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Giosuè Carducci Odi barbare IntraText CT - Lettura del testo |
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Canto di MarzoQuale una incinta, su cui scende languida languida l'ombra del sopore e l'occupa, disciolta giace e palpita su 'l talamo, sospiri al labbro e rotti accenti vengono e sùbiti rossor la faccia corrono,
tale è la terra: l'ombra de le nuvole passa a sprazzi su 'l verde tra il sol pallido: umido vento scuote i pèschi e i mandorli bianco e rosso fioriti, ed i fior cadono: spira da i pori de la glebe un cantico.
- O salïenti da' marini pascoli vacche del cielo, grigie e bianche nuvole, versate il latte da le mamme tumide al piano e al colle che sorride e verzica, a la selva che mette i primi palpiti -.
Così cantano i fior che si risvegliano: così cantano i germi che si movono e le radici che bramose stendonsi: così da l'ossa dei sepolti cantano i germi de la vita e de gli spiriti.
Ecco l'acqua che scroscia e il tuon che brontola: porge il capo il vitel da la stalla umida, la gallina scotendo l'ali strepita, profondo nel verzier sospira il cùculo ed i bambini sopra l'aia saltano.
Chinatevi al lavoro, o validi omeri; schiudetevi a gli amori, o cuori giovani; impennatevi a i sogni, ali de l'anime; irrompete a la guerra, o desii torbidi: ciò che fu torna e tornerà ne i secoli.
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