28. I professi, poi, già promossi ai sacri ordini,
i quali non vorranno lasciare le case o i collegi della Compagnia o per timore
di un’insufficiente sussistenza dovuta alla mancanza o alla scarsità di
una consistente pensione, o perché privi di un luogo dove assicurarsi
una dimora, o per la loro avanzata età, per debole salute e per altra
giusta e grave causa, potranno rimanervi; con la riserva, però, che non
abbiano alcuna amministrazione della predetta casa o collegio, e vestano il
semplice abito dei chierici secolari, e vivano totalmente sottoposti
all’Ordinario del luogo. Inoltre proibiamo che in nessun modo possano
sostituire altri in luogo di quelli che mancheranno; acquistare nuove case o
altro luogo, secondo i Decreti del Concilio di Lione; alienare le case, i beni
ed i fondi che ora posseggono. Anzi, potranno essere riuniti in una sola casa o
in più, secondo il loro maggiore o minor numero, in maniera che le case
che resteranno vuote possano essere convertite in usi pii, secondo quanto
sembrerà più opportuno alle circostanze dei luoghi e dei tempi, e
più confacente ai sacri canoni, all’intenzione dei fondatori,
all’accrescimento del culto Divino, alla salute delle anime ed alla pubblica
utilità. Nel frattempo sarà destinato qualche soggetto del Clero
secolare, specchiato per prudenza e per costumi, il quale dovrà
presiedere al governo di quelle case, in modo che muoia e sia soppresso il nome
della Compagnia.
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