22. Dopo tante tempeste ed acerbissime confusioni, ogni
uomo dabbene desiderava che dovesse finalmente splendere una buona volta quel
beato giorno, che riportasse la tranquillità e la pace. Ma
allorché sulla cattedra di Pietro sedeva il medesimo predecessore
Clemente XIII, vennero tempi assai più difficili e turbolenti. Ogni
giorno risuonarono più alti i clamori e le lagnanze, e insorsero
pericolosissime sedizioni, tumulti, discordie e scandali che, rilassando il
vincolo della cristiana carità, e quasi rompendolo, fortemente
infiammarono gli animi dei fedeli alle passioni dei partiti, agli odi, alle
inimicizie. Il danno e il pericolo giunsero a tal punto, che quegli stessi, la
cui pietà liberalità verso la Compagnia universalmente si esalta
quale benemerenza ereditaria ricevuta dagli antenati, cioè i Nostri
carissimi figliuoli in Cristo i Re di Francia, di Spagna, di Portogallo, e
delle Due Sicilie, sono stati costretti a licenziare ed espellere i Soci dai
loro Regni, Stati e Province; ritenendo che questo fosse l’estremo rimedio
contro tanti mali, assolutamente necessario ad impedire che i popoli cristiani,
nel seno stesso di Santa Madre Chiesa, si insidiassero, provocassero e
lacerassero a vicenda.
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