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Giosuè Carducci
Odi barbare

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO SECONDO
    • Mors nell’epidemia difterica
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Mors nell’epidemia difterica

 

Quando a le nostre case la diva severa discende,

da lungi il rombo de la volante s'ode,

 

e l'ombra de l'ala che gelida gelida avanza

diffonde intorno lugubre silenzïo.

 

Sotto la venïente ripiegano gli uomini il capo,

ma i sen feminei rompono in aneliti.

 

Tale de gli alti boschi, se luglio il turbine addensa,

non corre un fremito per le virenti cime:

 

immobili quasi per brivido gli alberi stanno,

e solo il rivo roco s'ode gemere.

 

Entra ella, e passa, e tocca; e senza pur volgersi atterra

gli arbusti lieti di lor rame giovani;

 

miete le bionde spiche, strappa anche i grappoli verdi,

coglie le spose pie, le verginette vaghe

 

ed i fanciulli: rosei tra l'ala nera ei le braccia

al sole a i giuochi tendono e sorridono.

 

Ahi tristi case dove tu innanzi a' vólti de' padri,

pallida muta diva, spegni le vite nuove!

 

Ivi non più le stanza sonanti di risi e di festa

o di bisbigli, come nidi d'augelli a maggio:

 

ivi non più il rumore de gli anni lieti crescenti,

non de gli amor le cure, non d'Imeneo le danze:

 

invecchian ivi ne l'ombra i superstiti, al rombo

del tuo ritorno teso l'orecchio, o dea.

 

 

 




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