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Niccolò Machiavelli L'asino IntraText CT - Lettura del testo |
L’ASINO
I vari casi, la pena e la doglia
che sotto forma d'un Asin soffersi,
canterò io, pur che fortuna voglia.
Non cerco ch'Elicona altr'acqua versi,
o Febo posi l'arco e la faretra
e con la lira accompagni i miei versi;
sì perché questa grazia non s'impetra
in questi tempi, sì perch'io son certo
ch'al suon d'un raglio non bisogna cetra.
Né cerco averne prezzo, premio o merto;
e ancor non mi curo che mi morda
un detrattore, o palese o coperto;
ch'io so ben quanto gratitudo è sorda
a' preghi di ciascuno, e so ben quanto
de' benificii un Asin si ricorda.
Morsi o mazzate io non istimo tanto
quanto io soleva, sendo divenuto
de la natura di colui ch'io canto.
S'io fossi ancor di mia prova tenuto
più ch'io non soglio, così mi comanda
quell'Asin sott'il quale io son vissuto.
Volse già farne un bere in fonte Branda
ben tutta Siena; e poi gli mise in bocca
una gocciola d'acqua a randa a randa.
Ma se 'l ciel nuovi sdegni non trabocca
contra di me, e' si farà sentire
per tutto un raglio, e sia zara a chi tocca.
Ma prima ch'io cominci a riferire
dell'Asin mio i diversi accidenti,
non vi rincresca una novella udire.
Fu, e non sono ancora al tutto spenti
i suoi consorti un certo giovanetto
pure in Firenze infra l'antiche genti.
A costui venne crescendo un difetto:
ch'in ogni luogo per la via correva,
e d'ogni tempo senza alcun rispetto.
E tanto il padre vie più si doleva
di questo caso, quanto le cagioni
de la sua malattia men conosceva;
e volse intender molte opinioni
di molti savi, e 'n più tempo vi porse
mille rimedi di mille ragioni.
Oltra di questo, anco e' lo botò forse;
ma ciascadun rimedio ci fu vano,
perciò che sempre, e in ogni luogo corse.
Ultimamente un certo cerretano,
de' quali ogni dì molti ci si vede,
promise al padre suo renderlo sano.
Ma, come avvien che sempre mai si crede
a chi promette il bene (onde deriva
ch'a' medici si presta tanta fede:
e spesso lor credendo, l'uom si priva
del bene: e questa sol tra l'altre sètte
par che del mal d'altrui si pasca e viva),
così costui niente in dubbio stette,
e ne le man gli mise questo caso;
ch'a le parole di costui credette.
Ed ei gli fe' cento profumi al naso;
tràssegli sangue de la testa; e poi
gli parve aver il correr dissuaso.
E fatto ch'ebbe altri rimedi suoi,
rendé per sano al padre il suo figliuolo,
con questi patti ch'or vi direm noi:
che mai non lo lasciasse andar fuor solo
per quattro mesi, ma con seco stesse
chi, se per caso e' si levasse a volo,
che con qualche buon modo il ritenesse,
dimostrandogli in parte il suo errore,
pregandol ch'al suo onor riguardo avesse.
Così andò ben più d'un mese fòre
onesto e saggio, infra due suoi fratelli,
di reverenza pieno e di timore;
ma giunto un di' ne la via de' Martelli,
onde puossi la via Larga vedere,
cominciaro arricciarsigli i capelli.
Non si poté questo giovin tenere,
vedendo questa via dritta e spaziosa,
di non tornar ne l'antico piacere;
e, posposta da parte ogni altra cosa,
di correr gli tornò la fantasia,
che mulinando mai non si riposa;
e giunto in su la testa de la via
lasciò ire il mantello in terra, e disse:
- Qui non mi terrà Cristo; - e corse via.
E di poi corse sempre, mentre visse,
tanto che 'l padre si perdé la spesa
e 'l medico lo studio che vi misse.
Perché la mente nostra, sempre intesa
dietro al suo natural, non ci consente
contr'abito o natura sua difesa.
Ed io, avendo già volta la mente
a morder questo e quello, un tempo stetti
assai quieto, umano e paziente,
non osservando più gli altrui difetti,
cercando in altro modo fare acquisto;
tal che d'esser guarito i' mi credetti.
Ma questo tempo dispettoso e tristo
fa, senza ch'alcuno abbia gli occhi d'Argo,
più tosto il mal che 'l bene ha sempre visto;
onde s'alquanto or di veleno spargo,
bench'io mi sia divezzo di dir male,
mi sforza il tempo di materia largo.
E l'Asin nostro che per tante scale
di questo nostro mondo ha mossi i passi,
per lo ingegno veder d'ogni mortale,
se bene in ogni luogo si osservassi
per le sue strade i suoi lunghi cammini,
non lo terrebbe il ciel che non ragghiassi.
Dunque, non fie verun che s'avvicini
a questa rozza e capitosa gregge,
per non sentir degli scherzi asinini:
ch'ognun ben sa, che sua natura legge,
ch'un de' più destri giuochi che far sappi
è trarre un paio di calci e due corregge.
E ognuno a suo modo ciarli e frappi
e abbia quanto voglia e fumo e fasto,
ch'omai convien che questo Asin ci cappi;
e sentirassi come il mondo è guasto,
perch'io vorrò che tutto un vel dipinga,
avanti che si mangi il freno e 'l basto:
e chi lo vuol aver per mal, si scinga.