando negli occhi la moglie che sorrideva.

— Mi sembri più ragazzo di loro; per questo sorrido. —

Il signor La Spina aveva riflettuto che Ubaldo, per l'acquerello, doveva servirsi della solita carta; era dunque facile, conoscendone la dimensione far preparare la cornice. Ma per sapere che cosa facesse Elettra, bisognava usare uno strattagemma. Il caso lo aiutò, o almeno egli credette che il caso lo avesse aiutato.

Sai? — disse un giorno alla moglieElettra scrive dei sonetti. Figuriamoci che razza di sonetti saranno!

— Come l'hai saputo?

— Ho trovato un suo bigliettino diretto ad Ubaldo, un pezzettino di carta dove è scritto: «Sono in camera mia; faccio un sonetto; quando sei pronto, chiamami.» Eccolo.

— E chi le ha insegnato a fare i versi?

— Li farà sbagliati, ma non importa. Le compro un bell'album, e nella prima pagina le faremo trascrivere uno dei sonetti, dopo averlo aggiustato alla meglio, se occorrerà. —

Il giorno dopo, il signor La Spina, passando pel corridoio dove aveva trovato quel biglietto, vide sul tavolino un altro pezzetto di carta scritto di mano di Elettra, che diceva precisamente: Sono in camera mia; faccio un sonetto; quando sei pronto, chiamami. E rise pensando:

— Un sonetto al giorno! —

Prese anche quel foglio, per avere dei documenti, se mai Ubaldo sconsigliasse la sorella di presentare al babbo quei prodotti poetici infantili. Con tali documenti egli avrebbe costretta la figliuola a confessarsi alunna delle Muse, anzi una musetta, o meglio un musetto; e rideva, allegro della trovata di quest'epiteto, che avrebbe fatto arrabbiare Elettra, la quale aveva veramente certe labbra da poter essere chiamate musetto.

Il giorno dopo, e così per una settimana, il signor La Spina trovò ancora altri biglietti dello stesso tenore.

— Troppi sonetti ! — esclamò. — Fortuna che l'onomastico è vicino! —

E fece il calcolo che, andando di quel passo, Elettra ne avrebbe fatti venticinque! Che risate alla lettura!

Eppure era commosso. Quella poetessina in erba, che pensava di celebrare così l'onomastico del babbo, gli dava un senso di compiacenza affettuosa. — Poverina! Chi sa che cose carine saprà dirmi! — andava ripetendo fra . E non finiva di ragionarne con la sua signora.

Il giorno dell'onomastico arrivò. Ubaldo aveva lavorato davvero a un acquerello. Sarebbe dovuto essere il ritratto della sua mamma quando era giovane; ma la sbiadita fotografia, da cui doveva cavarlo, non gli avrebbe servito a niente, se egli non avesse pensato di far posare Elettra che tutti dicevano fosse quasi la fotografia della signora La Spina ragazza. Naturalmente la testa di donna acquerellata da Ubaldo somigliava pochissimo all'una o all'altra; ma la buona intenzione bastava. Ubaldo fu meravigliato di veder pronta la bella cornice che doveva contenere il suo disegno.

— Come hai fatto, babbo, a indovinare?

— I babbi sanno tutto! E il tuo regalo, Elettra?

— Io ho posato da mamma, e m'è costata molta fatica.

— Il mio spiritello però mi ha portato quest'album per non so quali versi.... —

Ubaldo ed Elettra si guardarono in viso confusi.

— Che versi? — domandarono insieme.

— Certi sonetti.... — masticava il signor La Spina, sorridendo e scuotendo il capo. — Via fuori il manoscritto.

— Ma che sonetti! — esclamò Elettra.

— Meno modestia, musetta, anzi musetto! —

E vedendo che la bambina esitava ancora, cavò di tasca uno dei famosi biglietti, e con voce solenne, un po' canzonatoria, lesse:

— Sono in camera; faccio un sonetto; quando sei pronto, chiamami!...

— Un sonnetto volevo scrivere! Andavo a dormire.... — esclamò Elettra, guardando nel foglio e arrossendo sùbito.

Allo scoppio di risa che seguì questa scoperta, Elettra portò le mani agli occhi e diè in un pianto dirotto.

Memmo allora si fece innanzi serio serio, e con aria di saputello, disse:

Babbo, è un orrore di ortografia!

— Un errore, stupido! — lo corresse Ubaldo.

Elettra piangeva, pestava i piedi, non voleva lasciarsi consolare! Alla fine il babbo la prese per le braccia e disse ridendo:

Zitta!... non è niente! Vedi quella bella signora , quella coi riccioli? —

E additava una stampa appesa al muro incorniciata.

— È madama De Sevigné, grande scrittrice di lettere; sapeva l'ortografia meno di te, e non era bambina come te; era nonna.

— Ci voleva un'altra enne! — tornò a balbettare Elettra.

Quell'impertinentina di Lina intanto era corsa al tavolino, aveva scritto qualcosa e presentava il foglio al babbo:

— Si scrive così, è vero, babbo? —

Per disgrazia, invece di sonnetto, aveva scritto sonneto.

E questo fece ridere anche l'Elettra, perchè noi ci consoliamo facilmente delle nostre sciocchezze quando le vediamo ripetute dagli altri. Lina però non pianse; fece una spallucciata, un giro in tondo, e cavò fuori la lingua.


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