Bicocca
di san Giacomo
Ecco il ridotto.
Ancor non ha l'aratro
raso dal suolo
l'opera di guerra.
Ecco le linee del
tonante vallo
e le trincee.
Contra il nemico
brulicante al piano
e lampeggiante da le
valli in faccia
qui puntò Colli
rapido mirando
le batterie.
Ecco le offese del
nemico bronzo
ne la chiesetta,
già sonante in coro
d'umili donne al
vespero d'aprile
le litanie.
Dimani, Italia,
passeran da l'Alpi
prodi seimili in
faccia al re levando
l'armi e i ridenti
in giovine baldanza
vólti riarsi.
Voi non vedrete,
voi non sentirete,
prodi sepolti in
queste verdi zolle,
quando tra questi
clivi ruinava
la monarchia,
che Filiberto
dirizzò, che sciolse
come polledra a
l'aure annitrïente
via per l'Europa al
corso il cuor di Carlo
Emmanuele.
Nobil teatro a
l'inclita ruina
questo d'intorno.
Sopra monti e valli
e su' vaganti in
lucidi meandri
fiumi e torrenti
passa l'istoria, operatrice
eterna,
tela tessendo di
sventure e glorie;
uman pensiero a'
novi casi audace
romperla creda.
E tuttavia
silenzïosa fati
novi aggroppando ne
la trama antica
tesse e ritesse
l'ardua tessitrice
fra l'alpi e il
mare.
Rapida va de'
secoli la spola.
Addio, tra i sparsi
Liguri romano
termine Ceva e
nuova d'Aleramo
forza feudale!
Oh, pria ch'Alasia
al giovine lombardo
gli occhi volgesse
innamoratamente
ceruli e a lui
sciogliesse de la chioma
l'oro fluente,
povera vita e ricco
amor chiedendo
a la spelonca
d'Àrdena, lasciate
lungi le selve di
Germania e il padre
imperatore,
là da quel varco,
onde sfidando vibra
l'esile torre il
Castellino, urlando
arabe torme dilagâr
fin dove
Genova splende.
Sotto il falcato
vol de le fischianti
al sol di maggio
scimitarre azzurre
croci di Cristo ed
aquile di Roma
cadean: le donne
tendono in vano a
l'are di Maria
Vergin le mani,
pallide, discinte,
via trascinate pe'
capelli a' molti
letti de l'Islam.
Ma s'apre a i venti
su per le castella
vigili lungo le
selvose Langhe
la fida a Cristo e
Cesare balzana
di Monferrato.
Nata d'amore e di
valor cresciuta,
gente di pugne e di
canzoni amica,
di lance e scudi
infranti alta sonando
la sirventese,
deh come sparve
luminosa, il cielo
consparso intorno
di vermiglie stelle,
imperïal meteora
d'Italia
in Orïente!
Dietro le vien co
'l Po, con la sua bianca
croce, con gli
anni, pur di villa in villa,
dritta, secura,
riguardando innanzi,
un'altra gente.
Tra ciglia e ciglia
sotto le visiere
balena il raggio
del latin consiglio.
Quaranta duci; e
l'aquila de l'Alpe
vola d'avanti.
Oh più che 'l Po
gli aspetta, oh più che il serto
di Berengario! A
lor servon gli eventi
e le disfatte: gli
emuli d'un giorno
pugnan per loro.
Chi è che cade e
pare ascendere ombra
là da le Langhe
nuvolose? O grigia
in mezzo a le due
Bormide Cosseria,
croce di ferro!
Su le ruine del
castello avito,
ultimo arnese or di
riparo a i vinti
del re, tre giorni,
senza vitto, senza
artiglieria,
contro al valor
repubblicano in cerchio
battente a fiotti
di rovente bronzo,
supremo fior de
l'alber d'Aleramo,
stiè Del Carretto.
Su le ruine del
castello avito,
giovine, bello,
pallido, senz'ira,
ei maneggiava sopra
i salïenti
la baionetta.
Scesero al morto
cavaliere intorno
da l'erme torri nel
ceruleo vespro
l'ombre de gli avi;
ma non il compianto
de' travadori
ruppe i silenzi de
la valle, un giorno
tutta sonante di
liuti e gighe
dietro i canori peregrin
dal colle
di Tenda al mare.
Altri messaggi ed
altri messaggeri
manda or la
Francia. Ride su l'eterne
nevi de l'Alpi
l'iride levata
de i tre colori.
Di balza in balza,
angel di guerra, vola
la marsigliese.
Svegliansi al galoppo
de' cavalieri
d'Augereau gli ossami
liguri e celti.
E Bonaparte dice a'
suoi, da Monte
Zemolo uscendo al
Tanaro sonante
- Soldati, Annibal
superò quest'Alpi,
noi le girammo -.
Di greppo in greppo
su 'l cavallo bianco
saetta il còrso.
Spiovongli le chiome
in doppia lista
nere per l'adusto
pallido viso,
e neri gli occhi
scintillando immoti
fóran dal fondo del
pensier le cose.
Accenna. E come
fulmine Massena
urta ed inonda,
ove Corsaglia al
Tanaro si sposa
dal mezzo fiede
Serurier, sinistro
batte Augereau.
Gloria a' tuoi forti, o ponte
di San Michele!
Avanza sotto il
tricolor vessillo
l'egualitade,
avanzano i plebei
duci che il sacro
feudale impero
abbatteranno.
Ma qui si pugna per
l'onor, si muore
qui per la patria.
E ben risorge e vince
chi per la patria
cade ne la santa
luce de l'armi.
Reca, Albertina,
pur di guardia in guardia
il parvoletto
Carignano. In lui
tòcca la madre
Rivoluzïone
per l'avvenire
l'ultimo capo dal
vittorïoso
ramo di Carlo
Emmanuele. Il serto
gitta oltre Po
Vittorio, e dittatore
leva la spada.
E a te dimani,
Umberto re, in conspetto
l'Alpi d'Italia
schierano gli armati
figli a la guerra.
Il popolo fidente
te guarda e loro.
Noi non vogliamo, o
Re, predar le belle
rive straniere e
spingere vagante
l'aquila nostra a
gli ampi voli avvezza:
ma, se la guerra
l'Alpe minacci e
su' due mari tuoni,
alto, o fratelli, i
cuori! alto le insegne
e le memorie!
avanti, avanti, o Italia
nuova ed antica.
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