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Giosuè Carducci
Odi barbare

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  • LIBRO SECONDO
    • Una sera di san Pietro
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Una sera di san Pietro

 

Ricordo. Fulvo il sole tra i rossi vapori e le nubi

calde al mare scendeva, come un grande clipeo di rame

che in barbariche pugne corrusca ondeggiando, poi cade.

Castiglioncello in alto fra mucchi di querce ridea

da le vetrate un folle vermiglio sogghigno di fata.

Ma io languido e triste (da poco avea scosso la febbre

maremmana, ed i nervi pesavanmi come di piombo)

guardava a la finestra. Le rondini rapide i voli

sghembi tessevano e ritessevano intorno le gronde,

e le passere brune strepïano al vespro maligno.

Brevi d'entro la macchia svariavano il piano ed i colli,

rasi a metà da la falce, in parte ancor mobili e biondi.

Via per i solchi grigi le stoppie fumavano accese:

or sì or no veniva su per le aure umide il canto

de' mietitori, lungo, lontano, piangevole, stanco:

grave l'afa stringeva l'aër, la marina, le piante.

Io levai gli occhi al sole - O lume superbo del mondo,

tu su la vita guardi com'ebro ciclope da l'alto! -

Gracchiarono i pavoni schernendomi tra i melograni,

e un vipistrello sperso passommi radendo su 'l capo.

 

 

 




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