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SCENA VII
Dara. Niente... Tua figlia mi ha interdetto di più rimettere piede in casa tua.
Loreni. Perché?
Dara. Perché una sua amica di collegio, la Scotti — la maledettissima Scotti! — è venuta qui, pare, a sfogarsi...
Loreni. E tu prendi sul serio la generosa ingenuità di Serena? Sei strano da qualche tempo in qua... Dimenticavo di dirti che quelle tre mila lire stanno fin da oggi a tua disposizione.
Dara. Grazie... Non ho più bisogno di niente.
Dara. Significa che il male ha una terribile logica!
Loreni. Tutto questo perché sei innamorato di mia figlia, la quale, a quel che sembra...? Andiamo!
Dara. Non ridere. Nella vita arriva un istante che decide fatalmente del nostro avvenire.
Loreni. L'ho creduto tante volte anch'io, e poi mi sono accorto che mi ero ingannato... Ma giacché la cosa è seria, più di quel che non immaginavo, parlerò io con Serena. È docile, è buona...
Dara. No. È finita. Conosco meglio di te il carattere di tua figlia... È finita!
Loreni. Allora sii meno tragico!... E questa sera vieni a cena da Lillì; ci sarà anche Frufrù con quel capo ameno del Bozzi.
Dara. Non meritiamo altro che le Frufrù e le Lillì!
Loreni. Quante sciocchezze si dicono quando si è innamorati! Riguardo a casa mia, pensa che il padrone sono io; voglio che Serena se ne rammenti. Eri venuto a cercare di me?
Dara. No. È giusto che tu lo sappia. Tua figlia ha voluto parlarmi per la sua amica. (Gli dà il biglietto ricevuto).
Loreni. (Strappandolo, dopo averlo letto). Benedette ragazze! Sono capaci di tutto!... Vai via?
Dara. Sì.
Loreni. Mi dispiace anche per mia figlia. Che cosa ella pensi di fare non lo capisco. In quanto a te, tramontato un ideale, ne spunta un altro più bello... La Camera sarà sciolta. Deputato voglio vederti, ministro!... Ne hai la stoffa. Questa sera brinderemo alla tua prossima elezione.
Dara. (Gli stringe silenziosamente la mano, ed esce, scotendo negativamente la testa, dall'uscio a destra).