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Clemens PP. XIV
Dominus ac redemptor

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5. Però, malgrado il savio decreto d’Innocenzo III, Nostro predecessore, nei tempi successivi non solo l’importunità dei postulanti strappò alla Sede Apostolica l’approvazione di qualche Ordine regolare, ma l’arrogante temerità di taluno andò altresì inventando una quasi sfrenata moltitudine d’Ordini diversi, particolarmente mendicanti, non ancora approvati. Intesa tale cosa, intervenne con pronto rimedio Gregorio X, anch’egli Nostro predecessore: rinnovò la Costituzione del suddetto Innocenzo III nel Concilio generale di Lione, vietando con più rigorose pene, che in avvenire s’inventassero nuove regole e nuovi abiti religiosi. Soppresse gli Ordini mendicanti che erano sorti dopo il Concilio Lateranense IV e che non avevano meritato l’approvazione dell’Apostolica Sede; permise gli approvati, a condizione che i professi vi potessero, volendolo, rimanere, purché da allora in poi non ne ammettessero altri alla professione, né acquistassero nuove case o luoghi di qualsiasi sorte, né quelle o quelli che avevano potessero alienare senza speciale licenza della santa Sede. E valga il vero: egli riservò tutti quei beni a disposizione della Sede Apostolica per soccorrere i luoghi della Terra santa o i poveri, o per impiegarli ad altri usi pii per mezzo degli Ordinari dei luoghi, o di coloro ai quali la stessa Sede ne avesse dato la commissione. Vietò assolutamente agl’individui dei medesimi Ordini l’esercizio della predicazione e della confessione nei confronti degli estranei dello stesso Ordine, e anche di tumularli. Ma in questa Costituzione non volle compresi gli Ordini dei Predicatori e dei Minori, ai quali l’evidente vantaggio che la Chiesa universale ne trae dava il merito dell’approvazione. Volle ancora che continuassero a vivere gli Ordini degli Eremiti di Sant’Agostino e dei Carmelitani, dato che la loro istituzione precedeva il generale Concilio Lateranense. Infine, alle singole persone di quegli Ordini ai quali quella Costituzione era indirizzata, concedette generale licenza di passare ad altri Ordini già approvati; con questo, però, che nessun Ordine o convento trasferisse sé ed i propri beni interamente in un altro, senza particolare permesso della Sede Apostolica.




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