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Giosuè Carducci Odi barbare IntraText CT - Lettura del testo |
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Mors nell’epidemia diftericaQuando a le nostre case la diva severa discende, da lungi il rombo de la volante s'ode,
e l'ombra de l'ala che gelida gelida avanza diffonde intorno lugubre silenzïo.
Sotto la venïente ripiegano gli uomini il capo, ma i sen feminei rompono in aneliti.
Tale de gli alti boschi, se luglio il turbine addensa, non corre un fremito per le virenti cime:
immobili quasi per brivido gli alberi stanno, e solo il rivo roco s'ode gemere.
Entra ella, e passa, e tocca; e senza pur volgersi atterra gli arbusti lieti di lor rame giovani;
miete le bionde spiche, strappa anche i grappoli verdi, coglie le spose pie, le verginette vaghe
ed i fanciulli: rosei tra l'ala nera ei le braccia al sole a i giuochi tendono e sorridono.
Ahi tristi case dove tu innanzi a' vólti de' padri, pallida muta diva, spegni le vite nuove!
Ivi non più le stanza sonanti di risi e di festa o di bisbigli, come nidi d'augelli a maggio:
ivi non più il rumore de gli anni lieti crescenti, non de gli amor le cure, non d'Imeneo le danze:
invecchian ivi ne l'ombra i superstiti, al rombo del tuo ritorno teso l'orecchio, o dea.
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