19. Alle domande e alle sollecitazioni del Re Filippo
accondiscese il Pontefice Sisto V, come se le vedesse fondate su salde ragioni;
pertanto scelse per l’incarico di visitatore apostolico un Vescovo illustre per
prudenza, virtù e dottrina, e designò una Congregazione di alcuni
Cardinali della Santa Romana Chiesa che diligentemente si adoperasse per
l’esecuzione di tale compito. Ma Sisto V fu rapito da morte immatura, e con lui
morì anche il validissimo proposito da lui assunto; l’iniziativa rimase
senza seguito.
Quindi Gregorio XIV di felice memoria, assunto al supremo grado
dell’apostolato, approvò di nuovo e nella più ampia maniera
l’Istituto della Società con sua Lettera sub plumbo del 28 giugno
1591, e ratificò e confermò i privilegi di qualunque sorta
conferiti a quella Società dai suoi predecessori, e in particolare
quello che assicurava alla Società il diritto di espellere e di
ammettere i Soci senza riguardo a forma giudiziaria, cioè senza
processo, senza atti, senza alcun ordine di giudizio, né termine,
ancorché necessario, avuto solamente riguardo alla verità del
fatto, alla colpa, o alla sufficienza del motivo, alle persone e ad altre
circostanze. Su ciò intimò un silenzio assoluto e, sotto pena di
scomunica maggiore da incorrersi immediatamente, proibì che nessuno
direttamente o indirettamente ardisse impugnare l’Istituto, le costituzioni o i
decreti della Società, o tentasse mutarlo in qualunque modo. Però
lasciò a tutti il diritto di poter significare o proporre, sia per legati,
sia per nunzi dell’Apostolica Sede, a lui solamente, ed ai Romani Pontefici
dopo lui regnanti, tutto ciò che si giudicasse dovervi essere aggiunto,
moderato, o cambiato.
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