La
sollecitudine della Sede Apostolica
Ora, come a voi, Venerabili Fratelli, è ben noto, Noi appena per arcano
consiglio della divina Provvidenza, e senza verun merito Nostro, fummo
innalzati a questa Cattedra di Pietro, vedendo con immenso Nostro dolore
l'orribile procella eccitata da tante prave opinioni, e i gravissimi e non mai
abbastanza deplorati danni che da tanti errori ridondano nel popolo cristiano,
secondo ciò che imponeva il debito del Nostro Ministero, camminando sulle orme
illustri dei Nostri Antecessori, levammo la voce, e con la pubblicazione di
parecchie Encicliche e Allocuzioni pronunziate in Concistoro, e con altre
Lettere Apostoliche abbiamo condannato i principali errori dei tristissimi
tempi, ed abbiamo eccitato la vostra episcopale vigilanza, avvertendo ed
esortando tutti i figli della Chiesa cattolica a Noi carissimi, affinché
detestassero ed evitassero gli influssi di peste tanto mortale. E
principalmente con la Nostra prima Enciclica, rivolta a voi il 9 novembre 1846,
con le due Allocuzioni del 9 dicembre dell'anno 1854, e del 9 giugno dell'anno 1862
pronunciate in Concistoro, abbiamo condannato i mostruosi errori, i quali
specialmente ai tempi nostri sono dominanti con grandissimo danno delle anime e
con detrimento della stessa civile società, e che non solamente sono sommamente
contrari alla Chiesa cattolica, alle sue salutari dottrine, ai suoi diritti, ma
altresì alla legge eterna e naturale scolpita da Dio nel cuore di tutti, e dai
quali tutti gli altri errori hanno origine.
E benché non abbiamo omesso di prescrivere e riprovare questi principali
errori, tuttavia la causa della Chiesa cattolica, la salute delle anime
affidate a noi da Dio, e lo stesso bene della società civile richiedono
assolutamente che di nuovo eccitiamo la vostra sollecitudine pastorale ad
impugnare le altre gravi opinioni, che da quei medesimi errori come da loro
fonte emergono. Le quali false e perverse opinioni sono tanto più da
detestarsi, in quanto che mirano specialmente ad impedire e distruggere quella
salutare forza che la Chiesa cattolica, secondo l'istruzione e la missione del
suo Divino Autore, deve liberamente esercitare fino alla consumazione dei
secoli, non meno verso gli uomini singoli che verso le nazioni, i popoli, e i
loro Sovrani, e a distruggere quella vicendevole società e concordia di
consiglio tra il Sacerdozio e l'Impero, che fu sempre vantaggiosa e fausta
tanto alla Chiesa quanto allo Stato (Greg. XVI, Epist. Encicl. «Mirari vos», 15
agosto 1832).
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