Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
Gli americani di Ràbbato
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Menu a New York

26. Menu scopre che la vita in America presenta anche aspetti molto brutti.

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26. Menu scopre che la vita in America presenta anche aspetti molto brutti.

 

Lo zi' Carta non era cambiato da quello di quattro anni addietro, quando era partito da Ràbbato con un centinaio di lire in tasca oltre il danaro pel viaggio. Appena arrivato a New York, aveva scelto il suo mestiere: si era messo a rivendere aranci e limoni per le vie, urlandoli proprio alla rabbatana, fermandosi in certi punti dove lo sbirro, come egli diceva parlando dei policeman, non gli avrebbe dato fastidio; abbandonandosi ad allegre variazioni di banditore che, appunto perché non erano capite, facevano smascellare dalle risa i ragazzi, gli operai e le bambinaie dei quali era formata la sua clientela. Allora portava infilate al braccio le due ceste con la merce, e la sera tornando a casa, aveva le braccia così indolenzite da non poter alzarle facilmente.

«Poi, figlio mio», egli spiegava rivolgendosi a Menu, «tuo fratello lo sa, comprai una carrettina usata, e la ritinsi da me con quattro soldi di terra rossa. Vi mettevo su la cesta; si trattava di spingerla davanti... Potevo spendere per l'affitto di una bottega? La mia bottega era la carrettina; la portavo dove volevo. "Aranci! Aranci di Palermo!... E di che sono? D'oro? E che mangiate? Miele?" Pane e cacio, pane e cipolla e acqua fresca; due volte la settimana un bel piatto di maccheroni, che cucinavo da me... E così potei metter su bottega; una botteguccia (ricordi, Santi?) che sembrava una grotta affumicata... Me la imbiancai con queste mani, la ripulii; in alto i ritratti del nostro re e della nostra regina e torno torno, le tavole infisse al muro per le ceste con gli aranci e i limoni. Allora un piattone di pasta al giorno, un po' di carne le domeniche... vino... niente... Mi ubbriacherò tutto a una volta quando tornerò a Ràbbato, col buon vino di Vittoria, di quello non battezzato... Ed ora, eccomi qui a dispetto degli invidiosi, di quelli che mi voglion male...»

«Dunque?» fece Santi.

«Sì, sì, finché non avrai trovato meglio. Un po' di conti, qualche lettera. Il ragazzo sembra svelto; si sveltirà meglio, non dico con me, ma con gli americani, che pare abbiano l'argento vivo addosso. Starà qui, come diciamo a Ràbbato, di casa e di bottega. Dovrà adattarsi. Quindici dollari al mese per cominciare... Ti va? Lo terrò come figlio. Ed ora parliamo di altro. Stefano...?

«Dov'è? Non l'ho ancora visto», fece Menu.

«Faglielo vedere quanto meno puoi!» disse il fruttaiolo rivolto a Santi.

«Perché?» domandò Menu.

«Perché... Non te l'ha detto?... Perché tuo fratello ha preso la mala strada. Tanto, un giorno o l'altro, lo avrebbe saputo», soggiunse lo zi' Carta a un gesto di Santi. E continuò: «Gli ho fatto la predica l'ultima volta che è venuto da me».

Santi ripeté il cenno con gli occhi.

«È meglio parlar chiaro», insisté lo zi' Carta. «Se non fossi venuto a trovarmi, sarei venuto a cercarti io. Come? Anche tra paesani? La cosa comincia a seccarmi. Dice: "Per vostro bene zi' Carta". Perché s'intromette lui? Lasci che me la vegga io con quegli amici. Io non sono di quelli che subito s'impauriscono. Con certa gente, più uno mostra di aver paura e più rincarano le pretese. "Dieci dollari, zi' Carta". "Ma io non li ho in serbo". "Che volete? Fate conto che vi siano cascati di tasca! Venti dollari, zi' Carta!" "Tu scherzi!" "Se si trattasse di me! Imbasciatore io sono. L'ho saputo per caso: ne volevano cinquanta! Ho detto: ma dove volete che li prenda quel povero diavolo?" Se ne viene con questi discorsi, ed io non mi son rivolto alla polizia, per rispetto di suo fratello. Sarà per inesperienza, per buon cuore; chi sa con chi s'immagina d'aver da fare? Ma non tutti possono pensarla come me, che vi conosco da bambini, che ho conosciuto tuo padre, che conosco quel gran galantuomo di tuo nonno... In certi momenti però, te lo confesso, mi son domando: "È un mafioso, un camorrista, un manonera anche lui?"».

«Per carità, zi' Carta

«Capisci bene, figlio mio, che se la cosa continua... Che intendi dire?... Mi sparano... Danno fuoco alla bottega? Mi buttano una bomba, come hanno fatto la settimana scorsa, cinquanta passi più in , col vinaio di Mascalucia? Gli hanno uccise la moglie e una bambina, che facevano pietà a vederle, quasi ridotte due pezzi di carbone! Volevano trecento dollari. Il vinaio, uomo di fegato, rispose: "Venite a prenderveli con le vostre stesse mani, con la vostra bella faccia, se avete coraggio: voglio vedervi negli occhi"».

«L'ho sentito raccontare», disse Santi.

«Credevano che il vinaio fosse nel negozio e così uno lanciò la bomba. Per sua buona sorte, il mascalucioto che arrivava in quel momento vide il gesto e vide l'uomo fuggire... Gli corse dietro, l'agguantò... e voleva buttarlo in mezzo alle fiamme della bottega per vendicare la moglie e la bambina. Due guardie glielo strapparono a stento di mano. Devo dirtelo? In quel momento mi passò per la mente Stefano...»

«Per carità, zi' Carta

«Se tu sapessi che stretta al cuore».

Menu era stato ad ascoltare attentissimo, attratto anche dalla vivacità della narrazione di zi' Carta, che pareva recitasse una parte da teatro, cangiando voce nei dialoghi, accompagnando alle parole i gesti, col movimento di tutti i muscoli della faccia da far venire la pelle d'oca con quella storia della bomba. Non aveva capito bene perché c'entrasse Stefano. Ed era preso da grande paura. Lo zi' Carta aveva detto: «Mi sparano? Danno fuoco alla bottega? Mi buttano una bomba?» Per ciò quando all'ultimo, il fruttaiolo, rivolgendosi a lui fece: «Puoi restare qui fin da ora», Menu rispose:

«No, Santi. Domani! Domani

Nessuno di quelli tornati dall'America aveva mai detto a Ràbbato che si ammazzava la gente con le bombe perché non voleva pagare venti, cinquanta, cento dollari. C'erano dei ladri anche a Ràbbato, ma non a quella maniera. Le bombe le sparavano i fuochisti per la festa di sant'Isidoro, e non ammazzavano nessuno.

Camminarono per un buon tratto di via silenziosi; Menu attaccato alla mano del fratello come un bambino che abbia paura di smarrirsi. Santi a testa bassa, con le sopracciglia corrugate, mordendosi lievemente le labbra.

«Ma che fa Stefano? Dimmi», domandò Menu, fermandosi. «Spara bombe anche lui, per ammazzare la gente

«È malato, all'ospedale. L'ho saputo questa mattina da Coda-pelata incontrato per caso. Andremo a visitarlo domani».


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