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Giosuè Carducci
Odi barbare

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  • LIBRO PRIMO
    • Sirmione
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Sirmione

 

Ecco: la verde Sirmio nel lucido lago sorride,

fiore de le penisole.

 

Il sol la guarda e vezzeggia: somiglia d'intorno il Benaco

una gran tazza argentea,

 

cui placido olivo per gli orli nitidi corre

misto a l'eterno lauro.

 

Questa raggiante coppa Italia madre protende,

alte le braccia, a i superi;

 

ed essi da i cieli cadere vi lasciano Sirmio,

gemma de le penisole.

 

Baldo, paterno monte, protegge la bella da l'alto

co 'l sopracciglio torbido:

 

il Gu sembra un titano per lei caduto in battaglia,

supino e minaccevole.

 

Ma incontro le porge dal seno lunato a sinistra

Salò le braccia candide,

 

lieta come fanciulla che in danza entrando abbandona

le chiome e il velo a l'aure,

 

e ride e gitta fiori con le man piene, e di fiori

le esulta il capo giovine.

 

Guarda là in fondo solleva la ròcca sua fosca

sovra lo specchio liquido,

 

cantando una saga d'antiche cittadi sepolte

e di regine barbare.

 

Ma qui, Lalage, donde per tanta pia gioia d'azzurro

tu mandi il guardo e l'anima,

 

qui Valerio Catullo, legato giù a' nitidi sassi

il fasèlo britinico,

 

sedeasi i lunghi giorni, e gli occhi di Lesbia ne l'onda

fosforescente e tremula,

 

e 'l perfido riso di Lesbia e i multivoli ardori

vedea ne l'onda vitrea,

 

mentr'ella stancava pe' neri angiporti le reni

a i nepoti di Romolo.

 

A lui da gli umidi fondi la ninfa del lago cantava

- Vieni, o Quinto Valerio.

 

Qui ne le nostre grotte discende anche il sole, ma bianco

e mite come Cintia.

 

Qui de la vostra vita gli assidui tumulti un lontano

d'api sussurro paiono,

 

e nel silenzio freddo le insanie e le trepide cure

in lento oblio si sciolgono.

 

Qui 'l fresco, qui 'l sonno, qui musiche leni ed i cori

de le cerule vergini,

 

mentr'Espero allunga la rosea face su l'acque

e i flutti al lido gemono. -

 

Ahi triste Amore! egli odia le Muse, e lascivo i poeti

frange o li spegne tragico.

 

Ma chi da gli occhi tuoi, che lunghe intentano guerre,

chi ne assecura, o Lalage?

 

Cogli a le pure Muse tre rami di lauro e di mirto,

e al Sole eterno li agita.

 

Non da Peschiera vedi natanti le schiere de' cigni

giù per il Mincio argenteo?

 

da' verdi paschi dove Bianore dorme non odi

la voce di Virgilio?

 

Volgiti, Lalage, e adora. Un grande severo s'affaccia

a la torre scaligera.

 

- Suso in Italia bella - sorridendo ei mormora, e guarda

l'acqua la terra e l'aere.

 

 

 




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