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La pazza
20. Dalla "Merica" giungono anche cattive notizie e dolori.
La gnà Maricchia, udendo un brusio nella via, si era affacciata alla finestra.
«Dice che è impazzita la moglie dello Scarso».
«Poveretta! Come mai? Perché?»
«Dice che suo marito ha preso un'altra moglie nella Merica».
«Pare impossibile anche a me», soggiunse la vecchina che aveva risposto alla domanda della gnà Maricchia.
«Ha portato la notizia il figlio dello zi' Cola Nigido arrivato ieri», confermò un'altra delle donne raccolte in gruppo là davanti.
«Piange e ride... Fa compassione».
«Dopo un anno di matrimonio!»
«Non se lo meritava quella bella figliola!»
«Oh che sono senza legge di Dio nella Merica?»
La gnà Maricchia, strabiliata, si ritirò dalla finestra, facendosi il segno della santa croce, quasi c'entrasse il demonio in quella trista faccenda.
Il figlio di Nigido si presentò lo stesso giorno in casa dei Lamanna. Recava una lettera di Santi e dei regali pel nonno, per la mamma e per Menu; tra le altre cose, un album con le vedute di vie, di edifizii, di giardini di New York che il ragazzo non si stancava di guardare.
La lettera era firmata soltanto da Santi, e concludeva: «Nigido, caro nonno, vi dirà il resto a voce».
Infatti, approfittando di un breve momento, mentre la gnà Maricchia e Menu erano occupati ad ammirare i regali, l'"americano" sussurrò in un orecchio allo zi' Santi:
«Devo parlarvi a quattr'occhi».
«Maricchia, Menu andate di là. Vi chiamerò poi».
«Qualche brutta notizia? Oh Dio!»
«Che vi passa pel capo, gnà Maricchia?»
E accennando con una strizzatina d'occhio a Menu, fece intendere alla mamma, per illuderla, che si trattava di cose che il ragazzo non doveva sentire.
«Ma è vero», ella domandò, «che lo Scarso ha un'altra moglie?»
«Se avessi potuto prevedere!... Ma lui m'aveva detto: "Sai? Di' pure a mia moglie che si trovi un altro marito anche lei! Tanto, Ràbbato non mi rivedrà più"».
«E come ha fatto per ingannare il sindaco?»
«Là non c'è sindaci, zi' Santi. Si fa alla spiccia. Si va davanti a un pastore...»
«No, no; si chiamano pastori i preti, come qui diciamo il parroco. "Questa è mia moglie; questo è mio marito". Il pastore li benedice e tutto è fatto».
La gnà Maricchia tornò a segnarsi e uscì chiudendo l'uscio; Menu era già andato via con l'album sotto braccio.
«Dunque, figlio mio?» domandò lo zi' Santi.
«È per Stefano. Ha preso la mala strada, coi cattivi compagni. Il povero Santi, che ha trovato lavoro in un parco... diciamo noi nella tenuta, di un gran riccone, di quelli che rimescolano i milioni con la pala, non sa più che cosa tentare. Dovreste far scrivere una lettera a Stefano in nome vostro, come se vi fossero arrivate all'orecchio queste brutte notizie sul conto di lui, ma senza nominare Santi, per carità, e neppure, me!»
«Mi ascoltava poco quand'era qui! Figuriamoci ora, così lontano!»
«Può capitar male da un giorno all'altro. Santi se lo vede davanti a ogni far di luna, per spillargli dei soldi. È un peccato che quel giovane voglia perdersi».
«Gli farò scrivere dal dottor Liardo».
«In nome vostro. Non è cattivo, è traviato. A Santi più non dà retta, Vedendosi arrivare una lettera del nonno, mi diceva Santi, forse rimarrà scosso...»
«Forse!»
«C'è qualche mala persona là tra i siciliani. E nocciono agli altri che lavorano e si fanno i fatti loro. Stefano è capitato male».
Lo zi' Santi si strizzava le mani dalla gran pena che gli attanagliava il cuore, e non sapeva dir altro che: «Ah, Signore! Ah, Signore!» con voce che pareva un lamento.
«Non facciamo trapelar niente alla povera madre» soggiunse.
«Direte che abbiamo parlato di quel maiale dello Scarso. Avesse sposato almeno una donna più bella di sua moglie! L'ha fatto pei quattrini. E un giorno, probabilmente, la pianterà, e lo vedrete tornare a Ràbbato, con tanto di faccia fresca, perché là si maritano e si smaritano con uguale facilità; e tu al levante e io a ponente, come se non si fossero mai visti».
«E la legge?»
«La legge è così, caro zi' Santi. Non lo sapete? Quello è il Mondo Nuovo».
«Dovremmo contentarci del vecchio, figliuolo mio».
«Cè tante cose buone anche là, zi' Santi. Se uno ha braccia e testa a posto... Chi credete che vi ha mandato il danaro per riscattare il fondo e la casa? Santi, Santi soltanto. Stefano anzi gli diceva: "Abbiamo tempo tre anni. Che premura c'è?" E Santi gli rispondeva, l'ho sentito con quest'orecchi: "Prima di partire da Ràbbato non parlavi così"».
«Cerco oggi stesso del dottore».
La gnà Maricchia volle andare anche lei a vedere la povera moglie dello Scarso.
Non diceva niente, non faceva grandi stranezze.
Si guardava le mani, voltandole e rivoltandole, e, tutt'a un tratto, scoppiava in una risata che spezzava il cuore, rimanendo seduta in un angolo della camera a pianterreno. Qualche volta canticchiava:
Mi maritai e un sacciu siddu è veru...
Ca havi cchiù di un annu ca un lu viiu.
E quel soffio di voce lento, monotono sembra uscisse dalle profonde viscere della disgraziata.
Allora la madre di lei riprendeva a picchiarsi con le palme della mani sulle cosce, per atto d'imprecazione, ripetendo forte tra i singhiozzi:
«Signore, vo' vederne esperienza, Signore!»
«Ma com'è avvenuto?» domandò la gnà Maricchia a una delle donne che stavano là, tentando di confortare almeno la madre.
«Lo scellerato le ha mandato a dire: "Trovati un altro marito". Ed è rimasta come di sasso, bianca in viso, con gli occhi spalancati così... Non dovevano dirle niente. Occhio non vede, cuore non crede. Ieri piangeva e rideva; ora non più. Ride qualche volta, canticchia, sta là, immobile, giorno e notte da tre giorni. Non lo nomina neppure. Le parlate e non risponde, istupidita, col cervello che le è andato via... Scellerato! Come ha potuto farlo?»
E siccome la madre tornava a picchiarsi con le palme delle mani sulle cosce, per imprecazione, ripeteva: «Signore! vo' vederne esperienza, Signore!» la gnà Maricchia le disse:
«State zitta comare! Fatelo per vostra figlia! Vi pare che non capisce? È giovane; superarà il colpo».
E andò via mormorando:
«Ah, questa Merica maledetta!»
Proprio come aveva esclamato in campagna il vecchio Lamanna.