5. Però, malgrado il savio decreto d’Innocenzo
III, Nostro predecessore, nei tempi successivi non solo l’importunità
dei postulanti strappò alla Sede Apostolica l’approvazione di qualche
Ordine regolare, ma l’arrogante temerità di taluno andò
altresì inventando una quasi sfrenata moltitudine d’Ordini diversi,
particolarmente mendicanti, non ancora approvati. Intesa tale cosa, intervenne
con pronto rimedio Gregorio X, anch’egli Nostro predecessore: rinnovò la
Costituzione del suddetto Innocenzo III nel Concilio generale di Lione,
vietando con più rigorose pene, che in avvenire s’inventassero nuove
regole e nuovi abiti religiosi. Soppresse gli Ordini mendicanti che erano sorti
dopo il Concilio Lateranense IV e che non avevano meritato l’approvazione
dell’Apostolica Sede; permise gli approvati, a condizione che i professi vi
potessero, volendolo, rimanere, purché da allora in poi non ne
ammettessero altri alla professione, né acquistassero nuove case o
luoghi di qualsiasi sorte, né quelle o quelli che avevano potessero
alienare senza speciale licenza della santa Sede. E valga il vero: egli
riservò tutti quei beni a disposizione della Sede Apostolica per
soccorrere i luoghi della Terra santa o i poveri, o per impiegarli ad altri usi
pii per mezzo degli Ordinari dei luoghi, o di coloro ai quali la stessa Sede ne
avesse dato la commissione. Vietò assolutamente agl’individui dei
medesimi Ordini l’esercizio della predicazione e della confessione nei confronti
degli estranei dello stesso Ordine, e anche di tumularli. Ma in questa
Costituzione non volle compresi gli Ordini dei Predicatori e dei Minori, ai
quali l’evidente vantaggio che la Chiesa universale ne trae dava il merito
dell’approvazione. Volle ancora che continuassero a vivere gli Ordini degli
Eremiti di Sant’Agostino e dei Carmelitani, dato che la loro istituzione
precedeva il generale Concilio Lateranense. Infine, alle singole persone di
quegli Ordini ai quali quella Costituzione era indirizzata, concedette generale
licenza di passare ad altri Ordini già approvati; con questo,
però, che nessun Ordine o convento trasferisse sé ed i propri
beni interamente in un altro, senza particolare permesso della Sede Apostolica.
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