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I due fratelli
Era stata una pietosa bugia. Infatti il giorno dopo, Santi e Menu si trovarono faccia a faccia su un marciapiedi della Quarta Avenue, con Stefano che andava in compagnia di due signorilmente vestiti, uno giovane, l'altro maturo, con barba biondiccia che gli scendeva sul petto e un cappello a cencio a larghe falde, messo un po' a sghembo quasi per bravata.
Più che maravigliato, Stefano parve impacciato di quell'incontro.
«Oh, guarda! E chi lo sapeva? Da quanti giorni?»
Abbracciò, baciò Menu e disse a quei due:
«Permettete... È mio fratello, arrivato di fresco».
«Bravo, Menu! Chi se l'aspettava?», e poi: «Ci rivedremo questa sera dallo svizzero», soggiunse scambiando due strette di mano all'americano coi suoi amici.
Menu stentava a riconoscerlo. La barba nera, fitta, tagliata a punta, pareva una stonatura col vestito molto chiaro, col candore dell'alto colletto stirato a lucido, con la rossa cravatta svolazzante fermata nel nodo da una spilla contornata di diamantini.
Una grossa catena d'oro si stendeva da un taschino all'altro del panciotto; grossi anelli gli luccicavano alle dita di tutte e due le mani. Fin il cappello grigio con falde strette, che lasciavano scappare un fitto ciuffo di capelli sulla parte sinistra della fronte, contribuiva a sfigurarlo.
«Ti salutano tutti, il nonno, la mamma».
«Stanno bene?»
«Sì, stanno bene».
«È da te?» domandò Stefano a Santi.
«Per ora».
«Potevi avvertirmi».
«Se si sapesse dove trovarti!»
«Avete fatto colazione? Andiamo da compare Cheli Murabitu che ha aperto da sei mesi un'osteria. Vi si mangia bene. È nostro paesano; bisogno aiutarlo. V'invito io».
«Gli amici ti aspettano», disse Santi, con qualcosa nella voce che poteva essere rincrescimento o rimprovero, o tutte e due le cose insieme.
«Non fare lo sciocco!... Su, andiamo».
E, preso Menu per una mano, camminando diceva: «Ti sei annoiato anche tu della vita di Ràbbato. Già, a poco a poco, Ràbbato intero sarà a New York. Io incontro un rabbatano a ogni due passi. Chi più, chi meno, tutti si rimpannucciano. Ce n'è che mangiano a stento, pur di mandare danari a casa; pensano a ritornare tra i morti, pentiti di esser venuti per qualche tempo tra i vivi!»
«Pensa che tra quei morti», lo interruppe Santi, «ci sono la mamma e il nonno».
«Quelli non contano. La mamma, povera donna, che ne sa di queste parti? Il nonno ha ottantotto... ottantanove anni; è di altri tempi... Eppure, hai visto? Ha mandato qui Menu; mi pare un miracolo... Ecco Coda-Pelata!»
Il barbiere camminava in fretta, buttando le braccia una avanti e l'altra indietro, come due remi che dovessero aiutarlo ad andar più lesto».
«Oh! Ben venuto, boy! Non mi fermo; vado di corsa. Vi saluto; ci rivedremo, boy».
E scappò.
«Perché mi dice boia?» domandò Menu sdegnato. «Sarà boia lui!»
«Qui significa ragazzo!» spiegò Stefano ridendo.
Svoltavano a destra, entrando in una via ingombra di carri lunghi e stretti, tirati da grossi cavalli, con operai affaccendati a caricare e scaricare balle di merci. Si procedeva a stento per scansare gli urti. Tutt'a un tratto, un lungo fischio, un gran fracasso, un treno passava davanti i primi piani delle case fuggendo per la via traversa. Menu aveva abbassato la testa quasi se lo fosse sentito venire addosso.
«Ti abituerai», disse Stefano.