Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
Gli americani di Ràbbato
Lettura del testo

I due fratelli

28. Nell'osteria di compare Cheli.

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28. Nell'osteria di compare Cheli.

 

Entrarono nell'osteria. Uno stanzone con la volta e le pareti bianche, lucide, e poche finestre che davano sulla via. Altre finestre con grosse inferriate ricevevano un po' di luce da un cortile donde veniva un rumore cupo, cadenzato, puff! puff! puff! In fondo, il bancone rivestito di zinco, e dietro ad esso un trofeo di bandiere nazionali attorno al ritratto di re Umberto in cornice dorata. In giro e nel mezzo, tavolini senza tovaglia occupati da avventori che mangiavano, bevevano, discorrendo a voce alta, picchiando nei bicchieri e nei piatti per sollecitare i garzoni.

Compare Cheli Murabitu, alto, magro, in maniche di camicia, con la zucca che gli luccicava nel centro contornata da pochi capelli castagni, il naso lungo, affilato, gli occhi piccoli e furbi e due orecchi aperti come due alette ai lati della faccia quasi stessero sempre ritti a origliare, era accosto a un tavolino, tenendo un bicchiere di vino levato in alto, per osservarlo contro luce.

Non parve molto contento di veder avvicinare Stefano. « ci sono tre posti liberi; vengo subito».

Guardò attentamente, con grande curiosità, Santi e Menu... «Chi ti riconosceva! » esclamò poi stringendo la mano a Santi.

«E questi? Ah! Il fratello minore... Lo raffiguro a stento. L'ho lasciato bambino; cominciava ad andare a scuola; passava ogni giorno davanti alla mia bottega coi libri sotto braccio».

Menu affermò col capo; quantunque non si ricordasse di lui.

«Quel che avete di meglio, compare Cheli», disse Stefano. «Fate voi... E niente horse mit!... S'intende».

«Che significadomandò Menu a Santi.

«Significa», rispose, «niente carne di cavallo. Probabilmente ce la darà lo stesso: ma è bene avvertirglielo. Vo a salutare mistress Anna, la padrona. Ha fatto un buon affare compare Cheli sposandola».

«Io non ne voglio carne di cavallo», disse Menu, appena Stefano si diresse verso il banco.

Un garzone, col grembiule bianco, portò tre bicchieri, una bottiglia d'acqua e domandò:

«Bionda o bruna

«Per noi niente birra; mio fratello ordinerà dopo».

Compare Cheli si era accostato a Stefano, presso il banco, e tornava con lui al tavolino, dove Menu si sbocconcellava un panetto.

«Alla casalinga, anzi alla rabbatana! » disse compare Cheli.

«Abbiamo fretta», lo avvertì Stefano.

Menu si sentiva il capo intronato da quel puf! puf! che veniva dal cortile, e dal gran chiacchierio degli avventori.

«È la macchina per la luce elettrica; qui la via è stretta, con case troppo alte, e bisogna tenere accese le lampade da mattina a sera».

Mangiarono zitti. Santi era preoccupato; aveva qualcosa sulla punta della linguaStefano se n'era già accorto — e faceva sforzi per trattanersi.

«Eh, Menudisse Stefano per sviare il pericolo d'una spiegazione col fratello. «Non è meglio questo locale, che il Casino dei civili di Ràbbato? Ed è un'osteria! Ho sentito dire che Raccareddu ha aperto un caffè. Ci rimetterà i piccioli portati via di qui».

Passava da una domanda all'altra, con allegria stentata. E la festa del Patrono? E il pavimento della chiesa? E il tale? E la tale?

Menu lo guardava per scoprire se anche Stefano aveva il dente d'oro. No, non gli luccicava niente in bocca.

«Dunque a rivederci, compare Cheli», disse all'ultimo Stefano, accendendo un sigaro.

«Ma presto, mi raccomando... Non dobbiamo guastarci».

«Che discorso è questo?»

«Sai come si dice? Conti corti e amicizia lunga».

«A me piacciono anche i conti lunghi», rispose Stefano. «A rivederci, compare Cheli

E il saluto aveva aria di ammonimento.

«Ah, Stefano! Stefano!... Se il nonno e la mamma sapessero

«Tu bada ai fatti tuoi. Quando Menu si sarà un poco impratichito della vita di qui, io potrò procurargli un posto di fattorino presso una piccola banca, tanto per cominciare».

«Per ora c'è chi ci pensa».

«Miss Stoppa? Io la chiamo così per quei suoi capelli che paiono proprio di stoppa».

«Non siamo degni neppur di nominarla quella buona signorina

«Ti ho toccato nel debole!... Addio, Menu».

Si allontanò sghignazzando.


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