Errori
nei rapporti tra Chiesa e Stato
Altri poi, rinnovando le prave e tante volte condannate sentenze dei
novatori, osano con insigne impudenza sottomettere all'arbitrio dell'autorità
civile la suprema autorità della Chiesa e di questa Santa Sede, ricevuta da
Cristo Signore, negando tutti i diritti della stessa Chiesa e Sede riguardo a
quelle cose che riflettono l'ordine esteriore. Giacché non si vergognano di
affermare «che le leggi della Chiesa non obbligano in coscienza, se non
quando si promulgano dalla potestà Civile; che gli atti ed i decreti dei Romani
Pontefici relativi alla religione ed alla Chiesa abbisognano della sanzione ed
approvazione, od almeno del consenso della podestà civile; che le Costituzioni
Apostoliche (Clemente XII: In eminenti. Benedetto XIV: Providas
Romanorum. Pio VII: Ecclesiam. Leone XII: &uograzjiorcr), con cui si condannano le società
segrete, o si richieda o no da esse il giuramento di mantenere il segreto, ed i
loro membri e fautori non hanno nessuna forza in quei paesi del mondo dove quelle
congreghe si tollerano dal Governo civile; che la scomunica dal Concilio di
Trento e dai Romani Pontefici fulminata contro coloro che invadono ed usurpano
i diritti e le possessioni della Chiesa, si fonda sulla confusione dell'ordine
spirituale e dell'ordine civile e politico soltanto per mondano vantaggio; che
la Chiesa non deve nulla stabilire, che possa vincolare le coscienze dei fedeli
in ordine all'uso delle cose temporali; che non compete alla Chiesa di punire
con pene temporali i violatori delle sue leggi; che è conforme alla sacra
Teologia ed ai principi di diritto pubblico attribuire e rivendicare al Governo
civile la proprietà dei beni che si possiedono dalle chiese, dalle Famiglie
religiose e da altri luoghi pii».
E non si vergognano di apertamente e pubblicamente professare un eretico
detto e principio, da cui derivano tante perverse sentenze ed errori.
Imperocché dicono «che la Potestà Ecclesiastica non è per diritto divino
distinta ed indipendente dalla Potestà Civile, né si può mantenere questa
distinzione ed indipendenza, senza che la Chiesa invada ed usurpi gli
essenziali diritti della Potestà Civile».
E non possiamo tacere dell'audacia di coloro, che non sostenendo la sana
dottrina, pretendono «potersi negare l'assenso e l'obbedienza, senza peccato
e senza iattura della professione cattolica, a quei giudizi e decreti della
Sede Apostolica, il cui oggetto non riguardi il bene generale della Chiesa, i
diritti della medesima e la disciplina».
Il che, quanto si opponga al dogma cattolico della piena Potestà al Romano
Pontefice divinamente con ferita di pascere, reggere e governare la Chiesa
universale, non v'è chi chiaramente ed apertamente non vegga e comprenda. In
tanta perversità adunque di prave opinioni, Noi, giustamente memori del Nostro
Apostolico officio, e grandemente solleciti della Santissima Nostra Religione,
della sana dottrina, e della stessa umana società, abbiamo nuovamente stimato
d'innalzare la Nostra Apostolica voce.
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