Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
Gli americani di Ràbbato
Lettura del testo

La «Mano nera»

30. Una brutta avventura con la "Mano nera".

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30. Una brutta avventura con la "Mano nera".

 

Una mattina, Menu aveva notato due figuri che pareva facessero la ronda, passando e ripassando davanti alla bottega. Lo zi' Carta, dietro il piccolo banco, contava certi quattrini da portare alla posta, e ne faceva tanti pacchetti da cento lire l'uno.

«Vado e torno subito», disse.

Menu, che dalla soglia della bottega non aveva perduto d'occhio quei due, si accorse che uno di essi, all'uscire del suo padrone, si era allontanato in fretta.

Poco dopo, vide spuntare Stefano e gli parve che, per un piccolo tratto della via, fosse accompagnato da colui che aveva lasciato l'altro a fare la guardia.

Stefano andò di filato alla bottega.

«Che ti ha detto Santi

«La signorina tornerà tra giorni».

«Va bene, mi farete sapere qualcosa».

Si aggirava per la bottega, osservando le ceste, come uno che non avesse altro da fare. Poi si fermò, si accostò a Menu e quasi sottovoce gli disse:

«Dovresti darmi una ventina di lire; te le renderei fra tre giorni».

«E chi le ha?» rispose Menu maravigliato della richiesta. «Dalla tua mesata».

«Non ho manco un soldo. Lo zi' Carta la paga a Santi».

«Prendile dal cassetto. Ci saranno ben più di venti lire».

«Neppure se avessi io la chiave! Ma ti pare

«Bella fiducia ti ha il tuo padrone! Fa' conto che non ti ho detto nulla. Hai capito? Fa' conto che non mi hai visto anzi, ricordatene».

Quei due figuri sparirono dietro a Stefano. Menu li aveva seguiti con l'occhio fino allo svolto della cantonata. Era rimasto con un lieve tremore per tutta la persona. Viveva sotto l'ossessione delle revolverate, delle bombe, e ora delle coltellate, come era accaduto al mascalucioto. Non temeva precisamente per sé, ma per lo zi' Carta, che spesso diceva: «Ce l'hanno con me!»

«Le bombe però non hanno riguardo!», pensava il povero Menu.

E non vedeva l'ora che tornasse la miss di Santi per allontanarsi da quel posto, quantunque poi gli dispiacesse di lasciare lo zi' Carta che davvero gli voleva bene come a un figlio, e gli aveva raddoppiata spontaneamente la mesata.

«"Fa' conto che non mi hai visto anzi! Ricordatene!" Perché mi ha detto questo?», si domandava Menu, nel momento in cui lo zi' Carta ritornava tranquillamente dall'ufficio postale.

«Chi ha portato questa letteradomandò prendendola dalla cesta su cui era posata.

«Quale lettera?» fece Menu,

«Questa!»

Lo zi' Paolo era impallidito scorgendo nel posto del sigillo una piccola impronta nera che rappresentava una mano.

«Qualcuno, con la scusa di comprare...»

«Non è venuto nessuno», affermò Menu, pensando al "ricordati" di Stefano.

«È piovuta dall'aria dunque?... Ah, gl'infamacci! Ma questa volta vado a ricorrere alla polizia. Non l'apro neppure... No: leggila... Sentiamo

E stracciò a stento la busta, tanto gli tremavano le mani.

«Che dice

«Dice che...»

Menu aveva percorso rapidamente con gli occhi lo scritto del foglio e si era fermato a una cifra.

Poi lesse con voce mal ferma:

«Lunedì sera, al quarto albero a sinistra della Terza Avenue, un vecchio attenderà la grazia di voi signor Paolo Carta, cioè trecento dollari, che manderete col vostro ragazzo, se non volete che vi avvenga qualche grosso dispiacere. E zitto, altrimenti farete peggio. Con noi non si scherza. Gli amici della...»

E sotto, la stessa impronta della busta: una piccola mano nera.

Lo zi' Carta rimase un momento a testa bassa, con gli occhi socchiusi, quasi annichilito, respirando appena. Poi si rizzò tutto a un tratto sulla persona, tolse di mano al ragazzo la lettera, ripiegò il foglio, lo rimise dentro la busta e detto a Menu: «Andiamotolse via le ceste posate su due panchetti ai lati della porta, rimosse i panchetti e, chiusa la bottega coi catenacci e con le sbarre di ferro, come faceva le domeniche quando andava a passare le giornate fuori di casa, si avviò verso il posto di polizia del quartiere. Menu stentava a seguirlo, tanto lo zi' Carta andava in fretta.

Coi gesti, più che con le parole, giacché egli non sapeva un motto d'inglese (le due o tre frasi apprese a memoria le riduceva incomprensibili per la cattiva pronunzia), soprattutto mostrando la lettera che indicava chiaro, per via dell'impronta, la sua provenienza, lo zi' Carta fece capire all'ispettore di che cosa si trattava. Fu fatto venire un interprete che traduceva in italiano le domande:

«Questa lettera non è venuta per posta. Chi l'ha portata

«L'ho trovata su una cesta di frutta. Io sono fruttaiolo».

«Non eravate in bottega

«No. C'era questo mio ragazzo. Parla tu».

«Chi è venuto nella sua assenza

«Nessuno. Non ho visto nessuno!»

Menu scoppiò a piangere.

«Non aver paura, ricorda bene

«Non ho visto nessuno!»

«È siciliano anche lui?»

«Del mio paese, fratello di un mio amico», rispose lo zi' Carta.

L'ispettore e l'interprete, si misero a parlare in inglese tra loro, fissando di tratto in tratto Menu che continuava a singhiozzare, atterrito di trovarsi in presenza di quei due che lo squadravano da capo a piedi.

«È la prima volta che vi si minacciadomandò l'interprete allo zi' Carta, che si trovò imbarazzato a rispondere.

«Mi hanno estorto, due volte, piccole somme», disse dopo un momento di esitazione.

«Chi? Li conoscete

«Se li vedessi, li riconoscerei. Non li ho più riveduti

Poteva accusare Stefano? E che prova avrebbe potuto dare?

«Sarete chiamato. Il ragazzo resta qui».

«Voscenza... rispondo io di lui! Rispondo io!» esclamò lo zi' Carta portando la mano al petto per giuramento.

«Il ragazzo... saconcluse l'interprete: «Interrogatelo bene».


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