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Giosuè Carducci
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  • LIBRO SECONDO
    • Canto di Marzo
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Canto di Marzo

 

Quale una incinta, su cui scende languida

languida l'ombra del sopore e l'occupa,

disciolta giace e palpita su 'l talamo,

sospiri al labbro e rotti accenti vengono

e sùbiti rossor la faccia corrono,

 

tale è la terra: l'ombra de le nuvole

passa a sprazzi su 'l verde tra il sol pallido:

umido vento scuote i pèschi e i mandorli

bianco e rosso fioriti, ed i fior cadono:

spira da i pori de la glebe un cantico.

 

- O salïenti da' marini pascoli

vacche del cielo, grigie e bianche nuvole,

versate il latte da le mamme tumide

al piano e al colle che sorride e verzica,

a la selva che mette i primi palpiti -.

 

Così cantano i fior che si risvegliano:

così cantano i germi che si movono

e le radici che bramose stendonsi:

così da l'ossa dei sepolti cantano

i germi de la vita e de gli spiriti.

 

Ecco l'acqua che scroscia e il tuon che brontola:

porge il capo il vitel da la stalla umida,

la gallina scotendo l'ali strepita,

profondo nel verzier sospira il cùculo

ed i bambini sopra l'aia saltano.

 

Chinatevi al lavoro, o validi omeri;

schiudetevi a gli amori, o cuori giovani;

impennatevi a i sogni, ali de l'anime;

irrompete a la guerra, o desii torbidi:

ciò che fu torna e tornerà ne i secoli.

 

 

 




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