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Giosuè Carducci Odi barbare IntraText CT - Lettura del testo |
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A una bottiglia di Valtellina del 1848E tu pendevi tralcio da i retici balzi odorando florido al murmure de' fiumi da l'alpe volgenti ceruli in fuga spume d'argento,
quando l'aprile d'itala gloria da 'l Po rideva fino a lo Stelvio e il popol latino si cinse su l'Austria cingol di cavaliere.
E tu nel tino bollivi torbido prigione, quando d'italo spasimo ottobre fremeva e Chiavenna, oh Rezia forte!, schierò a Vercea
sessanta ancora di morte libera petti assetati: Hainau gli aspri animi contenne e i cavalli de l'Istro ispidi in vista dei tre colori.
Rezia, salute! di padri liberi figlia ed a nuove glorie più libera! È bello al bel sole de l'alpi mescere il nobil tuo vin cantando:
cantando i canti de i giorni italici, quando a' tuoi passi correano i popoli, splendea tra le nevi la nostra bandiera sopra l'austriaca fuga.
A i noti canti lievi ombre sorgono quei che anelando vittoria caddero? Sia gloria, o fratelli! Non anche, l'opra del secol non anche è piena.
Ma nei vegliardi vige il vostro animo, il sangue vostro ferve ne i giovani: o Italia, daremo il altre alpi inclita a i venti la tua bandiera.
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