-2-
Non te, Cadore,
io canto su l'arcade avena che segua
de l'aure e l'acque
il murmure:
te con l'eroico
verso che segua il tuon de' fucili
giù per le valli io
celebro.
Oh due di maggio,
quando, saltato su 'l limite de la
strada al confine
austriaco,
il capitano Calvi -
fischiavan le palle d'intorno -
biondo, diritto,
immobile,
leva in punta a la
spada, pur fiso al nemico mirando,
il foglio e 'l
patto d'Udine,
e un fazzoletto
rosso, segnale di guerra e sterminio,
con la sinistra
sventola!
Pelmo a l'atto e
Antelao da' bianchi nuvoli il capo
grigio ne l'aere
sciolgono,
come vecchi giganti
che l'elmo chiomato scotendo
a la battaglia
guardano.
Come scudi d'eroi
che splendon nel canto de' vati
a lo stupor de i
secoli,
raggianti nel
candore, di contro al sol che pe 'l cielo
sale, i ghiacciai
scintillano.
Sol de le antiche
glorie, con quanto ardore tu abbracci
l'alpi ed i fiumi e
gli uomini!
tu fra le zolle
sotto le nere boscaglie d'abeti
visiti i morti e
susciti.
- Nati su l'ossa
nostre, ferite, figliuoli, ferite
sopra l'eterno
barbaro:
da' nevai che di
sangue tingemmo crosciate, macigni,
valanghe,
stritolatelo -.
Tale da monte a
monte rimbomba la voce de' morti
che a Rusecco
pugnarono;
e via di villa in
villa con fremito ogn'ora crescente
i venti la
diffondono.
Afferran l'armi e a
festa i giovani tizïaneschi
scendon cantando
Italia:
stanno le donne a'
neri veroni di legno fioriti
di geranio e
garofani.
Pieve che allegra siede
tra' colli arridenti e del Piave
ode basso lo
strepito.
Auronzo bella al
piano stendentesi lunga tra l'acque
sotto la fósca
Ajàrnola,
e Lorenzago aprica
tra i campi declivi che d'alto
la valle in mezzo
domina,
e di borgate sparso
nascose tra i pini e gli abeti
tutto il verde
Comelico,
ed altre ville ed
altre fra pascoli e selve ridenti
i figli e i padri
mandano:
fucili impugnan,
lance brandiscono e roncole: i corni
de i pastori
rintronano.
Di tra gli altari
viene l'antica bandiera che a Valle
vide altra fuga
austriaca,
e accoglie i prodi:
al nuovo sol rugge e a' pericoli novi
il vecchio leon
veneto.
Udite. Un suon
lontano discende, approssima, sale,
corre, cresce,
propagasi;
un suon che piange
e chiama, che grida, che prega, che infuria,
insistente,
terribile.
Che è? chiede il
nemico venendo a l'abboccamento,
e pur con gli occhi
interroga.
- Le campane del
popol d'Italïa sono: a la morte
vostra o a la
nostra suonano -.
Ahi, Pietro Calvi,
al piano te poi fra sett'anni la morte
da le fosse di
Mantova
rapirà. Tu venisti
cercandola, come a la sposa
celatamente un
esule.
Quale già d'Austria
l'armi, tal d'Austria la forca or ei guarda
sereno ed
impassibile,
grato a l'ostil
giudicio che milite il mandi a la sacra
legïon de gli
spiriti.
Non mai più nobil
alma, non mai sprigionando lanciasti
a l'avvenir
d'Italia,
Belfiore, oscura
fossa d'austriache forche, fulgente,
Belfiore, ara di
màrtiri.
Oh a chi d'Italia
nato mai caggia dal core il tuo nome
frutti il talamo
adultero
tal che il ributti
a calci da i lari aviti nel fango
vecchio querulo
ignobile!
e a chi la patria
nega, nel cuor, nel cervello, nel sangue
sozza una forma
brulichi
di suicidio, e da
la bocca laida bestemmiatrice
un rospo verde
palpiti!
|