Onde venisti? Quali
a noi secoli
sì mite e bella ti
tramandarono?
fra i canti de'
sacri poeti
dove un giorno, o
regina, ti vidi?
Ne le ardue rocche,
quando tingeasi
a i latin' soli la
fulva e cerula
Germania, e
cozzavan nel verso
nuovo l'armi tra
lampi d'amore?
Seguiano il cupo
ritmo monotono
trascolorando le
bionde vergini,
e al ciel co' neri
umidi occhi
impetravan mercé
per la forza.
O ver ne i brevi dì
che l'Italia
fu tutta un maggio,
che tutto il popolo
era cavaliere? Il
trionfo
d'Amor gìa tra le
case merlate
in su le piazze
liete di candidi
marmi, di fiori, di
sole; e «O nuvola
che in ombra
d'amore trapassi, -
l'Alighieri cantava
- sorridi!»
Come la bianca
stella di Venere
ne l'april novo
surge da' vertici
de l'alpi, ed il
placido raggio
su le nevi dorate
frangendo
ride a la sola
capanna povera,
ride a le valli
d'ubertà floride,
e a l'ombra de'
pioppi risveglia
li usignoli e i
colloqui d'amore:
fulgida e bionda ne
l'adamàntina
luce del serto tu
passi, e il popolo
superbo di te si
compiace
qual di figlia che
vada a l'altare;
con un sorriso
misto di lacrime
la verginetta ti
guarda, e trepida
le braccia porgendo
ti dice
come a suora
maggior «Margherita!»
E a te volando la
strofe alcaica,
nata ne' fieri
tumulti libera,
tre volte ti gira
la chioma
con la penna che sa
le tempeste:
e, Salve, dice
cantando, o inclita
a cui le Grazie
corona cinsero,
a cui sì soave
favella
la pietà ne la voce
gentile!
Salve, o tu buona,
sin che i fantasimi
di Raffaello ne'
puri vesperi
trasvolin d'Italia
e tra' lauri
la canzon del
Petrarca sospiri!
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