Calvi, aggrondati,
ricurvi, sì come becchini a la fossa,
stan radi alberi in
cerchio de la sucida riva.
Stendonsi livide
l'acque in linea lunga che trema
sotto squallido
cielo per la lugubre macchia.
Bevon le nubi dal
mare con pendule trombe, ed il sole
piove sprazzi di
riso torbido sovra i poggi.
I poggi sembrano
capi di tignosi ne l'ospitale,
l'un fastidisce
l'altro da' finitimi letti.
Scattan su da un
cespuglio co 'l guizzo di frecce mancate
due neri uccelli:
cala con pigre ruote un falco.
Corrono, mentr'io
leggo Marlowe, le smunte cavalle
de la vettura: il
sole scema, la pioggia freme.
Ed ecco a poco a
poco la selva infóscasi orrenda,
la selva, o Dante,
d'alberi e di spiriti,
dove tra piante
strane tu strane ascoltasti querele,
dove troncasti il
pruno ch'era Pier de la Vigna.
Io leggo ancora
Marlowe. Dal reo verso bieco, simile
a sogno d'uomo cui
molta birra gravi,
d'odii et incèsti e
morti balzando tra forme angosciose
esala un vapor acre
d'orrida tristizia,
che sale e fuma, e
misto a l'aër maligno feconda
di mostri intorno
le pendenti nuvole,
crocida in fondo a'
fossi, ferrugigno ghigna ne' bronchi,
filtra con la
pioggia per l'ossa stanche. Io tremo.
Ah quei pini che il
vento che il mare curvaron tanti anni
paiono traer guai
contro di me: «Che importa
- dicon - tendere a
l'alto? che vale combatter? che giova
amare? Il fato
passa ed abbassa.» Ma tu,
tu sughero triste
che a terra schiacciato rialzi
il capo, reo gobbo,
bestemmïando Iddio,
perché mi tendi
minaccioso le braccia tue torte?
che colpa ho io ne
'l fato che ti danna?
E voi, lunghe ne 'l
mezzo del tetro recinto alberelle,
co' rami spioventi,
quasi canute chiome,
siete alberelle
voi? siete le tre fiere sorelle
che aspettâr
Macbeth su la fatale via?
Odo pauroso carme
che voi bisbigliate co' venti,
di rospi, di serpi,
di sanguinari cuori.
Guglielmo, re de'
poeti da l'ardüa fronte serena,
perché mi mandi
lugubri messaggi?
Io non uccisi il
sonno, ben gli altri a me spensero il cuore:
non cerco un regno,
io solo chieggio al mondo l'oblìo.
Oblìo? no,
vendetta. Cadaveri antichi, pensieri
che tutti una
ferita mostrate aperta e tutti
a tradimento, su!
su da 'l cimitero del petto,
su date a' venti i
vostri veli funebri.
Qui raduniam
consiglio, qui ne l'orribile spazzo,
a l'ombre ignave,
su le mortifere acque.
Qui gonfia di serpi
tra 'l fior bianco e giallo la terra,
pregna di veleni
qui primavera ride.
Ride ubriaco il
verso di gioia maligna; com'angue,
strisci, si
attorca, snodisi tra i sibili.
Volate, volate,
canzoni vampire, cercando
i cuor' che amammo:
sangue per sangue sia.
Ma che? Disvelasi
lunge superbo a veder l'Argentaro
lento scendendo ne
'l Tirreno cerulo.
Il sole illustra le
cime. Là in fondo sono i miei colli,
con la serena
vista, con le memorie pie.
Ivi m'arrise
fanciullo la diva sembianza d'Omero.
Via, tu, Marlowe, a
l'acque! tu, selva infame, addio.
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