Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
Serena
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ATTO TERZO

SCENA V Loreni e Serena

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SCENA V

 

Loreni e Serena

 

Serena. Hai bisogno di niente?

Loreni. Grazie. Siedi. Ascoltami con attenzione. Vi sono dei casi, figlia mia, che aprono nell'intelletto e nel cuore larghi spiragli di luce. Quel che non si è scorto in tanti anni, si scorge in un istante. Ora capisco come possono essere avvenute certe conversioni improvvise.

Serena (con l'atteggiamento e l'intenzione di chi si mette in guardia, sospettando). Non ti ho chiesto spiegazioni di sorta alcuna. Tu, babbo, sei padrone di fare quel che ti pare e piace. Non devi rendere conto a nessuno.

Loreni. Queste tue parole sono la mia più grave condanna. Nello stesso momento in cui mettevo sbadatamente in pericolo la mia vita, ho capito, in un lampo, tutte le indegnità di essa... Tu quasi non credi che sia tuo padre che ti parla in questo modo; mi guardi così meravigliata!

Serena. Cerco d'indovinare dove vuoi giungere...

Loreni. Oggi dev'essere giorno di rinnovazione per tutti! Ti ho sacrificata finora...

Serena. Mi sono mai lagnata di te?

Loreni. È vero. Sei stata troppo buona, ed io ne ho preso ardire per farti tutto il male possibile. Ho fretta di riparare; temo che possa mancarmene il tempo. Dio mio! Siamo vissuti come due estranei. Io non mi sono mai curato di conoscere quel che poteva accadere nel cuore di mia figlia; tu non hai mai avuto un momento di espansione, di confidenza con tuo padre... Nella mia stoltezza intanto ho avuto questo di buono: un'assoluta fiducia nel tuo senno, nella rettitudine del tuo cuore. Mi affidavo ad essi pel tuo avvenire. Aspettavo una tua parola per risponderti: — Fai bene! Approvo! Ora non debbo attendere più. La tua riserbatezza sarebbe capace di tenerti sempre chiusa la bocca... Se è vero quel che qualcuno ha creduto d'indovinare, se tu nascondi un dolce segreto in fondo al cuore, palèsalo liberamente, figlia mia. In questo giorno in cui sento pesarmi sull'anima tanti rimorsi...

Serena. Non ho segreti da rivelare, babbo.

Loreni. Pur troppo il mio mutamento è così inaspettato, che deve ispirarti diffidenza. Giusta punizione dei torti che ho verso di te! Se non ho saputo contribuire finora a renderti felice, risparmiami però l'angoscia di sospettare che io t'impedisca di raggiungere una felicità da te intraveduta, e che sarebbe davvero tale, perché tu non puoi ingannarti; sei la saggezza fatta donna.

Serena. Non ho intravedutointravedo niente per ora. Caso mai, farò come tu vuoi. Mi confiderò con te.

Loreni. Vi conosco tutti e due! Ingenuamente strani, quasi il manifestare i propri sentimenti potesse sembrare all'uno e all'altra una debolezza!

Serena. Di chi intendi parlare?

Loreni. Di Paolo Valli.

Serena (stupita e con grande amarezza). Non era il tuo preferito mesi fa.

Loreni. È vero. Allora ero uno stolto.

Serena (c. s.). Rinneghi il tuo amico?

Loreni. No; ma, se ancora vivesse, oggi non ti ripeterei le parole dell'altra volta. Ero anch'io sotto il fascino della sua persona, dei suoi atti, delle sue parole... Lo giudicavo benevolmente, anche perché assolvendo lui assolvevo me, coi miei disordini, con le mie pazzie... Non lo accuso, non lo biasimo; gli ho voluto molto bene. Ora lo giudico spassionatamente. E se un giorno potei lasciarmi illudere fino a desiderare di vederti sua, questo non è il minore dei torti che io ho verso di te. Non saresti stata felice... Paolo invece...

Serena (con qualche durezza nell'atteggiamento e nella voce). Senti babbo: giacché la mia felicità deve dipendere anche da me, lascia che scelga io il miglior modo di raggiungerla.

Loreni. Certamente, figlia mia, certamente. Non pretendo di farti la minima affettuosa violenza. Credevo d'interpretare... Se mi sono ingannato sul conto tuo, non m'inganno però sul conto di Paolo. Egli è stato, fortunatamente, meno riserbato di te. Sua madre...

Serena. (Interrompendolo bruscamente). Non mi parlare di lui, né di altri. Io non sposo nessuno!... Tu, la zia, tutti, lasciatemi in pace!... Se mi volete veramente bene, lasciatemi in pace!

Loreni. Non vendicarti così, figlia mia!

Serena. Vendicarmi?... Che vi dico? Lasciatemi in pace!... Ci sono tante ragazze al mondo che vivono solitarie, perché nessuno si è mai curato di loro; che hanno amato silenziosamente e non sono mai state amate, o che non hanno mai avuto tempo di amare, avendo dovuto pensare a più urgenti bisogni della vita; ragazze che invecchiano e muoiono sole, sole, dopo aver sofferto senza lamentarsi, senza disperarsi... Io voglio essere una di loro, per elezione, per convinzione!

(Esaltandosi maggiormente) La felicità! L'avvenire!... Chi garantisce? Tu, babbo, hai sposato la mamma per amore... e l'hai fatta morire, lentamente, di crepacuore!... Siete tutti uguali, tutti!

Loreni. (abbassando il capo addoloratissimo) Tua madre mi ha perdonato, morendo! Tu non perdoni!... Oh!

Serena. (Quasi tornando in sé) Non ho niente da perdonarti! Se mi è sfuggito di bocca... (abbracciandolo, commossa) Non ho voluto offenderti, babbo!... Volevo soltanto dire... che non ho più fede in nessuno!... (Strizzandosi le mani disperatamente) Che ho fatto dunque per meritarmi quel che mi accade? No, non basta essere rassegnati; non basta sfuggire quasi paurosamente le occasioni che potrebbero contristarci la vita!... Sopravvengono gli altri, ci coinvolgono, ci trascinano, ci fanno soffrire senza ragione!... Non è giusto! Non è giusto, Signore Iddio!

Loreni. E tu vuoi farmi credere che non nascondi nessun segreto in fondo al cuore? Tu soffri. Che hai, figlia mia?... Che hai? Se c'è un vigliacco al mondo capace di contristarti, di farti piangere...

Serena. Nessuno, babbo; nessuno! Io ti rimerito male della consolazione che mi apporti, ritornando a me, come ti ho desiderato sempre, come non sei stato mai; e non te lo ripeto per rimproverarti. Io ti rimerito male. Abbi compassione di me... La tua Serena ha mentito al suo nome; non è stata mai tale, mai! Si è sforzata di parere serena, quasi per omaggio alla memoria della mamma che le volle imposto quel nome...

Loreni. Povera figlia!... Che tortura ha dovuto essere la tua!

Serena. Dimenticherò; mi sarà facile ora, grazie a te... Ma non parlarmi di avvenire e di nessuno. Dillo anche alla zia, te ne prego... L'avvenire? Verrà da sé, quale dovrà essere. Ormai io credo alla fatalità nelle cose di questo mondo...

Loreni (commosso e rallegrato). Sì, sì, hai ragione. Verrà quale dev'essere, quale tu lo meriti, presto. Queste tue parole, forse contrariamente alle tue intenzioni, mi consolano assai. Verrà quale dev'essere; dici bene. (Con slancio) Ci sono creature indegnamente fortunate quaggiù! (Accennando a sé stesso) Eccone una!... Abbracciami!

Serena (accorgendosi di alcune gocce di sangue sul mento del padre): Oh, Dio!... Il sangue!...

Loreni. Si è un po' spostato il taffettà. (Si asciuga col fazzoletto) Cosa da niente... Abbracciami!

 

 


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