Alla
città di Ferrara nel XXV aprile del MDCCCXCV
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Ferrara, su le
strade che Ercole primo lanciava
ad incontrar le
Muse pellegrine arrivanti,
e allinearon elle
gli emuli viali d'ottave
storïando la tomba
di Merlino profeta,
come, o Ferrara,
bello ne la splendida ora d'aprile
ama il memore sole
tua solitaria pace!
Non passo i
luminosi misteri vïola né voce
d'uomo: da i
suburbani pioppi il tripudio corre
de gli uccelli su
l'aura del pian lungi florido. Come
ne le scendenti
spire de la conchiglia un'eco
d'antichi pianti, un
suono di lungo sospiro profondo
dal grande oceano
ond'ella strappata fu, permane;
così per le tue
piazze dilette dal sole, o Ferrara,
il nuovo peregrino
tende le orecchie e ode
da' marmorei palagi
su 'l Po discendere lenta
processïone e canto
d'un fantastico epos.
Chi è, chi è che
viene? Con piangere dolce di flauti,
tra nuvola di cigni
volanti da l'Eridano,
ecco il Tasso.
Lampeggia, palazzo spirtal de' dïamanti,
e tu, fatta ad
accôrre sol poeti e duchesse,
o porta de'
Sacrati, sorridi nel florido arco!
d'Italia grande,
antica, l'ultimo vate viene.
Ei fugge i colli
dove monacale tedio il consunse,
ei chiede i luoghi
dove gioventù gli sorrise.
Castello d'Este, in
vano d'arpie vaticane fedato,
abbassa i ponti,
leva l'aquila bianca. Ei torna.
Non Alfonso caduco
gli mova a l'incontro, non mova
Leonora, matura
vergine senz'amore;
ma Parisina ardente
dal sangue natal di Francesca,
che del vago
Tristano legge gli amori e l'armi;
ma, posando la
destra su 'l fido levrier, Leonello
verde vestito;
parla di Cesare al Guarino.
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