Luigi Capuana: Raccolta di opere
Luigi Capuana
Gli americani di Ràbbato
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Lo zi' Carta

34. Santi organizza una festa.

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Lo zi' Carta

 

34. Santi organizza una festa.

 

Santi aveva voluto festeggiare l'insediamento di Menu come fattorino negli uffici del banchiere Keller, e perciò avevano invitato a cena in una piccola trattoria di via Mulberry alcuni compaesani: lo zi' Carta, Coda-pelata che aveva promesso di portare la sua chitarra, mastro Iano il Tignoso e suo figlio, e don Pietro Ruffino il sarto. L'appuntamento era per le sette nel viale del parco presso le prime case delle vie.

Mancava Stefano, mezzo guarito e trasportato nell'infermeria del carcere. Quest'assenza rendeva tristi i due fratelli.

Santi e Menu passeggiavano da pochi minuti lungo il viale affollato di gente, quando li raggiunse Coda-pelata con la chitarra sotto braccio.

«Che bella serata!» egli esclamò. «Qui si respira! Peccato che non si possa cenare all'aria aperta. Dunque, caro Menu, stiamo per diventare banchieri! Non ridere; qui si comincia così. Tutti questi miliardari non sono stati meglio di te, di me, di tanti altri; poi è venuto un colpo di vento che li ha portati su, su. Oggi ammucchiano le aquile e le doppie aquile con la pala, e sono veri re del mondo».

«In tutto ci vuol fortunasentenziò Santi.

«Ah, questi americani son fatti apposta per arricchirerispose Coda-pelata. «È vero, ci vuol fortuna. C'è chi corre dietro al dollaro e non riesce a raggiungerlo; c'è chi lo inciampa a ogni passo e se n'empie le tasche, senz'altra fatica che di chinarsi a raccattarlo... Gli americani però sono cocciuti. Non si stancano subito, come noi; e perciò, chi più, chi meno, fanno fortuna. Noi, quando abbiamo messo insieme un pugno di soldacci, ci crediamo ricchi e torniamo al paese. Quel bestione di Garozzo ha più di tremila lire, e rimpiange il fondo che mi ha venduto. Riparte per andare a comprarsi quattro sassi laggiù».

Arrivavano lo zi' Carta, mastro Iano il Tignoso e suo figlio.

«Siamo in ritardo

«Sempre in tempo, zi' Carta. Come? Siete venuto con le mani in mano? Un po' di aranci e fichi secchi non guastavano».

«Tu intanto hai portato la chitarra che non si mangia».

«Ma che fa stare allegri, anche quando siamo a stomaco vuoto».

«È vero», disse mastro Iano. «Ricordate, compare Carta, mastro Gaspare Nolfo? Era barbiere come voi», e si rivolse a Coda-pelata, «e anche dentista; strappava le mole ai contadini con un tenaglione grosso così. È morto da un pezzo, e non era vecchio. Aveva un mucchio di figli, tutti piccini, quasi stentassero a crescere, dalla fame... E con tanti guai addosso, era sempre allegro. Quando tornava a casa, la sera, senza un soldo di pane e i figliuoli strillavano, afferrava la chitarra e: "Su, lesti, quattro salti! Lesti!" Li faceva ballare e li mandava a letto sfamati così. Mi par di vederlo. Rosso in faccia da parere ubbriaco... E il vino lo vedeva da lontano, poveretto

«Per questo, Santi ha voluto che portassi la chitarra», disse Coda-pelata. «Vo' veder ballare voi e lo zi' Carta... Quattro salti, e non c'è altro».

«Tu saresti capace. Non sei collega di mastro Gaspare Nolfo per niente!»

Menu restava in disparte col figlio di mastro Iano, ragazzo corto, tarchiato, coi baffi incipienti, esperto, serio, giovane maturo; ed aveva soltanto due o tre anni più di Menu.

«Avresti fatto meglio a frequentare una scuola professionale, ma bisogna sapere l'inglese», diceva.

«Comincerò a studiarlo tra giorni; me lo insegnerà miss Mary».

«Chi è costei? Una maestra

«No, la figlia del banchiere Keller».

«Figurati! Si annoierà presto. Qui le signorine hanno ben altro da fare».

«È stata lei ad offrirsi».

«In un momento di buon cuore. Sono così strane le signorine di qui. Che età ha?»

«Non mi pare molto giovane. Sa l'italiano. È stata in Sicilia».

«Bella

Menu fu distolto dal rispondere dall'urlo che accolse don Pietro Ruffino, arrivato in quel momento.

 


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