Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
Schiaccianoci ed altri racconti
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POVERO NONNO!

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POVERO NONNO!

 

A ogni regaluccio, a ogni condiscendenza ai capricci dei nipotini — erano ventidue, proprio un esercito! — si udiva scoppiare da tutte quelle bocche di bambini, di fanciulli, di ragazzi l'immancabile esclamazione

Povero nonno! —

E mai esclamazione aveva avuto significati così vari e così ricchi di sfumature come questa. Povero nonno! voleva significare ora ringraziamento, ora applauso, ora gentile e affettuosa compassione, ora tant'altre cose carezzevoli, allegre, e talvolta fin un che di ironia birichina, quando il povero nonno dimenticava i suoi settant'anni e si metteva a fare il bambino, il fanciullo, il ragazzo, secondo l'età dei nipotini con cui si trovava.

Spesso quell'esercito si riuniva nel gran salone di lui, prima e dopo il pranzo, il giorno che il vecchietto invitava le cinque famiglie dei suoi figliuoli per vederseli attorno e rallegrarsi di quelle due generazioni che dovevano perpetuare il nome e il casato dei Morani; e allora era un chiasso, un frastuono a cui soltanto il nonno reggeva; gli altri babbi, mamme, zie, andavano a rifugiarsi nelle stanze più lontane o su la terrazza o in giardino esclamando: — Povero nonno! — quasi egli fosse il nonno di tutti.

Come riuscisse a contentare tutte quelle testoline capricciose, come tenesse in buona armonia tutti quei caratteri così diversi, come operasse il miracolo di far sparire in quei momenti le sproporzioni degli anni riducendo i nipotini quasi di un'età sola, era un suo segreto, o forse invidiabile istinto di cui neppure lui stesso avrebbe saputo dar ragione.

Quel buon vecchietto si faceva, naturalmente, senza nessuno sforzo, piccino coi piccini, fanciullo coi più grandetti, ragazzo con coloro che già toccavano i quindici anni; ed anche maschietto coi maschi, bambina con le bambine, quasi signorina con Elda, che si dava l'aria di signorina perchè era alta e sviluppata tanto da sembrare di più età che non fosse, quantunque poi fosse la maggiore di tutti.

Elda, infatti era, com'egli la chiamava, il suo aiutante di campo; faceva eseguire gli ordini del nonno, regolava i giuochi, ed anche, occorrendo, dispensava qualche gastigo, un lieve scapaccioncino, a chi se lo meritava. Il nonno, uomo all'antica, aveva molta fede nelle buone maniere, ma moltissima pure nei gastighi corporali, dati opportunamente e senza risparmio perchè fossero più efficaci.

Elda non abusava di questo incarico di giustiziera; e se i suoi scapaccioncini sfioravano appena la pelle, erano però accompagnati da certe occhiatacce e dal caratteristico brontolio di un: — Povero nonno! — che facevano sempre grandissimo effetto.

Del resto, tutti quei nipotini, che non potevano dirsi, in verità, tanti agnellini, erano talmente liberi di fare quel che più loro pareva e piaceva, e la presenza del nonno li metteva in così grande allegria, che l'occasione di un gastigo si presentava raramente. Saltare, urlare, correre, mettere ogni cosa sossopra, ma senza nulla sciupare, tutto era permesso dal nonno compiacente, che saltava, urlava, correva più di loro.

Una volta, di carnevale, Mario terzo, — il nonno si chiamava Mario, e perciò nelle cinque famiglie c'erano quattro Marii e una Maria, e per distinguerli meglio chiamandoli, egli soleva aggiungere al nome l'aggettivo numerale — una volta dunque, di carnevale, Mario terzo gli domandò:

Nonno, ti sei mai vestito in maschera?

— Certamente, quand'ero ragazzo.

— Non t'abbiamo mai visto mascherato!

Màscherati, nonno, màscherati! —

E mentre tutti urlavano affollandoglisi attorno, pregandolo e accarezzandolo perchè accondiscendesse, Elda era andata di a prendere una veste della cuoca; e tornata in fretta, gliela aveva infilata, fra le risate e gli applausi dei fratelli e dei cugini. E il povero nonno rideva, faceva sgambetti e smorfie, e si lasciava trascinare, quasi in trionfo, nelle stanze dove i suoi figli, le figliuole, i generi, le nuore s'erano rifugiate per evitare il chiasso.

Povero nonno! —

Ed era stato un momento d'indimenticabile allegria.

Un'altra volta Elda gli aveva domandato:

Nonno, sai ballare il minuetto? Ridiventa di moda.

— Il minuetto?... Mi pare di sì.

Dovresti darmi qualche lezione.

Condurrò qui Mencacci.

— Chi è Mencacci?

— Un famoso maestro di ballo. —

E l'aveva condotto.

Mencacci, corto, tondo, coi baffetti ritinti, con un pancione che il corpetto bianco faceva risaltare di più, e con gambette magre che pareva stentassero a reggere il peso del pancione, s'era messo a ballare canticchiando il motivo della danza.

Elda, rimasta da prima sbalordita dal grottesco di quella figura, scoppiava poi in una risata così irrefrenabile che non era stato possibile star a guardarlo e prendere la lezione.

Quando il Mencacci, mortificatissimo, fu andato via, il nonno disse ad Elda:

Vien qui, proverò io; ma non ridere. —

E il vecchietto diede la lezione così elegantemente, che Elda, per dimostrargli la sua gratitudine e, più, la sua ammirazione, gli saltò al collo e lo baciò, ripetendo a ogni bacio:

Povero nonno! —

Ma il più bel giorno del povero nonno — se lo diceva da , raccontando l'avventura  era stato quello in cui gli era capitato di guadagnare cinque soldi.

Mario quarto aveva sfasciato un carrettino, e le sua mamma gli aveva permesso di andare, accompagnato dal servitore, dal fabbro per farselo raccomodare; gli aveva dato anche cinque soldi per pagare l'operaio.

Mario quarto, per via, aveva pensato che il nonno, sapendo fare tant'altre belle cose, dovesse anche saper raccomodare i carrettini sfasciati; perciò s'era ostinato ad andare da lui, invece che dal fabbro; il servitore aveva dovuto secondarlo.

Nonno.... ecco! —

E mostrò il carrettino.

Il buon vecchietto aveva capito sùbito. Per amore del nipotino si era improvvisato fabbro facendo alla meglio la raccomodatura.

E come rise di cuore allorchè Mario quarto serio serio, gli mise in mano i cinque soldi che gli aveva dati la mamma!

Povero nonno! — esclamò il bambino.

— Ma il nonno quella volta rispose allegramente:

— No, oggi non sono povero: ho guadagnato cinque soldi! —

E incartàtili e scrìttovi su un motto che ricordava l'avventura, li ripose in un cassetto.

Mario quarto però, tornando a casa col carrettino che il nonno gli aveva colmato di confetti, diceva contento al servitore:

Oh, questi qui son più di cinque soldi!... Povero nonno! —

 


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