Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
Gli americani di Ràbbato
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Riscatto

17. Un gran giorno, per il nonno.

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Riscatto

 

17. Un gran giorno, per il nonno.

 

La gnà Maricchia aveva baciato il davanzale; lo zi' Santi voleva andare a baciare il terreno della Nicchiara. Si figurava di dover trovarlo trasformato ora che non vi gravava più l'ipoteca di Coda-pelata. E condusse con sé anche Menu.

Stimolava col pungolo e con la voce la sua mula baia: la Vecchia, cavalcata da Menu, rimaneva un po' indietro. «Nonno, hai fretta di arrivare

«Sì, e tu non sei contento di venire in campagna

«Lo Sciancatello mi ha promesso un nido di merli».

«Per questo soltanto

«C'erano due uova nel nido. Me li fece vedere l'altra volta. Mi disse anche: "Dovresti restare qui con me, fare come il nonno, come i tuoi fratelli, come me..." Quasi io sapessi zappare

«S'impara».

Menu lo guardò: si aspettava tutt'altra risposta dal nonno.

E procedettero lunga la strada senza dir altro.

«Sai nonnoruppe il silenzio Menu mentre prendeva la ripida viottola che conduceva alla casa rustica. «Gli "americani" hanno mandato tanti quattrini per la festa del Patrono».

«Sant'Isidoro era contadino come noi», rispose lo zi' Santi. «E mentre lui diceva le orazioni, inginocchiato, a mani giunte (l'hai visto nel quadro del suo altare), gli angeli scendevano dal cielo a guidare l'aratro coi bovi in sua vece».

«Così gli risparmiavano la fatica».

«Era una grazia di Dio, per quel vero gran cristiano».

«Anche tu, nonno, sei un vero cristiano, ma gli angeli non son mai venuti a fare i solchi per te».

«Io sono peccatore e quello era santo... Gesù, Maria e Giuseppe, compare Lisi... Si parlava del nostro Patrono miracoloso».

«Che si è scordato di far miracoli... Ho il mulo col cimurro; gli ho attaccato alla fronte l'immagine benedetta del Santo... e il povero animale va peggio di prima».

«Fede ci vuole, compare Lisi

«Vedremo. Sei venuto anche tu...»

«Pel nido dei merli», lo interruppe Menu.

«Ah! Credevo per dare una mano di aiuto al nonno e a me nei lavori di campagna... I merli sono scappati via. Buone notizie, zi' Santi? Avete un viso così allegro...»

«Buone notizie, compare».

E il vecchio Lamanna scese da cavallo lesto e arzillo come un giovanotto.

Sì, la casetta intonacata in rosso, gli alberi, la vigna, il seminato gli sembravano sorridenti con quel vario verde vivo inondato di sole, quasi in festa per la liberazione della ipoteca di Coda-pelata. Anche il pero innestato aveva messo foglie nuove; lo zi' Santi lo guardava con paterna compiacenza.

Poi andò su e giù pel fondo, seguito da Sciancatello e da Menu.

«Il nido era in questa siepe...»

«Pensi ancora ai merli? » rispose lo Sciancatello ridendo. «Senti? Cantano dal noce... Quello che canta lassù è un cavaliere».

Tutto il fondo risonava di cinguettii di passeri su per gli ulivi, di richiami di tortore che tubavano, di trilli di cardellini svolazzanti per le siepi. E lo zi' Santi aveva la sensazione che ogni cosa attorno a lui si affrettasse lietamente a crescere, a vegetare sotto quel benefico occhio di sole che gli scaldava il sangue e vivificava talmente i suoi novant'anni, da non fargli quasi scorgere che li portava sulle spalle.

Passarono il limite che divideva il suo fondo da quello dello Sciancatello.

«Facciamo una visita al malato», disse lo zi' Santi.

Il mulo era nella stalla, abbattuto, con una specie di rantolo.

«Suffumigi di nepitella ci vogliono. Sono una santa cosa».

E uscirono fuori. Risalendo la viottola, il Lamanna rifletteva: «Che vuol dire la fantasia! Il fondo dello Sciancatello oggi mi sembra meno allegro del nostro».

Diceva: nostro, pensando ai nipoti lontani con intensa gratitudine pel denaro mandato. Le volevano bene ancora a quelle terre benedette, che essi dovevano di nuovo mettersi a coltivare da padroni quando sarebbero ritornati. E scoteva malinconicamente il capo all'idea che gli si affacciava spesso alla mente: «Non li rivedrò più! Non li rivedrò più!»

Lo disse allo Sciancatello, che gli dié sulla voce.

«Avete ragione, compare Lisi», rispose. «È mezzogiorno; prendiamo un boccone: fateci compagnia».

Menu trasse da una tasca della bisaccia un involto con pane, cacio pecorino col pepe, un pezzo di salame; e dall'altra il fiasco di terracotta stagnata di Caltagirone.

«Questo non lo scordo mai. Il vino è il latte dei vecchi. Servitevi, compare Lisi».

Lo Sciancatello prese di mano del vecchio la grossa pagnotta di pane e ne tagliò tre belle fette. Pensò per tutti.

Lo zi' Santi e lui, nello spianato si erano seduti sulle seggiole portate fuori da Menu, ai lati della lastra di pietra arenaria, sorretta da due larghe traverse, intagliate alla grossa. Menu, in piedi, irrequieto, aveva cavato di tasca il coltellino e masticava allegramente, guardando attorno, con gli orecchi intenti al canto dei merli che, dal noce, pareva volessero farsi beffe di lui con quella specie di lor fischio.

Una gran pace attorno, la pace meridiana dei campi, che rendeva più deliziosa quella giornata invernale dolce e luminosa come una giornata di maggio.

«Non fate cerimonie», diceva lo zi' Santi allo Sciancatello, ogni volta che questi attaccava le labbra al muso stretto del fiasco.

Erano anni, anni ed anni che il nonno Lamanna non godeva una beatitudine come quella. Se non che, in certi rapidi momenti, tornava a turbarlo il triste pensiero: «Non li rivedrò più! Non li rivedrò più!»

E beveva anche lui lunghi sorsi di vino per scacciarlo.


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