17. Né furono minori la liberalità e la
munificenza degli altri Nostri predecessori verso questa Società.
Infatti è noto che Giulio III, Paolo IV, Pio IV e V, Gregorio XIII,
Sisto V, Gregorio XIV, Clemente VIII, Paolo V, Leone XI, Gregorio XV, Urbano
VIII ed altri Romani Pontefici di felice memoria, non solo confermarono i
privilegi alla predetta, ma con le più autentiche dichiarazioni le
certificarono e le ampliarono. Ciò nonostante, dal tenore e dalle parole
delle stesse apostoliche Costituzioni, evidentemente risulta che, fin quasi dal
nascere della Compagnia, pullularono nel suo seno germi funesti di gelosia e di
discordia non solo tra i Soci medesimi, ma anche con gli altri Ordini regolari,
col Clero secolare, con le Accademie, Università, Scuole pubbliche di
Lettere, e perfino con gli stessi Principi, negli Stati dei quali era stata accolta.
Queste discordie erano determinate ora intorno all’essenza e alla natura dei
voti, intorno al tempo di emetterli, alla facoltà di espellere i Soci
dall’Ordine, di promuoverli agli ordini sacri senza titolo adeguato e senza i
voti solenni, contro i decreti del Concilio di Trento e di Pio V; ora intorno
all’assoluta potestà che il preposto generale si arrogava, e ad altre
cose riguardanti il buon governo della Compagnia; ora intorno ai vari capi di
dottrina, alle scuole, alle esenzioni e ai privilegi che gli Ordinari dei
luoghi e le altre persone costituite in ecclesiastica e secolare dignità
affermavano essere pregiudizievoli alla giurisdizione e ai loro diritti. E
quante altre accuse gravissime contro i Soci, nocive alla pace e alla tranquillità
della Cristiana Repubblica!
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